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Carnevale, ricette all’insegna del gusto e della creatività
Il Carnevale, una festa per tutti. Una festa anche per chi ha delle intolleranze alimentari.
In questa sezione trovate tante idee per un Carnevale all’insegna del gusto, della tradizione e della creatività. Le ricette sono molto varie e alcune sono frutto della fantasia e della voglia di innovare, peraltro stimolata dallo spirito di questa festa particolarissima, che porge il fianco alla stravaganza e agli eccessi. Altre si ispirano alla tradizione, che è molto generosa anche quando si parla di ricette per il Carnevale. D’altronde stiamo parlando di una ricorrenza con secoli di storia alle spalle, se non addirittura millenni (certo con altri nomi e altre forme).
Il Carnevale è una delle feste più amate dai bambini, infatti tra i ricordi più dolci della propria infanzia spiccano proprio quelli legati al Carnevale. Certo il motivo risiede nella possibilità di travestirsi e di impersonificare questo o quel supereroe, ma è l’atmosfera di allegria a rendere il Carnevale davvero speciale. Un’atmosfera che si declina in colori e suoni inconfondibili, ma anche in una ritualità quanto mai varia e legata alle tradizioni locali. Anche perché non esiste un solo Carnevale. Alcuni sono decisamente più belli di altri, e hanno conquistato da parecchio tempo il rango di evento “irrinunciabile”.
Alla luce di ciò, possiamo affermare una verità di cui, in cuor proprio, tutti sono convinti. il Carnevale non è solo la festa dei bambini, ma in realtà è la festa di tutti. E come ogni festa che si rispetti viene vissuta anche a tavola. Non esiste un vero e proprio pranzo di Carnevale, come accade per il Natale, il Capodanno e la Pasqua. Le ricette però sono altrettanto conviviali, e infatti vengono sfoderate in occasioni delle festicciole. Non vi rimane che tuffarvi nel mondo del Carnevale, anzi nel suo scorcio più gustoso, ossia quello relativo alle ricette. Qui di seguito, invece, trovate un approfondimento sul Carnevale in generale. Parlerò della sua lunga storia e descriverò alcuni carnevali importanti, sia italiani che esteri.
La storia del Carnevale
La storia del Carnevale è molto lunga, soprattutto se si allarga il campo alle ricorrenze che, in età classica, sono state da ispirazione per la festività moderne. Da sempre le civiltà hanno riservato un certo periodo dell’anno ai festeggiamenti sfrenati, da intendere come uno strappo alla regola. Presso i greci e i romani, tale periodo era caricato anche di un significato religioso, in quanto veniva dedicato a Bacco, il dio del vino. Con l’avvento del cristianesimo, le celebrazioni per il dio Bacco vennero progressivamente viste di cattivo occhio, in quanto associate ad un’anacronistica ritualità pagana.
La necessità di cedere agli eccessi, e circoscriverli in un certo senso, era comunque troppo forte, sicché nel corso del tempo la festa è stata recuperata e spogliata di ogni significato religioso, proprio per differenziarla dal contesto cristiano. E’ così che nasce il Carnevale moderno, che ha chiare origini medievali. A livello temporale il Carnevale è stato posizionato a febbraio. Il periodo appena precedente alla Quaresima era sembrato il più adatto ad una festa che puntava all’eccesso. Prima il piacere e poi la penitenza, secondo un canovaccio coerente con l’ideologia del tempo.
Tale dinamica è evidente già nel nome. Carnevale, molto probabilmente, deriva dal latino medievale “Carnem Levare”, che può essere tradotto più o meno con “eliminare la carne della dieta”. Con il Carnevale, infatti, si diceva addio alla carne, e ad altri piaceri, per qualche tempo (ovvero fino alla Pasqua). Il Carnevale, per quanto rivoluzionato nel suo significato più superficiale, ha conservato un substrato classico. I riti sono diversi, ma l’atmosfera è la stessa delle vecchie celebrazioni baccane. Tra l’altro, nel corso dei secoli la forma del Carnevale si è evoluta e si è differenziata geograficamente. Sicché, ad oggi, si parla di diversi tipi di Carnevale, ovvero delle declinazioni locali di questa importante festa.
I migliori Carnevali d’Italia
Tra i più belli Carnevali d’Italia spicca quello di Viareggio. Le sue origini risalgono all’Ottocento, quando sono comparsi alcuni elementi insostituibili, come le caricature di cartone che sbeffeggiano personaggi famosi e politici. E’ anche un carnevale piuttosto lungo, in quanto dura per tre settimane e mezzo. Il giorno più importante è l’ultimo, quando si tiene il Corso Mascherato di Chiusura, e allo stesso tempo sfilata e contest.
In quest’ottica è impossibile non menzionare il Carnevale di Acireale. E’ con tutta probabilità il più bel Carnevale del sud Italia. E’ anche uno dei più antichi, dal momento che è nato – nella forma che conosciamo oggi – all’inizio del cinquecento. E’ una splendida e coloratissima esibizione di maschere e carri, realizzati soprattutto con la cartapesta. Il tratto peculiare del Carnevale di Acireale è la dimensione dei carri, che sono davvero mastodontici.
Il Carnevale di Cento è altresì importante e alquanto particolare. Si basa non tanto sui carri, quanto sulle maschere. In questo Carnevale vi è la tradizione di bruciare la maschera più bella a fine festa, con un gigantesco falò a Piazza Guercino. Il Carnevale di Cento è tra i più lunghi al mondo. Infatti, si protrae fino all’8 marzo, che cade spesso e volentieri in piena Quaresima.
Molto particolare è anche il Carnevale di Fano, che si basa sulle maschere e sui carri, ma punta molto anche sulla musica. E’ nato a ridosso del Rinascimento, dunque è tra i più antichi d’Italia. E’ anche piuttosto corto, dal momento che dura una decina di giorni. Si caratterizza per una tradizione particolare, infatti durante la sfilata vengono lanciati dai carri grandissime quantità dolciumi, cioccolate e caramelle.
Un Carnevale decisamente sui generis è quello di Putignano (Puglia). E’ nato nel Trecento ed è quindi il Carnevale più antico d’Italia e anche uno dei più bizzarri, in quanto mantiene buona parte delle ritualità medievali. L’antica tradizione è testimoniata dall’aspetto dei carri, decisamente grotteschi e spesso raffiguranti maschere apotropaiche, piuttosto che figure dell’attualità.
Un altro Carnevale strano è quello di Mamoiada, in Sardegna. In questo Carnevale le tradizioni più antiche e viscerali vivono in una festa dai colori particolari, ora pastello ora scuri, dove il misticismo incontra le atmosfere più allegre. E’ certamente il Carnevale più “culturale”, in quanto permette di entrare addentro a una cultura particolare come quella sarda. Basti pensare che la maschera più rappresentata è quella dei Mamuthones, che vestono di pelliccia scura e suonano campane a morto.
Infine, il Carnevale più famoso d’Italia, ossia quello di Venezia. Non è particolarmente lungo, infatti dura solo due settimane (dall’8 al 25 febbraio). Tuttavia, racchiude il meglio del Carnevale in tutte le sue declinazioni: feste, balli, maschere, carri. Insomma, un vero e proprio tripudio di colori. Il Carnevale di Venezia attira ogni anno turisti da tutto il mondo.
Il Carnevale all’estero
Ovviamente, il Carnevale non è un’esclusiva italiana. Anche all’esterno si festeggia questa ricorrenza, e lo si fa in modo sgargiante. Quando si parla di Carnevali esteri, è impossibile non citare quello di Rio. In Brasile, d’altronde, il Carnevale – per quanto possa sembrare strano – è la festa più importante di tutte. Dai brasiliani è più sentita del Natale, della Pasqua e del Capodanno. Tale affezione è testimoniata dalle dimensioni della festa, che sono decisamente colossali, almeno per la quantità di persone che richiama.
I Carnevali brasiliani, tuttavia, sono circoscritti nel tempo. Di base, durano una decina di giorni, infatti quello di Rio si tiene tra fine febbraio e la prima settimana di marzo. Le ritualità tipiche del Carnevale europeo si fondono con le tradizioni carioche. Sicché non stupisce che le sfilate si trasformino molto facilmente in una gigantesca e collettiva danza, ovviamente a ritmo di samba. Spesso alle sfilate partecipano migliaia di ballerini, danzatrici vestite in abiti succinti e molto altro ancora.
Diverso dal nostro ma molto suggestivo è il Carnevale di Binche, in Belgio. Si caratterizza, oltre che per le sfilate, le maschere e i carri, anche per alcune tradizioni bizzarre. Per esempio è vivacizzato dalla presenza di Gilles, persone mascherate che vagano per la città a creare caos e disordine. Spesso, agitano lunghi bastoni nell’intento di scacciare gli spiriti cattivi.
In Europa, tra i carnevali più belli spicca quello di Cadice. E’ un Carnevale a metà strada tra un classico Carnevale (all’insegna di balli, sfilate di carri e maschere) e un Carnevale diverso, con una forte impronta locale. Il riferimento, in questo caso è alla tradizione delle canzoni satiriche. Questo tipo di canti vengono composti per l’occasione e cantati a squarciagola per le strade della città. Se volete rimanere in Spagna, non potete rinunciare al Carnevale di Sitges. E’ molto simile a quello di Cadice, eccetto che per un particolare: l’ultimo giorno il Re del Carnevale, eletto dalla comunità locale, inscena un colpo di Stato, rovesciando il sindaco e creando delle regole alquanto bizzarre.
Stesso discorso per il Carnevale di Las Palmas (isole Canarie). E’ un misto tra il classico Carnevale europeo e un Carnevale brasiliano. E’ infatti organizzato e vissuto all’insegna della musica e dei balli. Di recente si è affermata la tradizione delle sfilate delle drag queen, che si conclude con l’elezione della migliore drag. A risuonare, in ogni caso, sono le frenetiche note della batucada, una musica popolare delle Canarie molto simile alla samba.
Le ricette tipiche del Carnevale
La stragrande maggioranza delle ricette tipiche di carnevale sono i dolci. D’altronde si tratta di una festa dedicata al piacere, e cosa c’è di più buono di un dolce? In Italia le tipicità sono davvero numerose, benché vi sia una gastronomia alquanto condivisa. D’altronde molte ricette differiscono solo per il nome.
Le chiacchiere, per esempio, sono note anche come cenci, bugie, frappe, sfrappole, menzole, crostoli, intrigoni, galani e molto altro ancora. Per inciso sono un po’ la ricetta nazionale del Carnevale, anche perché sono molto semplici da realizzare (preparle davvero bene è però un altro paio di maniche). Rimanendo sul tema dei dolci fritti, è impossibile non menzionare la cicerchiata. E’ preparata ovunque ma è originaria dell’Italia centro-appenninica (Abruzzo, Marche e Molise). Ha in comune tantissimo con gli struffoli, che però sono napoletani e vengono preparati a Natale. L’impasto è leggermente diverso, infatti in questo caso si utilizza la farina, l’uovo e l’olio di oliva, arricchito da zucchero, limone e liquore.
Tra i dolci lievitati spicca invece la schiacciata dolce fiorentina. La sua peculiarità consiste nell’altezza, che non deve superare i 3 cm. E’ comunque un dolce soffice, realizzato con un impasto semplice, arricchito da abbondante zucchero a velo. Non di rado, l’impasto è valorizzato da scorzette di arancia candita. Di recente, inoltre, si stanno diffondendo versioni con panna montata, la crema pasticciera e la crema al cioccolato. In alcune regioni d’Italia il Carnevale è caratterizzato anche dal sanguinaccio. La tradizione, in particolare, è viva soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia. Il sanguinaccio non è preparato solo con il sangue di maiale, ma anche con il cioccolato fondente molto amaro. Si tratta di una crema dal sapore forte e decisamente aromatico, anche perché è arricchita con il mosto cotto d’uva, con la cannella e con le noci.
La focaccia di Carnevale salentina è un succulento piatto tradizionale delle province di Lecce, Brindisi e Taranto. Si prepara durante il martedì grasso per concludere le festività del Carnevale ed è considerato un piatto unico. Non a caso si tratta di una torta salata corposa e davvero abbondante, sia come dimensioni (è piuttosto alta), che come sapori. Sbagliate però se pensate alla focaccia di Carnevale salentina come a una preparazione piuttosto grassa. Certo, non è il massimo per chi sta a dieta, ma non supera i limiti di guardia da questo punto di vista. Il ripieno è ricco, ma non prevede molti lipidi.
Alcuni spunti interessanti per il Carnevale
Come ho specificato all’inizio, la categoria è davvero varia in quanto a ricette. Alcune sono tradizionali, altre sono sperimentali e frutto della creatività più sfrenata. Tuttavia, quando si parla di ricette di Carnevale la sperimentazione deve essere declinata secondo alcuni principi specifici, in modo che lo spirito della festa venga preservato. Il riferimento è in particolare al colore. Il Carnevale è la festa più allegra dell’anno, dunque una ricetta per Carnevale deve soddisfare non solo il palato, ma anche e soprattutto la vista. Insomma i piatti devono essere più scenografici possibili. Da qui la preferenza per i frutti canditi, gli zuccherini, le creme alla frutta e, perché no, anche i coloranti (se completamente naturali). Stesso discorso per le forme, che devono essere – se possibile – alquanto creative.
Per il resto la pasticceria italiana viene in soccorso anche a Carnevale. A tal proposito è possibile adattare ricette tradizionali per renderle compatibili con lo spirito del Carnevale. Niente di particolarmente complicato, infatti nella maggior parte dei casi si tratta di agire sulle decorazioni, aggiungendo elementi in grado di dare colore e rendere l’impatto estetico più gradevole. Non vi sono limiti nemmeno per chi soffre di intolleranze alimentari. Da questo punto di visto non cambia granché. E’ possibile utilizzare farine alternative senza glutine e latticini ad hoc, ovviamente senza lattosio.
Le ricette di Carnevale che mi hanno colpito di più
La categoria soddisferà la vostra curiosità e la voglia di stupire parenti e amici durante le feste di Carnevale. Le ricette sono tutte ispirate, ma ci sono alcune che mi hanno colpito più di altre. Per esempio il Pagliaccio con la farine di carrube. Di base è una torta a forma di maschera di pagliaccio. I tratti del viso (occhi, naso e bocca) sono realizzati con la crema pasticceria, mentre il resto del visto è fatto con una glassa al cioccolato. Insomma, una ricetta davvero particolare. Inoltre è realizzata con la farina di carrube, che oltre a essere gluten-free è anche particolarmente corposa e aromatica.
Sono affezionata anche alle Mascherine di Carnevale con zuccherini colorati. Si tratta di chiacchiere a forma di mascherine e decorate con zuccherini di vario colore. Una ricetta semplice, che agisce essenzialmente sulla forma (piuttosto che sull’impasto). Un modo ottimo per caratterizzare una ricetta, rendendola adatta alle festività del Carnevale. Una ricetta particolare, e decisamente adatta al Carnevale, è anche la Torta Arcobaleno. Mai nome fu più azzeccato, infatti il ripieno è formato da più strati di crema colorata. Le creme sono realizzate con formaggio spalmabile e panna, ma ciascuna è arricchita da un colorante alimentare specifico (rosso, giallo, verde, arancione, azzurro e viola) che rende la torta davvero unica.
D’altronde il carnevale è una festa dedicata agli eccessi, e ciò si riflette anche dal punto di vista gastronomico. Ciò non toglie, ovviamente, che possono essere preparate anche ricette che impattano poco o nulla sulla linea. E’ proprio tenendo conto di questa necessità, che ho selezionato le ricette che trovate in questa sezione.
Il carnevale, tra gusto, creatività e colore
Quali caratteristiche deve avere una ricetta da preparare in occasione del carnevale? In un certo senso abbiamo risposto a questa domanda nel paragrafo precedente. Una preparazione carnevalesca deve caratterizzarsi innanzitutto per il sapore forte, deciso e dolce al punto giusto. inoltre deve avere un impatto visivo notevole, il più possibile colorato e fantasioso, che ben si sposi con il clima d’allegria tipico delle feste a tema.
Quest’ultimo aspetto ricopre una maggiore importanza se la ricetta è destinata a valorizzare un momento di festa in cui partecipano dei bambini, eventualità tutt’altro che rara dal momento che il carnevale è una ricorrenza molto sentita proprio dai più piccoli. In questo caso è la creatività a prendere il sopravvento, pur in una prospettiva nella quale l’equilibrio nutrizionale non è comunque messo in secondo piano, soprattutto per quanto concerne la presenza di grassi e zuccheri.
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.