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Dieta Vegetariana
Un approfondimento sulla dieta vegetariana
In questa categoria trovate tantissime ricette vegetariane, dunque realizzate senza carne o pesce. La categoria può essere considerata come un punto di riferimento per coniugare le esigenze della dieta vegetariana con le esigenze del gusto e della buona tavola. D’altronde è sufficiente un colpo d’occhio per comprendere il tenore delle ricette, sia per la loro capacità di declinare svariati stili, sia per strizzare l’occhio alle migliori tradizioni italiane o ai più arditi tentativi di sperimentazione. Per quanto riguarda la tradizione italiana, essa è per sua stessa natura “molto vegetariana”. Poche cucine sono in grado di conferire spazio e importanza ai prodotti vegetali come lo fa la cucina italiana.
Alcune delle ricette che trovate qui sono il frutto di questa tendenza, consolidatasi nei secoli, che individua la sua migliore espressione negli ortaggi ripieni, nelle minestre, nei risotti e soprattutto nelle paste. Non è assolutamente un caso che la pietanza italiana più famosa all’estero cono i “semplici” spaghetti al pomodoro, un piatto vegetariano. Per non parlare dei dessert e dei dolci, che sono per loro stessa natura vegetariani. Qui ne trovate di complessi e di semplici, oltre che di elaborati e di “asciutti” (ovvero senza farciture). Trovate anche soffici dessert e cocktail, in grado di incantare con colori vivaci e raffinate decorazioni. Inoltre diamo ampio spazio anche ai grandi classici, come i ciambelloni, la torta paradiso e via discorrendo.
Specifico che, come tutte le categorie del sito, questa sezione dedicata alla dieta vegetariana non si rivolge esclusivamente ai vegetariani. Sono fermamente convinta che la cucina debba unire, e che ci possa riuscire in ogni caso, anche quando i “punti di partenza” sono distanti, come può accadere in una tavolata composta da vegetariani e non vegetariani. Le ricette che presento qui, infatti, sono adatte ai vegetariani, ma lo sono anche per tutti gli altri. Anzi, potrebbero essere considerate come un tentativo di avvicinamento a uno stile alimentare che, al di là delle motivazioni, è comunque degno di considerazione.
Dunque vi invito ad esplorare e gustare le ricette che trovate qui di seguito. Intanto nei prossimi paragrafi troverete un bell’approfondimento sulla dieta vegetariana. Parlerò dei miti da sfatare sulla dieta vegetariana (ce sono davvero tanti) e riporterò alcune precisazioni sul legame con le attività sportive. Inoltre, descriverò i tanti motivi che possono spingere a rinunciare a carne e pesce. Infine, fornirò qualche consiglio per una dieta vegetariana “perfetta”, ovvero soddisfacente e completa dal punto di vista organolettico e nutrizionale.
I miti da sfatare sulla dieta vegetariana
Come già anticipato la dieta vegetariana, o meglio lo stile vegetariano, è oggetto di alcuni luoghi comuni. Questi generano un impatto negativo in quanto allontanano le persone da un approccio meritevole di apprezzamento, creando assurde divisioni tra chi è vegetariano e chi non lo è. Ecco i quattro luoghi comuni che sfateremo punto per punto.
La dieta vegetariana è povera di proteine. Questo “mito” era molto più diffuso in passato di quanto non lo sia oggi, ma è ancora ben presente nell’immaginario collettivo. Ovviamente non c’è nulla di vero in questa affermazione. Anzi, alcuni prodotti vegetali contengono più proteine della carne o del pesce. Pensiamo solo alle lenticchie, che di norma sono composte per il 23% da proteine. Ma sono i legumi in generale a esprimere valori altissimi, in primis fagioli, fave e ceci. Per non parlare degli alimenti di origine animale, che non sono composti da carne o pesce. Il riferimento è ovviamente al celebre Parmigiano Reggiano, che contiene più di 30 grammi di proteine ogni 100 grammi di prodotto. Questi valori li ritroviamo anche in molti altri formaggi stagionati.
La dieta vegetariana è povera di vitamina B12. Quella della vitamina B12 è il classico esempio di fake news che permane nonostante tutte le smentite. La vitamina B12, infatti, non è presente solo nella carne e nel pesce, ma anche in altri alimenti di origine animale, classificabili comunque come vegetariani, come le uova, il latte e i derivati del latte. Per quanto concerne la dieta vegana, che è un sottotipo di dieta vegetariana, il problema può essere risolto integrando molto banalmente le uova o il latte alla bisogna (se la scelta non è di tipo etico), oppure assumendo dei poco costosi e reperibili integratori.
La dieta vegetariana è difficile da sostenere. A un livello “base” non lo è per niente. Ne ho già parlato prima, la tradizione italiana è spesso vegetariana, dunque il vegetarianesimo è insito nella nostra cultura. Sovente è sufficiente seguire la dieta mediterranea e sostituire la carne (comunque non molto presente) con i legumi per praticare il vegetarianesimo senza alcun rischio di sorta. Il problema non si pone, non a livelli complessi perlomeno, nemmeno per la dieta vegana. Certo in quel caso occorre fare più attenzione, in quanto latte e uova rappresentano la via più immediata per rispettare il fabbisogno di certi nutrienti.
La dieta vegetariana è anti-sociale. Questo è probabilmente il luogo comune più sgradevole. Spesso si tende ad accantonare il vegetarianesimo e – soprattutto – il veganesimo come una stravaganza da setta o di nicchia. Nell’immaginario collettivo è purtroppo consolidato lo stereotipo del vegetariano e del vegano che biasima il mondo – e quindi i commensali – per il consumo di carne. Certo ognuno è fatto a modo suo, ma mi sento di derubricare tutto ciò a una narrazione non veritiera e, per l’appunto, stereotipata. A maggiore ragione se si considera che, non mi stancherò mai di ripeterlo, la cucina unisce e può farlo anche nello stile vegetariano.
La dieta vegetariana è compatibile con lo sport?
La declinazione più diffusa dei luoghi comuni che ho appena descritto riguarda il legame tra dieta vegetariana e attività sportiva. I più disinformati credono, infatti, che le due cose non siano compatibili: chi è vegetariano non può fare sport a certi livelli e a determinate intensità, e se ci prova si trova comunque male. Questo è un vecchissimo luogo comune, smentito dai fatti, dalla scienza, dalla logica.
Se è vero che la dieta vegetariana è potenzialmente completa, perché mai non dovrebbe essere compatibile con l’attività sportiva? Lo sport è principalmente una questione di carboidrati, e questi sono forniti quasi esclusivamente dai prodotti vegetali. E’ anche una questione di proteine, soprattutto se si praticano sport di massa, e come abbiamo visto molti legumi sono una fonte di proteine che non ha nulla da invidiare alla carne. E’ certamente anche una questione di vitamine e sali minerali, che si trovano in abbondanza nella frutta e nella verdura. Da dove nasce dunque questo falso mito? Un motivo potrebbe essere la cattiva interpretazione di una vecchia corrente di pensiero, che affonda le sue radici nella cultura popolare. Ovvero la credenza che la carne dia forza. Ciò è senz’altro vero, ma la carne non è l’unica fonte per dare maggiore forza al nostro organismo.
I motivi per sostenere una dieta vegetariana
I motivi per diventare vegetariani possono essere diversi. Dopotutto ciascuno compie un proprio percorso, e i punti di partenza variano da persona a persona. Tuttavia, sono due macro-motivi per cui si decide di eliminare carne e pesce dalla propria dieta, o i prodotti di origine animale nel loro complesso, ossia motivi etici e di salute.
La spinta etica è senz’altro quella più forte. Dietro c’è la volontà di non partecipare alla sofferenza degli animali. Per molti, è sufficiente il sostegno agli allevamenti sostenibili e il contrasto (morale o attivo) agli allevamenti intensivi. Altri necessitano di un passaggio ulteriore, ovvero di un cambio di paradigma che li coinvolga in prima persona. Da qui, la volontà di bandire dalla propria dieta la carne e il pesce. Stesso discorso, ma ancora più radicale, per la dieta vegana, che è un sottotipo della dieta vegetariana. Altre tipologie, per onor di cronaca, sono: la dieta ovo-vegetariana (che ammette solo le uova come alimento di origine animale) e la dieta latto-vegetariana (che ammette solo il latte e i suoi derivati come alimenti di origine animale).
La questione salutistica è più complicata. Di fatti, la dieta vegetariana consente di perseguire un ideale di benessere psicofisico, ma non è necessariamente migliore della dieta onnivora. La letteratura scientifica è abbondante e spesso controversa in merito, ma non è stato dimostrato che il consumo di carni rosse sia la sola origine di importanti problemi di salute, tra cui cancro e patologie vascolari. Tuttavia basta un consumo anche leggermente superiore a quello consigliato per aumentare effettivamente l’insorgenza di queste malattie. Molti preferiscono tagliare la testa al toro, ed eliminare del tutto carne e pesce dalla propria dieta.
Altri, magari affetti da una familiarità marcata per le patologie citate, sono effettivamente indirizzati dagli specialisti verso un consumo minimo o addirittura nullo di certi tipi di carni (rosse in primis). In realtà c’è un terzo motivo, che non viene mai preso in considerazione in quanto non nasconde elementi nobili o di interesse collettivo, ossia il gusto. Una parte rilevante dei vegetariani lo sono perché, molto banalmente, odiano il sapore della carne e del pesce. A livello personale è un motivo più che sufficiente, pur non avendo la stessa valenza delle motivazioni etiche e salutistiche.
I rischi della dieta vegetariana
Di base una dieta vegetariana fatta bene non comporta alcun rischio. Nelle persone che hanno adottato lo stile vegetariano si riscontra una maggiore attenzione alla propria salute, un consumo minore di zuccheri, sali e grassi. L’unico vero rischio, che poi apre le porte ad altri pericoli, è proprio quello di prendere il cambiamento sottogamba, sottovalutando l’impegno necessario a passare dalla dieta onnivora a quella vegetariana. Insomma, l’unica dieta vegetariana “rischiosa” è quella fatta male. Per esempio può capitare che si adotti il vegetarianesimo semplicemente abolendo dalla propria alimentazione la carne e il pesce, senza sostituirli con nient’altro. In questo caso si andrebbe incontro a un deficit calorico (che non è necessariamente un’evenienza cattiva e si rischierebbe di non assumere alcuni nutrienti essenziali, di norma presenti nella carne e nel pesce.
Questi nutrienti sono presenti anche nei prodotti vegetali ma, per l’appunto, si tratta di aggiungerli e non di toglierli del tutto. Per la precisione i nutrienti soggetti a rischio deficit, a seguito di un passaggio poco attento alla dieta vegetariana, sono le proteine, il ferro, il calcio e gli acidi grassi omega tre (molto abbondanti nei pesci). Come ho già anticipato, le proteine si trovano nei legumi. Il calcio è abbondante nella frutta secca e nei semi oleosi. Il ferro, oltre che dai già citati legumi, si può trovare in abbondanza nei cereali e nella verdura a foglia verde. La fonte vegetale più ricca di acidi grassi omega tre è invece la frutta secca.
5 consigli per una dieta vegetariana perfetta
Dopotutto è abbastanza semplice adottare una dieta vegetariana completa, e guadagnare in salute e benessere. Tuttavia, per renderla semplicemente perfetta è bene seguire alcuni pratici consigli.
Cercare alimenti alternativi non puramente estetici. Certo la moda corrente vede come protagonisti gli hamburger vegetali, i formaggi vegetali etc. Possono essere gustosi e nutrienti, è vero, ma il consiglio è di cercare altri alimenti in base al loro apporto nutrizionale e non in base alla “somiglianza” con i prodotti di origine animale. Molto banalmente, carne e pesce dovrebbero essere rimpiazzati da dosi maggiori di verdura, ortaggi, legumi, cereali e frutta secca.
Affidarsi a un nutrizionista se si incontrano delle difficoltà. Modificare radicalmente il proprio stile alimentare non è sempre un gioco da ragazzi. A maggior ragione se il passaggio è drastico, come accade per chi decide di diventare non semplicemente vegetariano, ma anche vegano. In quel caso, se la “trasformazione” vi appare troppo faticosa o credete di non riuscire a adottare un approccio bilanciato, non esitate a chiedere consiglio a un nutrizionista.
Fate attenzione alla vitamina B12. Questo è un consiglio a uso e consumo soprattutto dei vegani. Infatti, il rischio di andare incontro a un deficit di vitamina B12 è molto grande, se si rinuncia a qualsiasi alimento di origine animale (e non solo alla carne e al pesce). Per inciso, la vitamina B12 è fondamentale per gli adulti e soprattutto per i più piccoli, in quanto incide sul loro sviluppo. Molti credono che le alghe siano una buona fonte di vitamina B12. In effetti la contengono, ma in quantità ridotte e comunque difficili da metabolizzare.
Valutate di proseguire per gradi. Non c’è scritto da nessuna parte che dobbiate passare da un giorno all’altro dalla dieta onnivora a quella vegetariana. Anzi, è un modo poco intelligente di abbracciare un cambiamento, in quanto favorisce la convinzione di stare per compiere un sacrificio, anziché cogliere un’opportunità. Un comportamento del genere è utile quando si pratica un vizio. Il consiglio, dunque, è di andare per gradi, diminuendo la quantità di carne e pesce, fino a eliminarli del tutto. Insomma, un cambiamento dolce è auspicabile, e facilita il passaggio al nuovo stile alimentare anche dal punto di vista nutrizionale.
La differenza tra vegetariano e vegano è questa: si potrebbe dire che né i vegetariani né i vegani mangiano carne e pesce. I vegetariani mangiano uova, latte e miele, i vegani evitano ogni prodotto di origine animale. Per vegetariano si intende generalmente solo un tipo di dieta, il termine vegano richiama piuttosto un vero e proprio stile di vita.
La scelta vegana non si limita a una presa di posizione in campo alimentare. I vegani sono coloro che non utilizzano nessun prodotto derivato dallo sfruttamento degli animali e che, per questa ragione, non vestono cuoio, lana, seta, pellicce e così via. Non utilizzano inoltre alcun prodotto cosmetico che sia testato su animali, e non partecipano agli spettacoli circensi o a sport come la caccia o l’ippica. Anche qui concludo con una nota terminologica. La parola “vegano” è stato coniata per la prima volta nel 1944 da un certo Donald Watson, ed è stata formata prendendo la parola inglese “vegetarian” e tenendone solo gli estremi
L’alimentazione vegana è varia e composta da: cereali, legumi, verdure di ogni tipo, germogli, alghe, frutta fresca ed essiccata, frutta secca e semi oleaginosi, tofu, tempeh e seitan.
La combinazione più difficile è un vegano con intolleranza al nichel. Chi è intollerante al nichel deve seguire una dieta a rotazione e deve fare attenzione in particolare a frutta e verdura. Sono fra gli alimenti con medio/alto contenuto di questo metallo. Chi soffre di intolleranza a questo metallo dovrà optare per le verdura e la frutta a basso contenuto di nichel, ma non potrà mai essere certo della sua completa assenza, in quanto i terreni in cui sono state coltivate potrebbero contenerne anche discrete quantità, dovute magari all’irrigazione dei campi con acque di falde acquifere contaminate.
Partendo dunque dalla considerazione generale che di verdura e frutta senza nichel ne esistono abbastanza poche , ma che potrebbero comunque esserne contaminate per vari motivi (fra cui non dimentichiamo nemmeno le piogge contenenti smog e polveri sottili), vediamo effettivamente di fare un elenco completo di quali sono.
Mi auguro che ci pochi siano “nichelini” che decidano di scegliere questo stile di vita.
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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A Cucinarea, ogni mese ospitiamo corsi di cucina che si concentrano su menu eleganti e sofisticati. Avrai l'opportunità di imparare direttamente da chef rinomati e specializzati, che ti guideranno nella preparazione di piatti che lasceranno i tuoi ospiti a bocca aperta. I nostri corsi sono un perfetto equilibrio tra intrattenimento e apprendimento, svolgendosi in un ambiente accogliente e raffinato, ideale per chiunque desideri migliorare le proprie abilità culinarie. I corsi sono articolati in due fasi: una dimostrazione pratica dello chef e una fase di degustazione, durante la quale potrai gustare e condividere i piatti appena preparati, trasformando l'apprendimento in un vero piacere.
Sala riunioni e convegni: unisce eleganza e funzionalità
La nostra sala riunioni è progettata per ospitare una vasta gamma di eventi aziendali e convegni. Spaziosa e ben arredata, questa sala offre un ambiente ideale per incontri di lavoro, presentazioni e iniziative speciali. È il contesto perfetto per promuovere il networking, l'aggiornamento professionale e il rafforzamento dello spirito di squadra. Le nostre sale possono essere configurate per incontri tra dirigenti, trattative d'affari, o eventi sia formali che informali. Grazie all'offerta gastronomica di alto livello, ogni incontro diventa un'occasione memorabile.
Servizio di chef a domicilio: trasforma la tua casa in un ristorante di alta classe
Il nostro servizio di chef a domicilio porta la cucina di alta qualità dei migliori ristoranti direttamente nella tua casa. Questa modalità di servizio sta guadagnando sempre più popolarità, permettendoti di godere dell'ebbrezza di avere uno chef personale senza lasciare il comfort domestico. Gli chef a domicilio sono professionisti esperti che adattano i loro menu per creare eventi memorabili, sia che si tratti di cene formali che di incontri più casuali. La preparazione dei piatti avviene sotto i tuoi occhi, rendendo ogni occasione un momento speciale e personalizzato. Ogni evento gestito dal nostro chef diventa un'occasione unica, attentamente progettata per soddisfare le esigenze specifiche di ogni cliente.
Team building: crescita e divertimento
Il team building è una serie di attività pensate per rafforzare lo spirito di squadra e migliorare la coesione tra i membri di un team. Attraverso sfide cooperative e divertenti, i partecipanti lavorano insieme per raggiungere obiettivi comuni, migliorando la comunicazione e l'interazione. Le nostre attività di team building sono progettate per essere non solo efficaci ma anche coinvolgenti, creando un ambiente positivo e stimolante. Queste esperienze sono cruciali per formare team affiatati e motivati, che si traducono in prestazioni migliori sul lavoro.
Le sale eventi: location perfette per momenti indimenticabili
Le nostre sale eventi offrono lo spazio ideale per ogni tipo di festa o celebrazione. Ogni dettaglio è pensato per creare un ambiente che non sia solo un luogo, ma un punto di partenza per costruire ricordi preziosi. Che si tratti di un incontro intimo o una grande celebrazione, le nostre sale sono adattabili per realizzare l'evento che i nostri clienti hanno sempre sognato. Dalla disposizione degli spazi all'illuminazione, ogni elemento è modulabile per soddisfare le esigenze più specifiche.
Location per shooting fotografici
Cucinarea offre anche spazi ideali per shooting fotografici e produzioni video. I nostri spazi sono progettati con grande attenzione allo stile e all'arredamento, creando ambientazioni uniche che arricchiscono ogni tipo di servizio fotografico o produzione video. Dallo stile sobrio ed elegante della sala convegni, ideale per video istituzionali, all'ambiente vivace della cucina, perfetto per video culinari, ogni angolo di Cucinarea è pensato per essere fotogenico e funzionale.
Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.