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Cucinare per Pasqua e Pasquetta , due occasioni di convivialità
Una pieno di ricette per intolleranti dedicate a Pasqua e Pasquetta.
In questa categoria trovate tantissime ricette sfiziose per Pasqua e Pasquetta , due ricorrenze che gli italiani sentono parecchio. Chi per questioni di tipo religioso, chi semplicemente per ritualità o per l’occasione di stare insieme agli amici, tutti avvertono Pasqua e Pasquetta come due momenti fondamentali dell’anno. D’altronde è la stessa cultura popolare a dimostrarlo, almeno a giudicare dalla quantità di modi di dire e proverbi riguardanti queste due ricorrenze. Come tutte le festività, anche Pasqua e Pasquetta sono occasioni di convivialità fondate sull’arte culinaria e sullo stare a tavola (o in un bel prato in modalità pic-nic). A tal proposito, vengono in aiuto le tradizionali locali, che offrono una grande varietà di piatti, che difficilmente si riscontra altrove.
Senza contare la tendenza alla sperimentazione, che si ravvisa a Pasqua e a Pasquetta, più che a Natale, una festività che impone un maggiore rispetto della tradizione. Questa categoria riflette dunque una doppia alternativa. Da un lato, infatti, propone alcuni piatti tipici, come la colomba e l’agnello arrosto. Dall’altro presta il fianco alle sperimentazioni, che in alcuni casi si rivelano persino ardite. In ogni caso le ricette incarnano lo spirito pasquale, e più che “inventare di sana pianta”, reinterpretano stili culinari ed elementi ricorrenti.
Nel menù di Pasqua e Pasquetta molte ricette, poi, sono dedicate alle torte salate, che sono protagoniste delle gite fuori porta organizzate in occasione della Pasquetta. Non vi rimane, dunque, che esplorare la categoria e comporre il vostro personalissimo menù. Nei prossimi paragrafi, invece, troverete un approfondimento su Pasqua e Pasquetta, dal punto di vista culinario e non solo.
Un po’ di storia sulla Pasqua
Parlare della Pasqua da un punto di vista storico, e in riferimento alle tradizioni mediterranee, significa gettare uno sguardo lontano nel tempo, più lontano di quanto ci si possa aspettare. E’ vero, la Pasqua come ricorrenza in sè, nasce e si sviluppa nel primo millennio d.C., ma come buona parte delle ricorrenze cristiane si inserisce su un substrato di tradizioni e ritualità già presenti.
Un po’ come il Natale, che ha preso il posto dei Saturnalia (in cui si era soliti scambiarsi regali e gustare fichi secchi), la Pasqua cristiana si inserisce nelle tradizioni delle feste primaverili. Greci e romani, per esempio, solevano scambiarsi delle uova decorate per festeggiare l’equinozio di Primavera e alcuni momenti successivi, come il primo plenilunio. Ovviamente la Pasqua come la conosciamo oggi è frutto anche dell’influenza della Pasqua ebraica, che si fonda su altre motivazioni di tipo religioso e che presenta tempistiche diverse.
Alcune tradizioni in voga ancora oggi, però, sono nate nel Medioevo. La tradizione dello scambio delle uova (ovviamente non di cioccolato) è presente nel XII secolo, e ha fatto capolino in Francia per poi diffondersi anche in Italia. Stesso discorso per il consumo dell’agnello, che è stato associato alla festività solo a partire da quell’epoca.
In ogni caso, la Pasqua è da sempre associata al cibo in quanto per tradizione chiude il periodo di penitenza della Quaresima, uno dei pilastri fondanti della religione cristiana.
Dove nasce la tradizione della Pasquetta?
La Pasquetta è considerata come una semplice occasione di festa. Tuttavia nasconde un significato e un’origine religiosa ben precisa. Il nome corretto, infatti, è Lunedì dell’Angelo in cui ufficialmente si festeggia l’annuncio della risurrezione di Gesù dato dall’Arcangelo Gabriele alle donne venute al sepolcro. Va detto, comunque, che solo in alcuni Stati a prevalenza cristiana la Pasquetta è una “festa comandata”. Lo è per esempio in tutta Europa, ma non lo è nelle americhe, a eccezione del Canada e dei paesi caraibici. In Australia il lunedì è festivo, ma non è così in gran parte dell’Africa.
Per quanto riguarda la tradizione delle gite fuori porta, non è ben chiaro quando ha avuto origine e per quale motivo. Di certo, si è diffusa a macchia d’olio nel secondo dopoguerra, quando la motorizzazione di ampie fasce di popolazione ha reso possibile gli spostamenti di interi nuclei familiari. Secondo alcuni storici, comunque, la tradizione delle gite fuori porta può essere ricondotta all’episodio in cui i discepoli si spostarono verso Emmaus, che si trovava proprio a qualche chilometro di distanza da Gerusalemme. L’episodio è ricordato in quanto, secondo la tradizione evangelica, Gesù risorto sarebbe apparso durante il viaggio.
Cosa cucinare a Pasqua? Ecco ricette per la Pasqua
Le tradizioni pasquali sono numerose e varie, anche e soprattutto per ciò che riguarda la cucina. Esistono però degli elementi ricorrenti, che si ripetono sempre uguali da Nord a Sud, e che in un certo senso possono essere considerati dei simboli della Pasqua. Mi riferisco in particolare alle uova di Pasqua, alla colomba e dell’agnello. Per quanto riguarda l’uovo di Pasqua, come abbiamo visto, la tradizione getta le sue radici molto in là nel tempo. Tuttavia, nella sua forma attuale si è consolidato solo a partire dal XX secolo, quando sono esplosi due fenomeni: la cioccolata come alimento di massa e lo sviluppo dell’industria alimentare.
Proprio per questo la tradizione dell’uovo di cioccolato è diventata un pilastro delle festività pasquali, anche grazie all’intervento di famose aziende alimentari. Discorso un po’ diverso per la colomba pasquale. Questo dolce, infatti, non ha radici antiche, ma è stato inventato negli trenta a Milano dall’azienda Motta. Lo scopo era quello di creare un dolce che potesse opporsi in maniera speculare al panettone natalizio. In effetti i due dolci hanno molto in comune, a partire dall’impasto. Cambia solo la forma e la decorazione, quest’ultima è tradizionalmente formata da mandorle intere e da una glassa di zucchero. Nel corso del tempo, anche la colomba pasquale si è evoluta, e accanto al modello originario sono comparse numerose varianti: farcite, ricoperte di cioccolato, con canditi etc.
Discorso molto diverso, e anche più complesso, per quanto concerne la tradizione di consumare la carne di agnello a Pasqua. Tale tradizione può essere ricondotta alla ritualità ebraica, in cui l’agnello, soprattutto in occasione della Pasqua, acquisisce una forte connotazione religiosa. E’ con il sangue dell’agnello che gli ebrei, secondo la narrazione biblica, segnarono le porte delle proprie abitazioni, salvandosi così dalla furia della decima piaga d’Egitto. Il consumo dell’agnello si è poi consolidato fin dai primi secoli dell’era cristiana, un po’ come risultato dell’influenza ebraica e un po’ per alcuni aspetti simili ai riti pagani, che prevedevano proprio il sacrificio di una parte simbolica del pascolo.
La tradizione si è poi declinata nell’arte culinaria, infatti attualmente l’agnello viene cucinato in molti modi. Spesso si opta però per il semplice arrosto, che è comunque più complicato da preparare rispetto ai classici arrosti di vitello. Molto apprezzati sono anche i brasati e gli spezzatini. In questa categoria trovate alcune ricette che valorizzano il vitello, anche in modo non esattamente tradizionale, ma comunque ben apprezzato. Un esempio a tal proposito è la lingua di vitello con salsa di cipolle, lo spezzatino di vitello con piselli e la testina di vitello con ceci.
La Pasqua nel Nord Italia
Come ho già specificato più volte, le tradizioni pasquali si declinano in forme diverse, almeno dal punto di vista culinario. Ad incidere in questo caso sono le ampie varietà gastronomica del nostro paese. Dunque, è utile dare spazio ad alcune pietanze culinarie riservate alla Pasqua e inerenti alle culture culinarie del nord, del centro e del sud Italia. Fermo restando che negli ultimi anni si sta assistendo a una certa omogeneizzazione delle festività dal punto di vista della cucina. Proprio per questo non è raro vedere sulle tavole settentrionali come in quelle meridionali, l’ormai universale lasagna accompagnata dall’arrosto. Le tradizioni locali rimangono comunque molto vive.
Molto viva, per esempio, è la tradizione della torta verde in Valle d’Aosta. Si tratta di una torta salata realizzata con erbe aromatiche di stagione, che crescono allo stato selvatico. Torte salate a “trazione vegetale” vengono spesso preparate anche in Lombardia e Liguria. Anzi, proprio alla cucina ligure va ricondotta la tradizione della torta pasqualina, realizzata con spinaci, ricotta, uova, maggiorana e altri aromi.
Il nord Italia è anche terra di secondi se si parla di cucina pasquale. A tal proposito, è impossibile non citare il vitello tonnato di stampo piemontese e la spalla affumicata, tipica invece del Friuli Venezia Giulia. Per quanto riguarda i primi, viva è la tradizione della lasagna in Emilia Romagna, anche nella sua variante verde con ricotta e spinaci. Stesso discorso per gli agnolotti del Piemonte e per il risotto con i bruscandoli del Veneto. Per inciso i bruscandoli sono germogli di luppolo selvatico, un ingrediente poco diffuso e di certo non consumato quotidianamente.
Una delle ricette della mia regione per Pasqua e Pasquetta ! Il bussolano di Soresina è una grossa ciambella tipica dell’omonimo distretto, sito in Provincia di Cremona. E’ un dolce tipico, che viene consumato nei giorni festivi e in particolare a Pasqua. La versione moderna è molto soffice, a tal punto da ricordare il pandoro, di cui secondo molti storici è un antesignano. In passato, non veniva utilizzato il lievito, sicché la ciambella risultava dura, ma deliziosa da inzuppare nel vin santo. La lista degli ingredienti del bussolano di Soresina non desta grandi sorprese, infatti troviamo la farina, il burro, le uova, lo zucchero e il lievito. Nella versione che vi presento oggi, però, è presente qualche aroma agli agrumi e la granella di zucchero. Il primo serve a insaporire il dolce, la seconda a decorarla.
La Pasqua nel Centro Italia
Per quanto concerne il centro Italia, la cucina pasquale spicca soprattutto per i secondi. Sicché la Toscana esprime tutta la sua passione culinaria con le frattaglie con i crostini di fegato e con il buglione di agnello, che prevede anche pezzi di taglio più nobili. La Toscana eccelle anche in quanto a dolci, come dimostra la tradizione del Pan di Ramerino, una pagnotta dolce e dal sapore intenso, dal momento che è arricchita dall’uvetta, ma anche dal rosmarino. Il Lazio si distingue nella preparazione dei secondi e dei contorni. In quest’ultimo caso, i protagonisti rimangono i carciofi, un pilastro della cucina laziale. Molto diffusa anche la tradizione dell’abbacchio e della corallina. Con quest’ultimo termine si intende un salume dolce molto buono, benché quasi sconosciuto al di là dei confini regionali.
Della cucina pasquale umbra, invece, si apprezzano soprattutto le pizze dolci, che vengono preparate con uvetta, canditi e cannella. Forte è anche la tradizione delle carni rosse, come suggerisce la ricetta dell’agnello tartufato e della coratella di agnello. Con coratella, per inciso, si intendono le interiora degli animali di piccola taglia. Le vicine Marche vantano tradizioni simili, almeno per quanto concerne i principi fondamentali, sicché troviamo la “crescia di Pasqua”, una torta salata che ricorda una piadina farcita.
La Pasqua al Sud Italia
Anche il sud Italia offre moltissimo in quanto a cucina pasquale. L’alto meridione, e in particolare Molise e Abruzzo, offrono splendidi secondi a base di agnello. E’ sia abruzzese che molisano il leggendario agnello cacio e uova, una deliziosa bomba di calorie e proteine. Se si parla di Pasqua e di Campania, il primo pensiero va invece alla celeberrima pastiera napoletana. Come sicuramente già saprete, è un dolce che ha pochi eguali, se non altro perché dall’esterno assomiglia a una crostata, ma è comunque soffice come una torta con ripieno. Protagonista della vera pastiera napoletana sono la ricotta, le uova e i canditi. All’apparenza la ricetta è molto semplice, ma in realtà la pastiera impone una sfida non da poco, ossia ricreare un perfetto equilibrio tra compattezza e morbidezza. Molte pastiere, infatti, vengono o troppo asciutte o troppo umide.
Per quanto concerne la Puglia, si segnala una certa tradizione in fatto di torte salate, in parte commutata dalla tendenza della cucina pugliese a prediligere gli impasti salati (vedi le focacce). Non mancano però i secondi, come il brodetto di Pasqua e l’agnello in pasta di mandorle. Il brodetto vede la presenza dell’agnello e dei piselli. L’agnello in pasta di mandorle è invece uno dei rari casi di piatto “agrodolce” autoctono della cucina italiana. La cucina lucana, in occasione della Pasqua, si incentra sulle torte, siano esse salate o dolci. Nella prima categoria troviamo la Cuzzola, realizzata con salame, formaggio e uova. Nella seconda troviamo invece il Falaone, un dolce a base di ricotta, racchiusa in un impasto molto spesso.
La Calabria vanta una discreta tradizione in fatto di primi. Molto in voga sono i fusilli con la nduja. Per quanto concerne i secondi, molto sentita è la tradizione del capretto, soprattutto nelle zone rurali del reggino e del cosentino. Per quanto concerne i dolci, si segnalano le nepitelle, che sono dei ravioli zuccherati con un ripieno di miele. La tradizione pasquale siciliana si fregia di un vasto armamentario di ricette. A Ragusa si consuma ogni anno l’impanata pasquale, che è una specie di torta salata con un ripieno (molto abbondante) di carne. In alcune zone della Sicilia si cucina la gallina con il riso. Dappertutto, ma soprattutto tra Palermo e Trapani, si prepara la mitica cassata, che è diventato ormai un dolce buono per tutto l’anno.
Condivisa con la Calabria è la tradizione della cuddura con uovo, un dolce secco dalla consistenza simile al biscotto, che ricopre uno o più uova intere sode. Molto peculiare è la cucina pasquale sarda. D’altronde è la Sardegna a rappresentare un unicum in generale sul fronte culinario. Il riferimento è in particolare alla Panada, una pietanza a metà strada tra la torta salata e il piatto unico. Uno strato molto spesso di pasta nasconde un abbondantissimo ripieno di carne di agnello, patate e carciofi. La panada assume forme diverse, ma in genere rievoca quello del cestino.
Altre interessanti ricette pasquali, tutte da gustare
Concludo la descrizione di questa categoria dedicata alla Pasqua e alla Pasquetta con altre interessanti ricette da gustare, che allieteranno al meglio le vostre festività. Inizio con i crostini con uova di quaglia ed hummus di ceci Noa, una vera delizia per uno spuntino o un antipasto diverso dal solito. La ricetta è davvero semplice da preparare, basta procurarvi 4 fette di pane consentito ai cereali, le uova di quaglia, una confezione di hummus di ceci Noa di Exquisa e un po’ di erbe aromatiche. Poi potreste optare per una faraona ripiena con mele e prosciutto, davvero una bontà che vi farà fare un figurone. Negli ingredienti non c’è nulla di particolare, basta procurarvi la faraona dalla vostra macelleria di fiducia, ordinandola magari per tempo.
Infine vi lascio con una deliziosa torta charlotte con crema al mascarpone e frutti di bosco, un dolce davvero delizioso, elegante e diverso dal solito. Per la preparazione procuratevi del mascarpone consentito, un pacco di savoiardi (consentiti), panna, confettura e frutti di bosco (mirtilli, fragole, ribes e lamponi) che vi serviranno per la decorazione finale. La torta ha un notevole impatto visivo ed è ricca di proprietà nutritive, grazie al carico di antiossidanti dato dai frutti di bosco. Ricordatevi soltanto che la torta va messa in frigorifero per circa 3 ore prima di essere servita. Che ne dite, vi ho stimolato un po’ di curiosità?
Una novità! La cream tart è un classico della cucina francese. Uno dei suoi punti di forza è la versatilità, infatti esistono molte varianti, che giocano sia sulla composizione della frolla che sulla decorazione. E’ proprio ciò che fa questa cream tart di Pasqua, che propone una pasta frolla molto particolare e dal carattere decisamente agrumato. Infatti, l’impasto prevede la scorza di limone e quella di arancia, un modo per dare un tocco di sapore in più alla torta, in una prospettiva di equilibrio e salute.
Tra l’altro, l’impasto di questa torta è realizzato con due farine gluten-free, dunque può essere consumato anche dagli intolleranti al glutine e dai celiaci. Nello specifico, la lista degli ingredienti contiene la farina di riso e la farina di mandorle. La prima si caratterizza per un sapore delicato e per la quasi totale assenza di grassi, compensati da una buona concentrazione di vitamine e sali minerali. La farina di mandorle, invece, è un po’ più grassa, ma in compenso apporta la preziosa vitamina E e gli acidi grassi omega tre, che fanno bene al cuore e al sistema nervoso centrale. Per inciso, questa cream tart è dedicata alla Pasqua in quanto la sua forma rievoca quello di un coniglio, un animale tradizionalmente associato a questa festa.
Si può preparare, cambiando la forma e gli ingredienti, per ogni tipo di festa o ricorrenza. A forma di albero di Natale o con dei numeri (number cake) per una festa di compleanno!
Le number cake, per chi non lo sapesse (nota anche come cream tart), sono torte a forma di numero, che in alcuni paesi vengono preparate per le feste di compleanno. Ne esistono di tanti tipi, a tal punto che l’unico denominatore comune è la forma, che richiama ad un numero ben preciso (quello degli anni compiuti). Di seguito trovate la ricetta, che in verità lascia molto margine di discrezione per quanto riguarda l’impasto, la farcitura e la decorazione.
Di torte per i 60 anni ne ho visionate in quantità industriali prima di decidere come fare la mia. Per le decorazioni della torta ci ho messo un po’ a trovare la soluzione che faceva per me. Ma alla fine ci siamo riusciti.
Sfogliate tutte le ricette di Pasqua e Pasquetta! La cucina per Pasqua è molto colorata e ci ricorda che è primavera.
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.