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Basso contenuto di nichel
Ricette a basso contenuto di nichel, un’esigenza diffusa
Alcuni utili consigli per chi soffre di intolleranza al nichel
Questa categoria nasce per fornire agli intolleranti al nichel un vasto assortimento di ricette. L’intolleranza al nichel è infatti insidiosa e causa sintomi a volte in grado di compromettere la qualità della vita, ma è forse la più difficile da gestire. Il motivo è semplice, il nichel si trova un po’ dappertutto. Buona parte degli alimenti contengono dosi eccessive di nichel. Più che di dieta zero nichel, infatti, si dovrebbe parlare di cibi a basso contenuto di nichel. Non si tratta di un ripiego, dal momento che anche i casi più problematici possano comunque tollerare dosi minime di questa sostanza.
Le ricette che trovate qui di seguito, comunque, possono essere apprezzate da tutti, anche da chi non soffre di intolleranze alimentari. D’altronde, i piatti vengono spesso realizzati con ingredienti comuni, che fanno parte della tradizione italiana. Quindi niente cambia per chi non soffre di disturbi legati all’assorbimento del nichel. La filosofia di questa sezione riflette quella del sito, ossia il cibo è un’opportunità per unire, soprattutto in presenza di problematiche di tipo sanitario. Tutto ciò accade per la celiachia, che spesso espone a una sintomatologia più severa, così come anche per l’intolleranza al nichel.
Un approfondimento sull’intolleranza al nichel
Il termine intolleranza al nichel potrebbe risultare improprio, infatti i meccanismi coinvolti sono abbastanza diversi rispetto a quelli delle più comuni intolleranze alimentari. Anche il termine allergia, che di solito viene impiegato, non restituisce la reale dimensione di questo disturbo. Di base, si dovrebbe parlare di sensibilità al nichel. Non si tratta di una questione esclusivamente terminologica in quanto la sensibilità non implica l’assoluta impossibilità di assorbire la sostanza, bensì una spiccata difficoltà a farlo. Ovviamente esistono diversi gradi di sensibilità, ma in tutti i casi (se si escludono eccezioni davvero rare) gli intolleranti al nichel hanno comunque una soglia limite al di sotto della quale l’ingestione di nichel non provoca disturbi.
Per quanto concerne l’incidenza, si possono fare solo alcune stime. D’altronde l’intolleranza al nichel (o sensibilità) è forse la più difficile da diagnosticare. I sintomi sono davvero aspecifici, e spesso nemmeno molto evidenti. Si segnalano in genere nausea, diarrea, mal di testa e malessere generale. Un campanello d’allarme, tale da differenziare questo disturbo da altre intolleranze alimentari, è dato dal prurito, assente per esempio nei celiaci e negli intolleranti al lattosio. Ad ogni modo si stima che l’8% della popolazione italiana soffra di una qualche forma di sensibilità al nichel.
La diagnosi si basa su analisi strumentali, ma soprattutto sull’anamnesi. Dunque la partita si gioca sulle capacità interpretative dello specialista, chiamato a individuare una causa o un’ipotesi di diagnosi da una sintomatologia che, come abbiamo visto, è varia e generica. Tra l’altro, negli ultimi tempi è stato notato come l’incidenza della sensibilità (o intolleranza) al nichel sia più elevata nella popolazione affetta già da una qualche forma di allergia, a prescindere dall’allergene. Anche questo elemento può aiutare lo specialista a formulare una diagnosi.
Dove si trova il nichel?
Per quanto concerne le terapie, come in qualsiasi altro disturbo legato all’assorbimento di nutrienti e sostanze, non esistono soluzioni efficace e definitive. Dall’intolleranza al nichel, come da quella al lattosio e dalla celiachia, semplicemente non si può guarire. Si possono, però ridurre al minimo, e persino neutralizzare, i sintomi senza avere ripercussioni significative sul proprio tenore di vita (che è un elemento essenziale). L’approccio, da questo punto di vista, è simile a quello di altre forme di intolleranza o allergia, ma presenta qualche elemento di discontinuità.
Occorre certamente agire per sottrazione in modo da isolare la sostanza incriminata. Tuttavia, questo procedimento non dà un risultato netto. In buona sostanza, la gestione dell’intolleranza al nichel non prevede un’assoluta rinuncia (come avviene per la celiachia e per il glutine), bensì una sua riduzione drastica. E’ una soluzione preferibile per due motivi. In primo luogo è sostanzialmente impossibile evitare il nichel al cento per cento. Questa sostanza si trova davvero in tanti alimenti, infatti anche quelli spacciati per nichel-free si caratterizzano per un contenuto basso di nichel. Secondariamente perché, come abbiamo detto, permane sempre un certo grado di tolleranza.
In ogni caso la gestione del problema si fonda sulla disciplina e sulla conoscenza. Chi soffre di questi disturbi è chiamato a conoscere gli alimenti, e a sapere dove il nichel abbonda e dove è presente in minima quantità. E’ chiamato anche a rispettare le indicazioni sugli alimenti da introdurre nella dieta, e gli alimenti da ridurre o scartare. In questa sezione troverete utili indicazioni su cosa mangiare, senza mettere in secondo piano il gusto. Qui di seguito vi forniamo una panoramica degli alimenti con basso contenuto di nichel, dividendoli per categoria. Faremo inoltre qualche precisazione sugli alimenti di origine animale.
Gli ortaggi con basso contenuto di nichel
Questa classe di alimenti esprime una certa varietà sulle differenti quantità di nichel. In questo caso siamo vicini al cinquanta per cento. La notizia positiva è che tra gli ortaggi e le verdure a basso contenuto di nichel se ne trovano alcune molto consumate, che rappresentano la base dell’alimentazione quotidiana. Ovviamente la lista non vuole – e non può – essere del tutto esaustiva, ma è sicuramente un ottimo punto di partenza.
Finocchio. Chi è affetto da sensibilità al nichel può tranquillamente consumare i finocchi in quanto sono degli ortaggi con un basso contenuto di nichel. I finocchi possono essere usati in molte preparazioni in cucina (finocchi ripieni, insalata di finocchi, torta salata con finocchi ecc..), oppure possono essere consumati a crudo. Il finocchio ha ottime proprietà diuretiche, antispasmodiche (aiuta ad alleviare i disturbi legati a coliche digestive) e carminative (assorbe ed elimina i gas intestinali).
Cetrioli. Che i cetrioli contengano poco nichel è senz’altro una buona notizia, visto l’apporto nutrizionale di questo alimento e la sua ampia versatilità in cucina.
Peperoni. Esatto, per fortuna anche i peperoni contengono poco nichel. Quindi peperonate, caponate o succulenti piatti ripieni possono essere consumati senza alcun problema.
Melanzane. Anche le melanzane, utilizzate in molteplici preparazioni, hanno un basso contenuto di nichel. Le melanzane, oltre ad essere buone e molto versatili, sono anche ricche di importanti sostanza nutritive, tra tutti spicca l’ottimo apporto di fibre e di acqua, oltre ad una buone dose di sali minerali, come il potassio.
Scarola, songino e radicchio rosso. La scarola e il songino sono verdure tipicamente da insalata ed hanno un contenuto di nichel non proprio basso, ma comunque al di sotto della soglia di tolleranza. A queste si aggiunge il radicchio, ed in particolare il radicchio rosso, che contiene un’abbondante dose di antiossidanti (antociani e triptofano) in grado di diminuire i fattori di rischio cardiovascolare e combattere l’insonnia.
Finocchi. Un ortaggio con un basso apporto di nichel, che spicca per la leggerezza, per l’abbondanza di nutrienti e per le sue capacità disintossicanti.
Cereali e pseudo-cereali con basso contenuto di nichel
La questione dei cereali e degli pseudo-cereali è complessa, e al centro dei timori degli intolleranti al nichel. Rinunciare a un ortaggio è tutto sommato semplice, rinunciare a un ingrediente da impasto, o alla pasta è già più complesso. La buona notizia è che di norma sia la semola di grano duro che la normale farina di tipo doppio zero contengono poco nichel. Tuttavia, vanno considerati anche altri alimenti in grado di vantare la medesima caratteristica. Il riferimento è agli alimenti gluten-free. Non è raro, infatti, che gli alimenti per i celiaci sono adatti anche a chi soffre di intolleranza al nichel.
Riso. Anche il riso, e di conseguenza la sua farina, contiene poco nichel. Non è un dettaglio da poco conto, se si considera l’importanza del riso nell’alimentazione dei celiaci.
Quinoa. Questo superfood può essere annoverato tra gli alimenti poveri di nichel. Per inciso contiene sia carboidrati che vitamine, oltre a sali minerali e antiossidanti.
Amaranto. I valori nutrizionali sono simili a quelli della quinoa. In questo caso, però, si rileva un contenuto basso di nichel e abbastanza sostenuto di fibre.
Fonio. Il fonio è un cereale molto usato da chi soffre di disturbi legati alle intolleranze alimentari, infatti oltre ad essere glute free è anche adatto a chi è intollerante al nichel. Il fonio offre un’ampia ricchezza di sali minerali, tra cui spicca lo zinco, il calcio, il magnesio, il manganese e il ferro. Contiene buone quantità di amminoacidi essenziali (come la cistina) ed è indicato anche per chi soffre di diabete, grazie al suo ridotto apporto di zuccheri.
Sorgo. E’ uno dei più preziosi esponenti della famiglia delle graminaceae. Si caratterizza per un elevato apporto di proteine, che raggiungono gli 11 grammi ogni 100. Ottime sono anche le concentrazioni di calcio e ferro.
Canapa. Non è un cereale, ma dai suoi semi si ottiene una deliziosa farina. Si caratterizza per una certa abbondanza di sali minerali (calcio, potassio, fosforo e magnesio) e soprattutto per la presenza di acidi grassi omega tre e omega sei, che fanno bene al cuore.
Mais bianco. La farina di mais bianco è un ottimo sostituto della farina tradizionale. Spicca per l’abbondanza di ferro (un etto copre gran parte del fabbisogno giornaliero), di calcio e di fosforo. Contiene anche la fondamentale vitamina B6, che impatta positivamente sul sistema nervoso centrale e sul sistema immunitario.
La frutta fresca con un basso contenuto di nichel
La frutta è la classe di alimenti che più di ogni altro contiene nichel. Per esempio contengono nichel i pomodori (che sono un frutto). Purtroppo non è la migliore delle notizie, visto il loro impatto nella cucina italiana. Ma non disperate, infatti grazie alla coltura idroponica, in cui l’acqua sostituisce sostanzialmente il terreno, è possibile ridurre notevolmente la presenza di nichel nei pomodori e in altri alimenti, come il grano. Ciò è dovuto principalmente a una minore capacità della pianta di assorbire nichel dal terreno e dai fertilizzanti.
In genere contengono molto nichel il kiwi, le prugne, le pere, i fichi, i mirtilli e i lamponi, ma di contro hanno un basso quantitativo di nichel i mandarini, le mele, le arance, le fragole e i ribes. Questi ultimi possono quindi essere consumati in quanto al di sotto della soglia limite legata alla sensibilità al nichel.
Un vero peccato, se si considera il contributo di questi frutti in termini di vitamina C, potassio e altri sali minerali. Tra l’altro, se si esclude il cocco, sono anche poco calorici. Fortunatamente, però, è ricco anche l’inventario di frutta a basso contenuto di nichel. A tal proposito troviamo le albicocche, gli agrumi, le banane, l’ananas, il melone, l’anguria e la pesca. Si tratta principalmente di frutta che contiene betacarotene, una sostanza che funge da antiossidante e che esercita un ruolo da precursore sulla vitamina A. Per il resto la classificazione appare davvero casuale. Un motivo in più per approfondire le caratteristiche degli alimenti, evitando così il rischio di incappare in un alimento con un elevato contenuto di nichel.
Frutta secca, semi e nichel
La questione della frutta secca è importante, anche perché si tratta di una classe di alimenti preziosi, che non può mancare in una qualsiasi dieta salutare. Per inciso, la frutta secca, pur con le dovute differenze tra gli alimenti, è ricca di acidi grassi benefici, che aiutano a mantenere in forma il cuore. La frutta secca è ricca anche di sali minerali, che agiscono sul sistema nervoso e sulla circolazione sanguigna, come il fosforo e il magnesio. Stesso discorso per le vitamine, anzi alcuni tipi di frutta secca contengono la vitamina E, abbastanza rara negli altri alimenti e in grado di svolgere una preziosa azione antiossidante.
L’unico difetto della frutta secca, come è noto, è l’apporto calorico, sovente superiore alle 600 kcal. E’ un difetto con cui si viene a patti facilmente, infatti è sufficiente mantenere un consumo moderato nel tempo. I valori nutrizionali dei semi sono abbastanza simili. Si segnala, infatti, un contributo superiore in termini di acidi grassi e antiossidanti. Ad ogni modo, gli intolleranti al nichel dovrebbero rinunciare o ridurre radicalmente il consumo di frutta secca, inoltre i semi di qualsiasi varietà sono assolutamente sconsigliati se si sta seguendo una dieta a basso contenuto di nichel, quindi è meglio evitare in questi casi.
Formaggi e uova contengono il nichel?
Un’altra buona notizia, è che di norma il latte non contiene il nichel, o ne contiene dosi davvero minime (dipende dall’alimentazione dell’animale). Dunque via libera al latte e ai suoi derivati. Tra i derivati del latte con il minor contenuto di nichel vi sono quelli non sottoposti a stagionatura, come lo yogurt bianco (alla frutta o al cacao potrebbe contenere nichel), la ricotta e i formaggi spalmabili. Nei formaggi stagionati la sostanza è presente in quantità leggermente superiori, ma comunque al di sotto della soglia di tolleranza.
La possibilità di consumare il latte e i suoi derivati, anche in presenza di intolleranza al nichel, non va sottovalutata. A prescindere dai propri gusti, il latte e i suoi derivati sono una inestimabile fonte di calcio e vitamina D. Quest’ultima, piuttosto rara in natura, impatta positivamente sul sistema immunitario. Le medesime dinamiche coinvolgono anche le uova, che in genere non contengono nichel. In ogni caso il consumo di uova è benefico solo se moderato. Infatti, benché ricche di nutrienti, le uova contengono molto colesterolo, dunque un loro abuso espone la nostra salute a rischi importanti.
Carne, pesce e nichel, un legame da approfondire
Il rapporto tra carne, pesce e nichel è piuttosto controverso, anche perché non è possibile dare una risposta univoca, che valga per tutte le specie. In genere bisogna valutare alimento per alimento, comunque in genere le carni fresche e quelle trattate in un certo modo si caratterizzano per un basso contenuto di nichel. Lo stesso vale per gli insaccati e i salumi, ma non per la carne in scatola. Quest’ultima, infatti, contiene dosi elevati della sostanza incriminata. Il discrimine, in questo caso, è dato dalle sostanze che favoriscono la lunga conservazione (come la gelatina).
Discorso simile per i pesci, a cui va prestata molta attenzione in quanto il nichel è spesso presente in dosi al di sopra della soglia limite. Alcune specie non sono indicate per chi soffre di intolleranza o sensibilità a questa sostanza. Il riferimento è alle aringhe e al salmone, pesci tra l’altro di consumo abituale. Contengono nichel anche molti crostacei come i granchi, i gamberi e gli scampi. Idem per le cozze e le vongole, che apportano anche ottime dosi di acidi grassi omega tre, fosforo, proteine e altre sostanze benefiche. Tra i pesci più apprezzati, che possono essere consumati senza alcun timore per chi è sensibile al nichel, vi sono il pesce spada, l’orata, la cernia, la spigola, la ricciola e il tonno.
Altri alimenti a basso contenuto di nichel
E’ bene dare spazio anche agli alimenti, non appartenenti alle categorie fin qui trattate, che possono essere tranquillamente consumati dagli intolleranti al nichel. Fortunatamente la lista comprende molti alimenti (o bevande) di consumo comune, la cui rinuncia sarebbe mal sopportata da chiunque. Della lista fanno parte sostanzialmente tutte le spezie e le erbe aromatiche. Dunque la salvia, il rosmarino, il timo, il peperoncino, lo zenzero, la paprika, la menta e la curcuma.
Una buona notizia se si considera l’apporto in termini nutrizionali e il loro ruolo nella medicina naturale. Stesso discorso per l’aglio, il caffè, le marmellate e le bevande sottoposte a fermentazione. Purtroppo, però, contengono molto nichel anche il cacao, il cioccolato, la liquirizia e buona parte dei legumi, come piselli, fagioli, ceci e lenticchie. Stesso discorso vale per le cipolle.
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.