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Primi piatti, zuppe, minestre, vellutate
I primi piatti, un mondo da scoprire
La cucina italiana è rinomata a livello mondiale per la sua varietà, il suo gusto e la sua capacità di incantare i palati di tutti. Al cuore di questa tradizione culinaria si trovano i primi piatti, che rappresentano non solo un’importante componente del pasto ma anche l’essenza stessa della cultura gastronomica italiana. La popolarità dei primi piatti italiani ha contribuito a diffondere le nostre tradizioni culinarie in tutto il mondo, mostrando come l’approccio italiano all’alimentazione sia uno tra i più apprezzati per la sua combinazione di gusto e benessere.
Nonostante la pasta possa essere considerata il simbolo dei primi piatti italiani, il mondo dei primi piatti è in realtà molto più ampio e variegato. Al di là della classica pasta, troviamo infatti una vasta gamma di zuppe, minestre, minestroni e vellutate, che arricchiscono notevolmente la nostra cucina. Questi piatti, pur essendo spesso raggruppati sotto lo stesso ombrello, presentano differenze sostanziali che meritano di essere esplorate.
Facciamo chiarezza su alcune di queste differenze. La zuppa, ad esempio, è un piatto principalmente a base di verdure, arricchito occasionalmente con carne o pesce. È un piatto tipicamente più liquido e può essere considerato un comfort food per eccellenza, perfetto per scaldare le serate invernali o per un pasto leggero ma nutriente. La minestra, invece, include solitamente una componente cerealicola o pseudo-cerealicola, come riso, orzo o farro. Anche se anch’essa è un piatto liquido, tende ad essere meno densa della zuppa e spesso è servita come un piatto unico per la sua ricchezza di ingredienti.
Il minestrone, d’altra parte, è una variazione della zuppa che merita una menzione speciale. È una zuppa ricca e nutriente, che include una varietà di verdure e ortaggi. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il minestrone generalmente non contiene ingredienti cerealicoli, rendendolo un’opzione ideale per chi cerca un pasto leggero ma sostanzioso. La sua ricchezza di ingredienti lo rende un piatto estremamente versatile, adatto a tutte le stagioni e facilmente adattabile ai gusti personali.
I primi piatti italiani sono una vera testimonianza della diversità e della creatività della nostra cucina. Dalle zuppe riscaldate al minestrone nutriente, ogni piatto racconta una storia, riflette una tradizione e offre un’esperienza di gusto unica. Spero che questo approfondimento vi abbia aiutato a capire meglio le sfumature e le peculiarità di questi deliziosi piatti, che sono tanto più di semplici antipasti, ma veri e propri protagonisti della tavola italiana.
Discorso radicalmente diverso per la vellutata. Con questo termine si indica una tipologia di preparazione che, pur contenendo ortaggi e verdure, contiene anche un alimento che lega il tutto, come può essere un formaggio fresco, la panna acida e il tuorlo d’uovo. Di conseguenza, la vellutata è densa e piuttosto morbida. Da questo punto di vista il termine non riserva sorprese, ma è piuttosto esplicativo.
Come viene concepito in Italia il primo piatto
In questa sezione trovate molte ricette di primi piatti. Alcune di queste fanno parte a pieno titolo della cucina italiana mentre altre fanno riferimento alle cucine estere europee, americane (come le fettuccine Alfredo) ed orientali. Ho comunque riservato molto spazio alle sperimentazioni, come mio solito, in quanto credo che la creatività debba avere cittadinanza in cucina, e che qualche margine di discrezione (soprattutto dal lato degli ingredienti) sia sempre concesso. Alla luce di ciò, vale la pena fare il punto sulla differenza di approccio che le varie cucine esprimono. Come sanno tutti gli appassionati di cucina etnica, il concetto di primo piatto varia quasi da Paese a Paese. Possiamo comunque tracciare uno spartiacque tra l’approccio italiano e l’approccio estero.
Per quanto riguarda il modo “italiano” di concepire il primo piatto, non c’è molto da dire, anche perché fa parte del patrimonio comune. Il primo piatto all’italiana è in genere ricco di carboidrati, benché non disdegni la presenza di alimenti proteici, anche di origine animale, a livello di condimento. La regina dei primi piatti all’italiana è ovviamente la pasta, realizzata nei formati più disparati e preparata secondo le ricette più varie. Anzi, da questo punto di vista, si ravvisa una certa varietà a livello regionale. Quasi ogni regione ha il suo formato di pasta “preferito”, o che si lega meglio con quelle che sono le sue tradizioni.
Anche il riso gioca un ruolo di primo piano nella preparazione dei primi piatti. Ciò avviene soprattutto nel nord Italia, che tra l’altro è terreno di coltivazione del prezioso cereale. D’altronde il risotto è un’invenzione “nostra”, che ci invidia tutto il mondo. E per chi soffre di intolleranze alimentari e di celiachia? Non c’è alcun problema, esistono farine alternative senza glutine, che sono davvero ottime e consumabili da tutti. Tutto ciò al netto dell’abbondanza di zuppe, minestre, minestroni e vellutate, in grado di valorizzare l’agroalimentare italiano. Nella stragrande maggioranza dei casi queste ricette richiamano alla più genuina tradizione popolare, ma possono giocare un ruolo anche nell’alta cucina.
Le proprietà del primo piatto all’estero
Come vengono percepiti i primi piatti all’estero? La prima risposta che salta in mente è anche la più superficiale, ossia in modo molto diverso rispetto alla tradizione gastronomica italiana. In realtà si segnalano differenze logiche, per quanto sia possibile rintracciare dei filoni principali. Nel mondo anglosassone e nel nord Europa non esiste il concetto di primo piatto. Le tradizioni di quei Paesi tendono a prediligere il concetto di piatto unico, quindi nella singola portata possiamo trovare preparazioni a base di carboidrati e preparazioni di natura proteica.
Discorso diverso per le cucine orientali. Sia chiaro, nemmeno in Giappone, in Cina e nel sud-est asiatico vi è una concezione chiara di primo piatto. Tuttavia, non si predilige il piatto unico bensì la divisione in piccole portate, senza che queste seguano un ordine riconducibile a quello usato in Italia. Dunque, può capitare che vengano serviti piatti a base proteica prima della pasta, e viceversa. Le cucine mediterranee e latine seguono, invece, un canovaccio simile al nostro. Non che vi sia una tradizione di primi piatti paragonabile alla nostra, ma è comunque possibile rintracciare un ordine che risulta abbastanza familiare. D’altronde, i principi di molte cucine sudamericane, della cucina spagnola e in parte di quella greca, sono simili ai principi della cucina italiana.
I migliori tipi di pasta all’italiana
Vale la pena approfondire le tipologie di primi piatti, a partire da quella più famosa, ossia la pasta all’italiana. Si potrebbe parlare per ore dell’argomento, ma qui mi limito a citare i due condimenti cardine, ossia la salsa al pomodoro e il pesto. La salsa al pomodoro è declinata in molte varianti: quella classica, che richiede giusto tre o quattro ingredienti, e quella arricchita dalla carne e dai suoi derivati. Il riferimento, tra gli altri, è al ragù e all’amatriciana.
Per quanto riguarda il pesto, il più apprezzato e preparato rimane quello alla genovese, realizzato con il basilico, i pinoli, il formaggio grattugiato, l’olio etc. Esistono, però, infinite varianti, poiché sono molte le verdure che, con un semplice passaggio nel frullatore, acquisiscono una deliziosa grana irregolare. A tal proposito vi consiglio la pasta con pesto di portulaca. Una pasta dal sapore rustico che non manca di stupire. Infatti, la portulaca è tra le verdure più buone e allo stesso tempo più sottovalutate. E anche nutrizionalmente valida, visto che è tra le poche a contenere gli acidi grassi omega tre.
Le migliori paste regionali
Se si parla di primi piatti all’italiana, è bene rendere omaggio anche alle varietà che le cucine del nostro territorio offrono. Tali varietà si esprimono soprattutto in una spiccata abbondanza di formati di pasta. Quasi ogni regione ha il suo formato, ma io sono particolarmente affezionata ai malloreddus, scoperti durante i miei soggiorni in Sardegna. I malloreddus possono essere paragonati ai maccheroni, ma presentano una consistenza abbastanza diversa e una forma più irregolare. Qui su Nonnapaperina.it ho parlato degli straordinari malloreddus alla campidanese, un primo piatto poco conosciuto al di fuori della Sardegna, ma che merita molta attenzione.
Un formato di pasta tipicamente regionale, ma molto più conosciuto, sono le trofie. Esse fanno parte della tradizione ligure, ma attualmente vengono preparati un po’ dappertutto lungo lo stivale. Tra l’altro si prestano ai condimenti più vari, come avviene nelle trofie alla ragù di baccalà, accompagnate da un sugo corposo, dal sapore pungente e allo stesso tempo leggero. D’altronde, il baccalà fornisce il massimo del nutrimento al costo di un apporto calorico davvero contenuto.
I gustosi risotti all’italiana
Vale la pena approfondire anche l’argomento “risotto”, se si intende rendere realmente omaggio ai primi piatti all’italiana. Il nostro risotto si differenzia dalle ricette a base di riso delle cucine estere. Altrove il riso viene cotto separatamente dai condimenti, invece da noi la cottura avviene quasi in contemporanea. Altre caratteristiche tipiche dei nostri risotti sono la presenza ricorrente del brodo, che può essere vegetale o di carne, e di un fondo a base di soffritto. Senza dimenticare la mantecatura a base di formaggi, che insaporisce e regala al piatto una consistenza cremosa.
Esistono svariate tipologie di risotto, tradizionali e meno tradizionali. In questa sezione troverete un risolto molto particolare, che si basa su una combinazione di ingredienti suggestiva, ossia il risotto con agretti e gorgonzola. Gli agretti conferiscono un sapore delicato e leggermente acidulo, mentre il gorgonzola garantisce corpo e gusto alla ricetta. Tra l’altro il gorgonzola è un formaggio più salutare di quanto si possa immaginare. E’ vero, è abbastanza grasso, ma apporta nutrienti fondamentali come proteine, calcio e vitamina D.
Un tocco di creatività con gli gnocchi
Gli gnocchi appartengono a pieno titolo alla tradizione dei primi piatti all’italiana. Come ben sapete, gli gnocchi sono dei bocconcini dalla consistenza simile alla pasta fresca, ma realizzati con una purea di patate. Possono essere conditi in vari modi, con la semplice salsa di pomodoro o, come vuole la tradizione, con burro e salvia. Gli gnocchi porgono il fianco alla più accesa creatività. A dimostrarlo sono gli gnocchi alla romana con cipollotto e speck. In questo caso il sapore un po’ pungente e un po’ dolce del cipollotto contrasta efficacemente con la sapidità dello speck.
Decisamente più rustici sono gli gnocchi con broccoli e gorgonzola. Anche questa ricetta propone un abbinamento suggestivo in grado di regalare molto dal punto di vista visivo e del gusto. Tra l’altro sono anche abbastanza leggeri, infatti la quantità di gorgonzola è davvero minima, mentre i broccoli sono conosciuti per un apporto calorico davvero contenuto.
La pasta ripiena, un simbolo della cucina italiana
La pasta ripiena può essere considerata un simbolo della cucina italiana. Anche n questo caso si ha una grande varietà di approcci, stili e ricette diverse tra una regione e l’altra. Tuttavia, è innegabile che i più famosi esponenti della pasta ripiena siano i tortellini alla bolognese. Sono realizzati con ingredienti genuini e gustosi, inoltre richiedono una certa manualità per essere realizzati al meglio. Ad ogni modo, restituiscono non solo un gusto spettacolare, ma anche un impatto visivo gradevole.
Al secondo posto troviamo i ravioli, che differiscono non tanto nell’impasto quanto nell’aspetto, ovvero nel modo in cui viene chiuso il ripieno. Per quanto riguarda i condimenti, il più classico è il semplice brodo, come suggerisce la tradizione emiliana. Non di rado, però, vengono serviti anche con burro e salvia. Una ricetta che si stacca un po’ dalla tradizione e favorisce un approccio più complesso è quella dei ravioli di oca con salsiccia. L’elemento più suggestivo di questo piatto è il ripieno, realizzato con la carne di oca, che si distingue per un sapore pungente e delicato .
Le zuppe, un piatto ricco di gusto e leggerezza
Un approfondimento sui primi piatti deve conferire adeguato spazio anche alle zuppe. Le zuppe arricchiscono non solo la cucina italiana, ma anche quella estera (soprattutto nel nord Europa). Le zuppe hanno il raro pregio di nutrire con gusto e leggerezza. Anche perché sono realizzate principalmente con verdura ed ortaggi, e più raramente con carne e pesce.
Qui presento due zuppe particolarmente buone e nutrienti. La prima è la zuppa con finferli e patate, che coniuga il delicato aroma di funghi con la corposità delle patate. La seconda è la zuppa con quinoa e lenticchie, capace di fondere l’approccio mediterraneo con gli elementi più esotici. Mi riferisco all’abbinamento lenticchie e quinoa, un connubio che garantisce il massimo in termine di proteine e sali minerali. Ci tengo a precisare che la quinoa non è un cereale, ma una pianta erbacea. Inoltre, è anche priva di glutine e dunque adatta ai celiaci.
Le minestre, un piatto adatto a tutti i palati
Il concetto stesso di minestra porge il fianco a molte possibilità e a sperimentazioni ardite. E’ quanto avviene per esempio con la minestra di patate, miglio e pancetta. Si tratta di un primo piatto dal sapore complesso e adatto a tutti i palati. Le patate conferiscono corpo e sapore alla ricetta, la pancetta dona una spiccata sapidità, mentre il miglio equilibra il tutto.
Molto singolare è anche la minestra d’orzo e battuto d’erbe, che punta a valorizzare una prospettiva “rustica” nella preparazione dei primi piatti. L’orzo, d’altronde, è tra i cereali più popolari e più nutrienti, soprattutto grazie all’abbondanza di fibre e sali minerali. Il battuto di erbe, infine, garantisce aroma, gusto e un certo equilibrio a livello di sentori. Le minestre, esattamente come i primi piatti di pasta, si prestano molto bene alle necessità degli intolleranti al glutine e dei celiaci. D’altronde, i cereali gluten-free da minestra sono vari e molto abbondanti.
Le vellutate, un piatto adatto alla sperimentazione
Le vellutate sono tra i primi piatti che, più di ogni altro, riservano ampi margini di sperimentazione. D’altronde, sono tanti gli ingredienti che possono fungere da addensante e quindi garantire alla ricetta la necessaria morbidezza. Di norma si utilizzano formaggi più o meno cremosi, in grado di insaporire oltre che legare. Non di rado, specie nella cucina francese, si utilizza la panna acida, che fa virare le ricette verso sentori più eleganti e allo stesso tempo pungenti.
A tal proposito, vi propongo due vellutate molto peculiari, in quanto frutto di abbinamenti arditi. Sto parlando della vellutata di carote e barbabietole, che restituisce un sapore tra il dolce e l’aromatico in una prospettiva che premia l’impatto visivo. Discorso simile per la vellutata di rafano nero, che gioca su tonalità cromatiche evidenti e su suggestivi contrasti organolettici. D’altronde il rafano spicca per il sapore pungente e per la sua capacità di aromatizzare.
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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A Cucinarea, ogni mese ospitiamo corsi di cucina che si concentrano su menu eleganti e sofisticati. Avrai l'opportunità di imparare direttamente da chef rinomati e specializzati, che ti guideranno nella preparazione di piatti che lasceranno i tuoi ospiti a bocca aperta. I nostri corsi sono un perfetto equilibrio tra intrattenimento e apprendimento, svolgendosi in un ambiente accogliente e raffinato, ideale per chiunque desideri migliorare le proprie abilità culinarie. I corsi sono articolati in due fasi: una dimostrazione pratica dello chef e una fase di degustazione, durante la quale potrai gustare e condividere i piatti appena preparati, trasformando l'apprendimento in un vero piacere.
Sala riunioni e convegni: unisce eleganza e funzionalità
La nostra sala riunioni è progettata per ospitare una vasta gamma di eventi aziendali e convegni. Spaziosa e ben arredata, questa sala offre un ambiente ideale per incontri di lavoro, presentazioni e iniziative speciali. È il contesto perfetto per promuovere il networking, l'aggiornamento professionale e il rafforzamento dello spirito di squadra. Le nostre sale possono essere configurate per incontri tra dirigenti, trattative d'affari, o eventi sia formali che informali. Grazie all'offerta gastronomica di alto livello, ogni incontro diventa un'occasione memorabile.
Servizio di chef a domicilio: trasforma la tua casa in un ristorante di alta classe
Il nostro servizio di chef a domicilio porta la cucina di alta qualità dei migliori ristoranti direttamente nella tua casa. Questa modalità di servizio sta guadagnando sempre più popolarità, permettendoti di godere dell'ebbrezza di avere uno chef personale senza lasciare il comfort domestico. Gli chef a domicilio sono professionisti esperti che adattano i loro menu per creare eventi memorabili, sia che si tratti di cene formali che di incontri più casuali. La preparazione dei piatti avviene sotto i tuoi occhi, rendendo ogni occasione un momento speciale e personalizzato. Ogni evento gestito dal nostro chef diventa un'occasione unica, attentamente progettata per soddisfare le esigenze specifiche di ogni cliente.
Team building: crescita e divertimento
Il team building è una serie di attività pensate per rafforzare lo spirito di squadra e migliorare la coesione tra i membri di un team. Attraverso sfide cooperative e divertenti, i partecipanti lavorano insieme per raggiungere obiettivi comuni, migliorando la comunicazione e l'interazione. Le nostre attività di team building sono progettate per essere non solo efficaci ma anche coinvolgenti, creando un ambiente positivo e stimolante. Queste esperienze sono cruciali per formare team affiatati e motivati, che si traducono in prestazioni migliori sul lavoro.
Le sale eventi: location perfette per momenti indimenticabili
Le nostre sale eventi offrono lo spazio ideale per ogni tipo di festa o celebrazione. Ogni dettaglio è pensato per creare un ambiente che non sia solo un luogo, ma un punto di partenza per costruire ricordi preziosi. Che si tratti di un incontro intimo o una grande celebrazione, le nostre sale sono adattabili per realizzare l'evento che i nostri clienti hanno sempre sognato. Dalla disposizione degli spazi all'illuminazione, ogni elemento è modulabile per soddisfare le esigenze più specifiche.
Location per shooting fotografici
Cucinarea offre anche spazi ideali per shooting fotografici e produzioni video. I nostri spazi sono progettati con grande attenzione allo stile e all'arredamento, creando ambientazioni uniche che arricchiscono ogni tipo di servizio fotografico o produzione video. Dallo stile sobrio ed elegante della sala convegni, ideale per video istituzionali, all'ambiente vivace della cucina, perfetto per video culinari, ogni angolo di Cucinarea è pensato per essere fotogenico e funzionale.
Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.