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Ricette per intolleranti dedicate al Natale
Ricette per intolleranti dedicate al Natale, la festività per eccellenza
Ricette per Natale dedicate alle persone intolleranti al glutine, al lattosio, al nichel o vegetariane. Il Natale è una delle festività più sentite, non solo nel mondo occidentale. E’ infatti considerata da molti la festa più importante dell’anno e l’unica veramente in grado di determinare un clima di allegria e spensieratezza. E’ un’occasione per rinsaldare gli affetti e per coltivare ulteriormente i legami familiari.
La magia del Natale è sentita da tutti, bambini e adulti. Tra l’attesa di Babbo Natale e i momenti di gioco che si sostituiscono allo studio, il Natale scorre (o dovrebbe scorrere) sempre sereno per i più piccoli. I grandi, invece, hanno l’opportunità, per qualche giorno, di dimenticare le ansie e le avversità della vita quotidiana, abbandonandosi a un clima di tranquillità e allegria. Per molti, ovviamente, il Natale è un’occasione per esprimere la propria spiritualità e vivere un momento all’insegna della contemplazione, nel rispetto delle tradizioni più intime della religione cristiana.
Il Natale a tavola
Il Natale è anche un’occasione per mangiare, non sempre in modo sano. Almeno in Italia, è sinonimo di grandi abbuffate. Non che sia necessariamente una buona cosa mangiare oltre le proprie esigenze, ma se non si “sgarra” a Natale, quando è possibile farlo? Quindi, tanto vale farlo in grande stile, garantendo per sé e per i propri commensali piatti davvero buoni e dotati di grande impatto visivo. La tradizione, che in Italia è diversa da regione da regione, offre gli spunti necessari per preparare un pranzo o una cena di Natale degni di questo nome. Ciò non toglie che si possa andare oltre la tradizione, oppure semplicemente rivisitarla, magari per provare qualche piatto diverso dal solito, e magari a prova di intolleranze alimentari. A tal proposito il pranzo di Natale sostenibile può essere un’alternativa originale e vincente!
La sezione delle ricette per Natale nasce proprio a questo scopo, ossia partire dalla tradizione per offrire qualche spunto “diverso” e interessante, in grado di incuriosire e soddisfare tutti i palati. Accanto ai classici capponi, mini panettoni personalizzati e ai pandori farciti, quindi, trovate anche piatti creativi, che interpretano non solo le ricette più consolidate, ma incarnano – spesso visivamente – lo spirito del Natale. Alberelli di pasta sfoglia, quiche di pasta sfoglia a forma di stella di Natale, torroni trasformati in semifreddo, panettoni salati “gastronomici” e molto altro ancora. Tutto questo troverete nella sezione dedicata al Natale. Il leitmotiv di queste ardite, ma gradevoli, preparazioni è solo il gusto.
A questo punto occorre fare una precisazione, a cui tengo molto. Per chi soffre di intolleranze alimentari non cambia nulla. Certo, chi riceve una diagnosi di celiachia, o soffre di intolleranza al lattosio o al nichel, rischia di vivere il Natale con una punta di preoccupazione in più. In realtà è relativamente facile venire a patti con i propri disturbi, anche quando si progettano tavolate abbondanti. In primis perché le alternative non mancano, tra farine esotiche, farine nostrane gluten free e prodotti lattiero-caseari delattosati, ma ugualmente squisiti. In secondo luogo perché la cucina anti-intolleranze, per quanto possa sembrare strano, non è riservata solo a chi ha disturbi alimentari. In realtà è gradevole per tutti, anzi può essere un’occasione per provare qualcosa di diverso e gradevole, e magari qualche interessante ricetta esotica.
L’importante è sapere come fare, e come interpretare anche in senso natalizio ricette adatti a tutti, inclusi coloro che hanno problemi di intolleranze alimentari. Nonnapaperina è qui proprio per questo! Fatta questa importante precisazione, vi lascio con qualche notizia sfiziosa sulla cucina natalizia, inerente principalmente alle tradizioni italiane, ma arricchite da qualche curiosità sulla gastronomia estera.
Le tradizioni natalizie del nord Italia
Nell’immaginario collettivo la cucina del nord Italia è snella, asciutta e non troppo abbondante. Questo pregiudizio si riflette anche sulla percezione che, dalla Pianura Padana in giù, si ha della cucina natalizia dell’Italia settentrionale. D’altronde, anche molti comici paragonano le due gastronomie, quasi si dovesse giocasse l’ennesimo derby tra nord e sud. Si tratta, per l’appunto, di un pregiudizio. In realtà le tradizioni gastronomiche natalizie dell’Italia settentrionale regalano enormi soddisfazioni, oltre ad avere una propria identità che presta il fianco a tavolate più che abbondanti.
Certo, parlare di cucina settentrionale può essere complicato, vista la varietà che corre tra una regione all’altra, e persino tra una città e l’altra. Tuttavia, possiamo rintracciare alcuni elementi ricorrenti, come le paste ripiene, realizzate con impasti particolarmente caserecci. A tal proposito come non menzionare i tortelli di zucca alla mantovana, di solito cotti nel brodo di tacchino, o anche i canederli in brodo tanto in voga nel Trentino. Stesso discorso per gli agnolotti piemontesi.
Nelle ricette per Natale non mancano, infine, anche le zuppe, che spesso uniscono elementi di carne e vegetali. E’ il caso della brovada e muset, che vede come protagonisti il cotechino e la rapa, praticamente un’istituzione in Friuli. Per quanto riguarda i secondi si dà più importanza alla carne che al pesce. A tal proposito il pensiero corre al bollito misto, ma non mancano pietanze ittiche, come l’anguilla al cartoccio, che si prepara in genere nella Lombardia orientale. Le tradizioni natalizie del nord Italia brillano anche per quanto riguarda i dolci. Una menzione di merito va fatta però ai dolci “nordici”, che hanno saputo valicare i confini regionali e assumere una dimensione nazionale, ad esempio il panettone milanese e il pandoro veronese.
Le tradizioni culinarie natalizie del centro Italia
La cucina natalizia del centro Italia riprende in parte gli elementi della cucina settentrionale, ma presenta ovviamente delle ricche specificità. Sicché, accanto ai passatelli dell’Emilia Romagna, che seguono i principi di alcune paste venete, e agli immancabili tortellini, troviamo i timballi di riso delle Marche e dell’Umbria. Anche qui si ravvisa una commistione tra i primi e i secondi, vista l’abbondanza della carne che si ritrova nei sughi.
Nelle ricette per Natale dedicate ai secondi, dominano i fritti del Lazio, in cui la commistione con la cucina del sud Italia si fa sentire. Il baccalà e il capitone sono le “vittime” designate di questa deliziosa tradizione. Dominano anche i secondi di carne, spesso ripieni, che vedono come protagonisti il cappone e il tacchino. Le tavolate, poi, sono ben presidiate dagli insaccati e dai salumi che fanno capolino proprio in occasione del Natale. Il riferimento più gustoso è probabilmente la coppa piacentina.
Per quanto concerne i dolci, la tradizione centro-italica è lontana dai pandori e dai panettoni, ma è ugualmente squisita. A tal proposito è impossibile non menzionare il panpepato umbro, un dolce davvero buono e “pesante”, che sprigiona un vero e proprio caleidoscopio di sapori. In Emilia Romagna, e in particolar modo a Bologna, si è soliti preparare un dolce quasi sconosciuto nel resto d’Italia, il “panone di natale”, realizzato con mostarda di cotogne, miele, cioccolato, farina e fichi secchi.
Le tradizioni culinarie natalizie del sud Italia
Parlare dei piatti tipici natalizi meridionali significa tirare in ballo un insieme di tradizioni anche molto diverse tra di loro. Si potrebbero scrivere libri interi (e spesso è stato fatto) sulla cucina campana, come su quella pugliese, calabrese, siciliana, molisana, abruzzese, sarda e lucana. Tuttavia è possibile rintracciare qualche elemento ricorrente anche in questo caso. Il punto in comune più vistoso riguarda comunque la ritualità. Se al nord e in molte parti del centro si festeggia il 24 o il 25, quindi si prepara il cenone o il pranzo di Natale, al sud si preparano entrambi. Di base si riserva il pesce alla vigilia e la carne per il 25 dicembre.
La vigilia, dunque, è dappertutto un trionfo di pietanze ittiche. Gli spaghetti con le vongole sono tecnicamente una specialità campana, ma arricchiscono la vigilia di tutto il sud Italia. In Sicilia e in Calabria a prendere il sopravvento sono le acciughe e il pesce spada, dal momento che molti piatti tipici di queste regioni – non solo natalizi – li vedono come protagonisti.
Per quanto riguarda, invece, i primi piatti dei pranzi di Natale, si è soliti preparare le lasagne al forno, la pasta al forno o i cannelloni. In questo caso parliamo quindi di pietanze nazionali più che regionali, visto che la tradizione è bene attestata ovunque. E che dire dei fritti, che vedono come protagonisti il baccalà, con a seguire i vari capitoni, anguille etc. Grande spazio viene riservato anche ai frutti di mare, cucinati semplici per valorizzare il sapore del mare o addirittura presentati a mo’ di insalata.
Per quanto riguarda i dolci, a dominare nell’immaginario collettivo vi è la pasticceria campana, che d’altronde è una delle migliori del mondo. Potrei menzionare decine e decine di dolci, ma mi limito agli struffoli, che sono tra i miei preferiti: piccole palline di impasto dolce, fritte e cosparse di miele, oltre che essere decorate con confettini e frutta candita. Un dolce che unisce un po’ tutte le regioni del sud Italia, per quanto declinato in molte varianti, è il mustacciolo. Viene preparato dalla Campania alla Calabria, passando per il Salento e la Sardegna, ed è tra i dolci più legati al Natale. Un altro dolce che unisce, e che si ritrova spesso anche nelle tradizioni del nord, è il torrone. Molto buono è quello calabrese, e nello specifico quello di Bagnara Calabra, nel reggino. Trovate tante ricette per Natale semplici e veloci ma trovate anche dolci particolari ma d’effetto.
Gli elementi ricorrenti dei primi piatti natalizi
In questo paragrafo vorrei affrontare la cucina natalizia da un punto di vista diverso, ovvero da quello nutrizionale. Nello specifico, parlerò di alcuni elementi ricorrenti e ne descriverò le caratteristiche in termini nutrizionali. Può sembrare fuori luogo, visto che a Natale si è disposti ad allentare il buco della cintura e a mangiare ben oltre la sazietà. Tuttavia è doveroso, anche per le tradizioni gastronomiche più viscerali, esprimere una sorta di intelligenza consapevole sul cibo che si ingerisce durante queste festività.
I primi sono ovviamente un’incredibile fonte di carboidrati, e non potrebbe essere diversamente. Tuttavia, l’abbondanza dei sughi di carne e di condimenti a base di pesce forniscono molte proteine e grassi, utili per il nostro organismo. Come abbiamo visto, poi, alcuni ripieni – specie nelle tradizioni settentrionali – prediligono gli alimenti di origine vegetale, faccio riferimento ovviamente alle zuppe. In questo caso si segnala un deciso sbilanciamento dei nutrienti a favore delle vitamine e dei sali minerali. Specie al nord, poi, il Parmigiano e il Grana Padano abbondano, non solo nella veste di condimento finale, ma anche come ingrediente vero e proprio. In questo caso è scontato l’apporto di calcio e di proteine, caratteristico di questi due pilastri della tradizione lattiero-casearia italiana.
Gli elementi ricorrenti nei secondi piatti natalizi
Per quanto riguarda i secondi, è bene riservare ampio spazio alle carni rosse, a quelle bianche e ai vari tipi di pesce. Per quanto riguarda le carni rosse, va rilevata un’eccellente concentrazione di proteine, superiore agli altri alimenti di origine vegetale. A fronte di un quantitativo di grassi spesso proibitivo (e qui il riferimento è alla carne di maiale), va evidenziato l’apporto di ferro, che è essenziale per il nostro organismo, soprattutto per chi è affetto da anemia. Sono sicuro che pochi di voi pensano all’apporto di ferro mentre addentrano un bel bollito, ma è comunque un aspetto da considerare.
Le carni bianche, e in primis di tacchino e cappone, si fanno apprezzare per la loro leggerezza di fondo. Essa riguarda sia l’apporto calorico, che è generalmente più contenuto, sia la qualità delle proteine, che è spesso superiore a quella delle carni rosse ed esprime una maggiore digeribilità. Va detto, poi, che il cappone e il tacchino contengono in genere una quota inferiore di grassi, a cui si associa un apporto di sali minerali più ampio e variegato.
Per quanto riguarda i pesci, si segnala non solo il contenuto di proteine, ma soprattutto quello dei grassi che fanno bene alla salute. Impossibile non nominare gli acidi grassi omega tre, che giovano all’apparato cardiocircolatorio, agli organi visivi e al sistema nervoso centrale. Stesso discorso per le vitamine e per i sali minerali, il cui apporto è davvero singolare, il riferimento è alla vitamina D, molto rara in natura e fondamentale per il sistema immunitario. I pesci, inoltre, sono un fonte eccellente di fosforo, che sostiene le performance cognitive.
Gli elementi ricorrenti nei dolci natalizi
Quando si parla di dolci natalizi si apre un mondo, anche se si limita il discorso all’ambito nutrizionale. Voglio però soffermarmi su una particolarità dei dolci natalizi, condivisa da tutte le tradizioni (da nord a sud), che getta le sue radici in tempi molto antichi, quando il cioccolato veniva poco usato e predominava l’utilizzo della frutta secca. Buona parte dei dolci natalizi, infatti, vede come protagonisti mandorle, noci, nocciole etc. In realtà è un fatto positivo, infatti, nonostante sia calorica, la frutta secca contiene grassi che fanno bene alla salute, oltre a sali minerali (fosforo e magnesio in primis) e vitamina E. Quest’ultima esercita una funzione antiossidante, dunque contrasta i radicali liberi e aiuta a prevenire il cancro.
Stesso discorso per il miele, che viene privilegiato spesso nella veste di dolcificante rispetto al più reperibile zucchero. Il miele è un ingrediente prezioso in quanto non si limita a conferire dolcezza, ma è ricco di sali minerali e antiossidanti. Senza dimenticare la sua azione antibatterica, antisettica e antinfiammatoria. Va detto, poi, che l’indice glicemico del miele è inferiore a quello dello zucchero.
Il Natale è la festività per eccellenza, la ricorrenza più amata da grandi e piccini. Una ricorrenza dall’atmosfera unica, resa ancora più suggestiva da riti e abitudini che ne scandiscono i momenti. Alcuni di questi, lo sapete già, sono dedicati alla tavola. Anzi, il Natale (tra le altre) è la festa delle grandi abbuffate, del mangiar bene e abbondante.
Molti liberano i propri freni inibitori a Natale, e accantonano timori sulla linea e sulla forma fisica. Non è sempre una buona idea, ma come non comprenderli? Proprio al Natale sono dedicate alcune delle ricette più buone in assoluto, che siano primi, secondi o dolci.
Natale e Capodanno sono tempi di abbuffate. Buona parte della tradizione italiana, infatti, si fonda sul mangiare bene e tanto. Il richiamo di un pasto luculliano è per molti irresistibile, senza contare i fuori-pasto, che negli ultimi giorni dell’anno, sia per una certa predisposizione d’animo che per le continue visite a parenti e amici, abbondano particolarmente. Tra cenoni, pranzi, panettoni, pandori e torroni non ci facciamo mancare niente. Le abbuffate non fanno certo bene al nostro organismo, e non solo per il rischio di prendere peso.
Le abbuffate, un rischio anche per chi soffre di intolleranze alimentari e non solo
Natale e Capodanno sono tempi di abbuffate. Buona parte della tradizione italiana, infatti, si fonda sul mangiare bene e tanto. Il richiamo di un pasto luculliano è per molti irresistibile, senza contare i fuori-pasto, che negli ultimi giorni dell’anno, sia per una certa predisposizione d’animo che per le continue visite a parenti e amici, abbondano particolarmente. Tra cenoni, pranzi, panettoni, pandori e torroni non ci facciamo mancare niente. Le abbuffate non fanno certo bene al nostro organismo, e non solo per il rischio di prendere peso. Ecco, dunque, una piccola guida per rimediare alle abbuffate e risolvere i problemi che rischiano di pesare sulla nostra salute, a breve e a lungo termine.
La questione, va detto, riguarda tutti, anche chi soffre di problemi alimentari. Si pensa, infatti, che un celiaco o un intollerante al lattosio abbiano meno occasioni di andare oltre le normali porzioni. D’altronde, la lista di cibi compatibili con questa patologia si presuppone essere davvero ristretta. In realtà, l’imbarazzo della scelta riguarda anche chi soffre di intolleranze, sensibilità e allergie in generale. La varietà di alimenti è così abbondante che anche gli intolleranti possono cedere al richiamo delle abbuffate.
Se proprio vi abbuffate fate come me! Il finocchio, è una pianta erbacea che appartiene alla famiglia delle Ombrellifere. Diffusa in tutta l’area del Mediterraneo, secondo alcune testimonianze storiche era utilizzata anche dagli antichi Egizi e dai Greci.
Quali sono le sue proprietà? La principale è senza dubbio il basso apporto calorico. Si parla infatti di sole 31 calorie per ogni singolo etto.
Povero di grassi e ricco di fibre, il finocchio è alleato della regolarità intestinale e aiuta a prevenire i picchi glicemici, alla base delle abbuffate fuori pasto.
Vediamo insieme tutte le ricette per Natale che mi sono venute in mente. Ne manca qualcuna? Fatemelo sapere!
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.