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Creme salse sughi e condimenti
Creme, salse, sughi e condimenti per tutti i gusti e intolleranze alimentari
Creme salse, sughi e condimenti, questa sezione è dedicata a tutte quelle ricette che hanno lo scopo di condire e insaporire. C’è solo l’imbarazzo della scelta quando si tratta di valorizzare un piatto, sia esso un primo, un secondo, un contorno o un antipasto. Le combinazioni possibili sono tantissime, e spesso porgono il fianco alla creatività più sfrenata. L’importante è creare un certo equilibrio, e pensare in anticipo a come interagiranno tra di loro gli ingredienti. Tra l’altro, è proprio sulle creme, sulle salse e sui sughi che si giocano le differenze tra le varie gastronomie, a tal punto che una cucina è spesso identificata con un condimento. Un esempio sono la salsa di pomodoro e la passata di pomodoro, dei condimenti che rievocano a tutti la cucina italiana.
Certo, si rischia di fare un po’ di confusione. Creme, salse e sughi vengono spesso considerati sinonimi, ma in realtà indicano preparazioni diverse. Una salsa è un composto che ha lo scopo di condire, un sugo è una tipologia di salsa che contiene carne o verdure. La crema, invece, è un tipo di salsa dalla texture vellutata, che spesso contiene un elemento di origine casearia (ad esempio la panna). Qui di seguito trovate tantissime ricette di creme, salse e sughi. Alcune ricette si riferiscono alla tradizione italiana, altre fanno riferimento alle cucine straniere. Altre ancora sono frutto della creatività e di una spiccata conoscenza degli ingredienti.
Salse e sughi per i primi piatti
Vale la pena presentare alcune creme, salse e sughi, dividendole magari per la tipologia di piatti con cui si sposano meglio. Partiamo proprio dai primi.
Quando si parla di condimenti per i primi piatti è impossibile non citare la classica passata di pomodoro, d’altronde è un po’ il simbolo della cucina italiana. Una preparazione semplice, ma in grado di insaporire la pasta come pochi altri, donando colore e gusto. L’unica vera controindicazione della passata è proprio la presenza del pomodoro, che di norma la rende off limits per gli intolleranti al nichel. Per inciso, l’intolleranza al nichel è uno dei disturbi dell’assorbimento più subdoli. In primis perché i suoi sintomi fanno pensare spesso ad altre patologie, secondariamente perché il nichel è diffuso un po’ dappertutto.
Nel caso specifico della passata non si tratta però di un ostacolo invalicabile, infatti di recente sono emerse tecniche di coltivazione che privano i pomodori del nichel. Altri condimenti per primi piatti sono meno tradizionali, ma non per questo meno buoni. Un esempio è dato dal sugo di peperoni e mandorle, che si basa su una speciale combinazioni di sapori. La delicatezza dei peperoni si sposa molto bene con il gusto corposo della mandorla, donando al preparato una complessità tale da valorizzare qualsiasi formato di pasta. E’ un condimento tutto sommato leggero, dal momento che l’aggiunta di grassi è ridotta al minimo, e i peperoni sono poco calorici.
Il ragù di capriolo , una carne delicata e gustosa. Scegliendo di mangiare una carne pregiata e selvatica si va sicuramente alla ricerca di sapori decisi. Con il capriolo questa aspettativa non rimane certamente delusa, ma il sapore di questa carne è particolarmente delicato. Il profumo caratteristico ed il rosso vivace della carne di capriolo, trovano massima espressione in questo ragù di capriolo, perfetto per un pranzo domenicale o per le grandi occasioni.
Il ragù di agnello non appartiene a una cultura regionale in particolare. Non c’è dubbio, però, che in alcune zone sia più consumato che in altre. Spesso si gioca il primato di ragù più consumato con quello più famoso in assoluto, ovvero prodotto con il manzo e con il suino, detto comunemente “alla bolognese”. Rispetto a questo, però, presente almeno una differenza importante, in grado di incidere profondamente sul risultato finale.
Se il ragù alla bolognese, quello classico almeno, richiede tempi di cottura davvero lunghi (superiori anche alle due ore) il ragu di agnello viene sottoposto a una cottura che non dovrebbe superare i sessanta minuti. Il motivo è “tecnico”, prima ancora che organolettico. La carne di agnello, infatti, è più morbida di quello di manzo o suino, e dunque tende ad assorbire più in fretta il sugo.
Gli intingoli per i secondi piatti
Ovviamente anche i secondi meritano di essere valorizzati da creme, salse e sughi. D’altronde, carne e pesce si prestano all’uso di condimenti, visti che alcuni propongono sapori delicati o molto spiccati. A tal proposito, vale la pena menzionare alcune culture culinarie che riservano alla carne e al pesce un posto di primo piano, paragonabile alla cucina italiana. Il riferimento è chiaramente alle gastronomie sudamericane.
Io sono affezionata alla salsa chipotle, un raro esempio di condimento che si sposa con tutti i tipi di carne e tutti i tipi di pesce. Questa salsa, originaria del Cile, coniuga la tenue acidità dello yogurt bianco con i pungenti sentori dell’aglio e l’esplosività del peperoncino. Prende il nome proprio dai peperoncini che vengono impiegati, i chipotle appunto. La ricetta non è affatto complicata, l’unico elemento di difficoltà risiede nel dosaggio degli ingredienti, per il resto non si deve fare altro che frullarli in un mixer.
Di segno radicalmente diverso è la salsa aioli, che viene preparata soprattutto in Provenza. Come la chipotle, può essere ampiamente impiegata per valorizzare i secondi, ma dà il meglio di sé con gli arrosti. La lista degli ingredienti è breve, ma particolare. Accanto ai tuorli d’uovo, infatti, troviamo il limone, l’aglio, l’olio e il pepe. Insomma, assomiglia a una maionese, ma rispetto a quest’ultima propone un sapore più pungente e un po’ più acidulo. A contribuire al risultato finale, infatti, è soprattutto l’aglio.
I condimenti per gli antipasti
Gli antipasti rappresentano la migliore “destinazione d’uso” di molte creme, salse e sughi. Il riferimento è ai crostini e ai tortini, che rappresentano l’occasione per assaggiare sapori particolari e variegati. Un ruolo centrale, in questo caso, è ricoperto dai patè, Con questo termine si indicano quelle preparazioni in cui vengono frullati carne e verdure. Il patè più famoso è quello di fois gras, ancora oggi considerato una sciccheria alla portata di tutti.
Benché il nome indichi un’origine francese, e proprio in Francia è molto diffuso, il patè appartiene anche ad alcune cucine locali italiane. Il patè di lampascioni, per esempio, è pugliese al 100%. Non si ottiene con la carne, bensì con i lampascioni, che sono dei bulbi simili alla cipolla dorata, ma più saporiti e aromatici.
Merita una menzione anche un condimento per antipasti molto particolare, tipico della cucina cilena. E’ un condimento da antipasto che si distingue per una grana tutt’altro che omogenea. Sto parlando della salsa pebre, realizzata con pomodori, peperoncini, cipolle e spezie varie. E’ utilizzata in genere per gli antipasti, come crostini e pezzi di pane. E’ però utilizzata anche per i secondi di carne, specie se alla griglia. In ogni caso, si fa apprezzare per il suo gusto tutt’altro che esotico e per i colori che riesce ad esprimere.
Gli oli aromatizzati e i dressing
Quando si parla di condimenti è impossibile non citare gli oli aromatizzati e i dressing. Gli oli aromatizzati sono esattamente ciò che il nome suggerisce, ossia olio (in genere extravergine di oliva) arricchito da altri ingredienti. Il dressing è una soluzione spesso molto liquida a base di olio, ma arricchita con spezie ed erbe aromatiche varie.
Qui su Nonnapaperina.it ho presentato oli aromatici di tutti i tipi e dai gusti più particolari. Reputo che il posto d’onore debba essere occupato dall’olio al basilico, che più di ogni altro incarna lo spirito della cucina italiana. La ricetta è semplice, in quanto consiste nel far riposare il basilico all’interno di barattoli ricoperti di olio. Quest’ultimo ne assume il sapore, trasformandosi in un condimento perfetto.
Per quanto concerne i dressing, sono molte le ricette che potrei riportare. Scelgo però il dressing alla camomilla, proprio in virtù del peculiare uso che si fa di quest’ultima. La camomilla è in genere un ingrediente da tisana, quindi la sua presenza in un condimento per carne e pesce potrà suscitare un certo stupore. Il risultato è comunque ottimale, in quanto la camomilla garantisce aroma e delicatezza agli altri ingredienti (soprattutto a olio e limone).
Le salse agrodolci
Le creme, le salse e i sughi rappresentano la migliore occasione per conferire ai piatti un sentore agrodolce. Alcune sono agrodolci di base, in quanto frutto di ingredienti dal carattere radicalmente diverso. Un esempio è dato dalla salsa di mirtilli, che è meno dolce di quanto possiate immaginare, dunque adatta a condire in maniera creativa la carne, conferendole un tocco leggermente acre e zuccherino allo stesso tempo.
Se si parla di salse agrodolci è bene fare riferimento alle chutney, una classe di salse che punta proprio alla commistione di sapori dolci, aciduli e salati. Ogni chutney che si rispetti abbonda di frutta, verdura e spezie. Io apprezzo molto la chutney di mango, che punta decisamente al dolce, senza però mettere in secondo piano i sentori aciduli (garantiti dal limone) e quelli piccanti. E’ ottima per rendere agrodolci le carni o per insaporire il riso.
Sulla stessa falsariga si posiziona la salsa di albicocche con stracchino. L’abbinamento può sembrare forte, ma è in grado di insaporire molti piatti. Io l’ho provata sull’arrosto di vitello e il risultato è stato strepitoso. Tra l’altro, è anche una salsa speziata dal momento che la lista degli ingredienti contiene un po’ di pepe e un rametto di lavanda. Chiudo questa parte dedicata alle salse agrodolci con una preparazione che salsa non è, ma può essere utilizzata come tale: la marmellata di arance e carote. Può essere impiegata per degli antipasti particolari, e posta a condimento del Parmigiano Reggiano (un po’ come accade con il miele).
Creme, salse, sughi e condimenti con le verdure
Le verdure ricoprono un ruolo di primo piano nella preparazione di creme, salse e sughi. Il riferimento è soprattutto al pesto, che può essere declinato secondo molte ricette. Il pesto più famoso è ovviamente il pesto di basilico, o pesto alla genovese. La ricetta è semplice, e d’altronde è preparato spesso in casa. A tal proposito, vi consiglio di evitare il mixer e di utilizzare il mortaio o il pestello. In questo modo otterrete una grana irregolare, che garantisce delle belle sensazioni al palato.
Una deliziosa variante è il pesto di cime di rapa. E’ preparato soprattutto in Puglia, dove le cime di rapa fungono da collante per ricette anche molto diverse tra di loro. Come facilmente intuibile, le cime di rapa sostituiscono il basilico. In virtù di ciò, il sapore di questo pesto è un po’ meno aromatico ma più corposo. Per l’occasione, vi consiglio di utilizzare i pinoli di cedro, che recuperano un po’ di aroma, e di non abbondare troppo con l’aglio.
Il pesto può essere realizzato anche con ingrediente per equilibrare il piatto. E’ il caso del pesto di zucca, un pesto dal colore particolare, tendente all’arancione, che dona una certa vivacità ai piatti. Il sapore è decisamente più dolce, dunque produce abbinamenti singolari e in grado di stupire. La lista degli ingredienti prevede, inoltre, gli immancabili pinoli, l’aglio (che serve a smorzare un po’ la dolcezza) e l’alloro. Si tratta di un’aggiunta all’apparenza strana, ma che dona equilibrio alla preparazione.
Pensavate che esistesse solo il classico pesto alla genovese, quello realizzato con il basilico? In realtà questa particolare salsa si può fregiare della presenza di numerosi altri ingredienti, che sono capaci di garantire, proprio come il basilico, la giusta consistenza e un sapore adatto a tutti i palati. Un esempio è dato proprio dal pesto di carote, un condimento semplice, ma prezioso in termini organolettici e nutrizionali. La ricetta, a dire il vero, non si discosta quasi per nulla da quella del classico pesto alla genovese. Molto banalmente, il basilico è sostituito dalle carote. Un altro esempio di pesto alternativo è il pesto di rucola, in cui la rucola si lega in modo perfetto con il Pecorino e con il Parmigiano, regalando un pesto davvero unico.
I condimenti con frutta secca e frutta fresca
Come abbiamo visto, anche la frutta fresca può essere protagonista di creme, salse e sughi. Lo stesso vale per i frutti esotici. La salsa al cocco, zenzero e mascarpone ne è l’esempio più evidente. La ricetta è semplice e si basa su un delicato equilibrio tra gli ingredienti. Il cocco dona dolcezza, mentre il succo di limone apporta la necessaria acidità. Lo zenzero aromatizza, infine il mascarpone lega e stabilizza tutti gli ingredienti. Questa speciale salsa può essere utilizzata tanto per gli antipasti quanto per gli arrosti, se lo scopo è quello di conferire un tocco di creatività alle preparazioni.
La salsa al mango ricopre una funzione simile, ma offre qualche sentore esotico in più. Il mango, infatti, è valorizzato dalla sriracha, una preparazione a base di limone e zucchero tipica della Thailandia. La salsa al mango è comunque più corposa di quanto possa sembrare, anche perché la lista degli ingredienti comprende il formaggio cremoso, che conferisce gusto e densità alla crema. Passando alla frutta secca, va citata la salsa di noci, declinata in numerose varianti e tipica di molte cucine locali. La ricetta che ho descritto su Nonnapaperina è molto conservativa, infatti richiede pochi ingredienti: noci, latte, formaggio stagionato, olio e sale. Anche in questo caso la ricetta è molto semplice: basta frullare gli ingredienti fino ad ottenere una crema molto densa. La salsa di noci è un eccellente spalmabile, quindi dà il meglio di sé in antipasti e merende salate.
Le salse più aromatiche
Vale la pena concludere questo excursus su creme e sughi parlando delle preparazioni più esotiche e aromatiche. A tal proposito una nota di merito va alla salsa Worcester, che si svincola dagli stereotipi che caratterizzano le preparazioni anglosassoni e si presenta come una salsa complessa, gustosa e persino nutriente.
La salsa Worcester è realizzata con tabasco, aceto, peperoncino, vino e tanti altri ingredienti. E’ difficile da realizzare, anche perché richiede una lunga fase di fermentazione. Il suo sapore è molto buono, aromatico e ricco, l’ideale per valorizzare la carne. Anche la salsa verde per bollito, preparazione decisamente mediterranea, può essere considerata come un’esplosione di sapori. Infatti è realizzata con il prezzemolo, i capperi e l’aglio. All’apparenza tutti ingredienti sembrano in contrasto tra di loro, ma in realtà si armonizzano a vicenda e garantiscono una salsa dal sapore speciale. Come suggerisce il nome, va impiegata soprattutto per il bollito, che viene valorizzato al meglio.
In questa categoria va menzionata anche la melitzanosalata, una preparazione di origine greca pensata per insaporire carne e pesce. E’ una ricetta semplice, realizzata con melanzane, yogurt, aglio, olio e menta. Le melanzane conferiscono sentori corposi, lo yogurt dona un tocco di acidità molto gradevole, infine la menta garantisce il tipico aroma. In antichità si usava il pestello per questo tipo di salsa, ma voi potete utilizzare un comodo mixer se desiderate una texture liscia e morbida.
La remoulade è una salsa originaria della Francia che riscuote grande successo soprattutto in Germania, Olanda e nei paesi scandinavi. Può essere considerata come una sorta di maionese rinforzata, visto il ruolo di primaria importanza che gioca la senape. Di norma la senape viene impiegata per accompagnare secondi di carne o di pesce, ma può essere utile anche per vivacizzare i contorni di verdure. In Svezia e Norvegia viene spesso consumata in sostituzione del ketchup, sicché la troviamo come condimento di base per le patate fritte.
Un’ottima salsa è la remoulade. La ricetta della remoulade non è molto difficile da realizzare. Si tratta infatti di mescolare gli ingredienti, a partire dalle uova e proseguendo poi con l’olio, l’aceto e gli altri ingredienti. La sfida più grande consiste nell’evitare che la maionese impazzisca, per farlo è “sufficiente” continuare a mescolare mentre si aggiungono gli altri ingredienti poco per volta, quasi goccia a goccia.
La salsa all’aneto è un intingolo saporito che si presenta con una tonalità tendente sul giallo e con una costellazione di puntini verdi dovuti all’aneto. E’ una salsa di origine norvegese ma viene consumata con una certa frequenza in tutto il Nord Europa. È ottima da sola, magari accompagnata da una buona fetta di pane, ma dà il meglio di sé come condimento per i secondi di pesce a base di salmone, non a caso è un pilastro della cucina scandinava. Per quanto possa apparire strano, la salsa all’aneto ha molto in comune con la nostra besciamella. In primo luogo hanno in comune il colore e la consistenza quasi cremosa. In secondo luogo la presenza tra gli ingredienti del burro e della farina. Il protagonista della ricetta, tuttavia, rimane l’aneto, che impatta sulla resa organolettica della salsa e sui suoi utilizzi.
Il glutine dove meno te lo aspetti: attenzione a salse, sughi e condimenti
Quando si parla di intolleranze alimentari, il glutine e il lattosio sono tra i principali colpevoli, nascondendosi spesso dove meno te lo aspetti. Una categoria particolarmente insidiosa in questo senso è quella delle salse, dei sughi e dei condimenti già pronti. Questi prodotti, comunemente utilizzati per arricchire e completare i piatti, possono sorprendentemente contenere sia glutine sia lattosio, anche quando non ci si aspetterebbe.
La ragione principale della presenza di glutine in salse e condimenti può essere attribuita agli addensanti o agli stabilizzanti, spesso derivati dal grano, utilizzati per migliorare la consistenza del prodotto. Il lattosio, d’altra parte, può essere presente come ingrediente latteo utilizzato per aggiungere cremosità e gusto.
Leggere le etichette: un passo fondamentale
La chiave per evitare accidentalmente questi allergeni è la lettura attenta delle etichette. È essenziale controllare non solo l’elenco degli ingredienti, ma anche eventuali avvertenze relative alla presenza di tracce di allergeni. Tuttavia, questo può essere complicato dal fatto che non sempre gli ingredienti sono elencati in modo chiaro o intuitivo.
Fortunatamente, l’industria alimentare sta diventando sempre più sensibile a queste problematiche, e oggi esiste una vasta gamma di alternative senza glutine e lattosio. Questi prodotti sono realizzati con ingredienti alternativi che non solo garantiscono la sicurezza per chi ha intolleranze, ma spesso offrono anche un profilo nutrizionale più ricco e un gusto altrettanto delizioso.
Preparazioni fai-da-te: un’opzione creativa e sicura
Un’altra soluzione efficace è preparare salse e condimenti in casa. Questo non solo permette un controllo completo sugli ingredienti, ma offre anche l’opportunità di sperimentare con ricette creative e personalizzate. Con un po’ di creatività e la giusta conoscenza degli ingredienti, è possibile creare deliziose salse e condimenti adatti a tutti.
La presenza di glutine e lattosio in salse, sughi e condimenti già pronti richiede una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori. Con la giusta attenzione e le opportune precauzioni, è possibile godere di una vasta gamma di sapori senza mettere a rischio la propria salute. Ricorda, la chiave sta nella conoscenza e nella scelta consapevole dei prodotti che portiamo in tavola.
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.