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Intolleranze alimentari e Allergie
Intolleranze e allergie alimentari si diagnosticano ogni giorno di più. Dalla celiachia all’intolleranza al lattosio e al nichel
Si fa sempre più attenzione alle intolleranze alimentari e allergie alimentari, sia dal punto di vista della diagnosi medica che dal punto di vista della disponibilità degli ingredienti sostitutivi. Le allergie ad alcuni alimenti possono provocare distinte reazioni, da un semplice prurito fino a uno shock anafilattico. Fra le intolleranze, una delle principali, è senza dubbio quella al lattosio.
La celiachia, inoltre, è una delle patologie di cui soffre circa l’1% della popolazione. Esiste, inoltre, la cosiddetta “gluten sensitivity” che si manifesta attraverso una particolare sensibilità al glutine anche se non si soffre direttamente di celiachia. A tal proposito cito anche la sensibilità o allergia ai solfiti, provocata da un deficit dell’enzima preposto ad abbattere i solfiti. Tutte queste patologie devono essere diagnosticate da un medico, senza cadere nella trappola dei falsi test.
Le allergie alimentari sono diverse dalle intolleranze alimentari
Si definisce reazione allergica un’anomala modalità di reazione dell’organismo, in soggetti particolarmente sensibili, allo stimolo rappresentato dal contatto con certe sostanze (chiamate allergeni), che nei soggetti normali, invece, non provocano alcuna reazione. Questa reazione rappresenta l’espressione del- 1′ attività di un sistema di difesa dell’organismo nei confronti degli agenti esterni. Nei soggetti “allergici”, però, la risposta difensiva è anomala ed esagerata, al punto da provocare dei disturbi più o meno seri, che si ripresentano ogni volta che si rinnova il contatto con la sostanza o le sostanze responsabili.
Le reazioni allergiche quindi si verificano allorché l’organismo aggredisce una sostanza estranea, di solito una proteina, con la quale è venuto in intimo contatto, cercando di liberarsene. Sono proprio le sostanze chimiche prodotte dall’organismo stesso durante questa aggressione difensiva le responsabili dei sintomi dell’allergia.
L’attacco allergico, spesso leggero all’inizio e violento solo in un secondo tempo, può essere provocato quando la sostanza nociva entra in contatto con la pelle (come nel caso dell’edera), con le mucose oculari o quelle respiratorie (come nella febbre da fieno e nell’asma), oppure può essere causato dall’ingestione della sostanza (allergia alimentare: in questa, quindi, sono un alimento o un suo componente ad agire da allergeni).
I sintomi non sono determinati strettamente dal modo in cui l’allergene entra in contatto con l’organismo. Questo significa che le allergie alimentari possono provocare molti e diversi tipi di sintomi anche a carico di apparati molto differenti.
Si possono quindi avere sintomi di tipo generalizzato (fino ad arrivare allo shock) accompagnati da sintomi localizzati all’apparato digerente (tensione e coliche addominali, diarrea e vomito) o ad altri apparati: all’apparato respiratorio, con asma o altre manifestazioni; a quello circolatorio, con aumento della pressione arteriosa, aritmie cardiache, ecc.; a quello gastroenterico; a quello nervoso, con mal di testa, vertigini, fino alle convulsioni; a quello cutaneo, con prurito, orticaria, gonfiori, eczemi, ecc.
Le modalità della reazione allergica alimentare sono sostanzialmente due: una rapida, che si verifica entro pochi minuti dal pasto (probabilmente è una sensibilità alle proteine come tali), e una tardiva, dopo ore o giorni dall’ingestione della sostanza incriminata (sensibilità ai prodotti della scomposizione della proteina durante i processi digestivi).
Abbiamo parlato di sintomi variabili: la persona che mangia un cibo a cui è allergica può tossire, ansimare o avere il naso chiuso. La stessa persona può lamentarsi del mal di testa o avere le vertigini, può accusare crampi o mal di pancia, vomito o diarrea, o può semplicemente eruttare spesso del gas. Un classico sintomo è l’orticaria (chiazze di pelle rossa e gonfia, accompagnate da vivo prurito), ma anche gli esantemi e l’eczema sono manifestazioni molto comuni.
I sintomi sono molto diversi
I sintomi sono così diversi che un’allergia alimentare moderata può essere interpretata come un raffreddore di lunga durata o come una situazione cronica di secchezza della pelle, oppure semplicemente non essere notata. Perfino la semplice avversione nei confronti di un cibo può indicare un’allergia: gli studiosi hanno scoperto che il disagio che segue all’ingestione di un particolare cibo viene registrato, forse a livello inconscio, come avversione a quel cibo.
Le allergie alimentari sono comuni nei bambini piccoli, quando per la prima volta cominciano ad assumere latte vaccino e cibi solidi. Queste prime allergie possono provocare anche agitazione o apatia, disturbi intestinali, perdita di peso, vomito, e tendono a scomparire dopo i sei anni. Ma, se non riconosciute in tempo e curate, possono portare a gravi condizioni di carenza alimentare. In ogni caso, le allergie alimentari possono esordire a qualunque età, ed effettivamente sono più comuni nell’età adulta che nell’infanzia. Riconoscerle rappresenta il più delle volte un problema, dato che spesso il rapporto fra l’alimento e l’insorgenza delle manifestazioni allergiche non è né immediato né chiaro.
La tendenza a soffrire di allergia è ereditaria, nel senso che è caratteristica di un certo gruppo familiare. Se, per esempio, entrambi i genitori soffrono di febbre da fieno o di qualunque altro tipo di allergia, esistono 3 probabilità su 4 che i loro figli siano affetti da manifestazioni allergiche.
I cibi che più comunemente causano allergia sono il frumento, il latte, le uova, i frutti di mare, i crostacei, la cioccolata, il granturco, le noci, i pomodori, la carne di pollo e di maiale, le fragole. Un alimento può provocare allergia di per sé stesso o solamente attraverso i prodotti che derivano dalla sua scomposizione a opera degli enzimi digestivi. La capacità sensibilizzante è spesso modificata dalla cottura.
Nel caso del latte, in genere la reazione allergica è provocata da una delle proteine presenti; nel caso delle uova, la responsabile è quasi sempre la ovoalbumina. La maggior parte degli altri principi attivi in senso allergizzante ci è invece sconosciuta.
Le reazioni possono essere dirette anche verso ingredienti “nascosti”, come l’olio di mais negli alimenti speciali per neonati, o le muffe nei formaggi, o certi additivi aggiunti in minima quantità per conservare o colorare i prodotti. Può anche accadere che piccole quantità di un cibo non causino reazione, e che questa sia, al contrario, provocata da una quantità normale o abbondante dello stesso cibo. Cosi un bambino allergico alla cioccolata può magari mangiare impunemente un pasticcino al cioccolato, ma non ingozzarsi con intere tavolette di cioccolata.
Come individuare il colpevole: le diete di prova
Quando un medico sospetta di trovarsi di fronte a un’allergia alimentare, può suggerire una o più tattiche, sia per accertarsi che si tratti effettivamente di una allergia alimentare, sia per identificare quale cibo o quali cibi siano i colpevoli.
I test cutanei (eseguiti sulla pelle), cosi utili per rintracciare altri tipi di allergeni, non sono molto indicativi e precisi per lo studio delle allergie alimentari, e sono usati solamente come conferma di altri metodi di diagnosi.
Più utile è il diario alimentare, che consiste in un resoconto dettagliato, tenuto dal paziente, di tutti i cibi e le medicine presi giornalmente per alcune settimane. Il paziente deve annotare anche i tempi e i momenti di insorgenza dei sintomi allergici, nel tentativo di associare il verificarsi di una reazione allergica con l’assunzione di uno specifico alimento.
C’è, però, un inconveniente: le reazioni allergiche, come detto, possono sopravvenire da 20 minuti a un giorno dopo che l’alimento sia stato ingerito, il che fa si che spesso neanche il diario alimentare da solo sia sufficiente a individuare “il colpevole”.
Come diagnosticare un’allergia
Il metodo migliore, sia per determinare una diagnosi sicura, cioè per riconoscere con certezza la presenza di un’allergia alimentare, sia per tentare di individuare la sostanza o le sostanze alimentari responsabili, è certamente quello di ricorrere, in tutti i casi dubbi, alle diete di prova. Le diete di prova possono essere di vario tipo.
Dieta di addizione Il paziente viene invitato a seguire per vari giorni una dieta fissa ipoallergizzante, cioè una dieta caratterizzata dal fatto di essere composta da alimenti a basso potere allergizzante, che raramente (o quasi mai) provocano un’allergia.
Quando, grazie al trascorrere dei giorni e all’adesione a questa dieta non suscettibile di provocare nuove reazioni, tutti i sintomi sono scomparsi, si aggiungono uno a uno, in piccole quantità e con adatti intervalli (almeno 72 ore fra ogni aggiunta e la successiva), gli altri cibi, esaminando quello che succede dopo ogni aggiunta. L’alimento o gli alimenti che provocano una reazione saranno naturalmente quelli che in futuro dovranno essere evitati. Si tratta del metodo più comodo per il paziente, che però deve offrire piena collaborazione, dato che ogni “licenza alimentare” può falsare i risultati.
Dieta di sottrazione È un metodo più accurato ma anche più difficile da seguire. Si parte da una dieta normale standard, e poi si sottraggono uno a uno, ad adatti intervalli, gli alimenti, fino a che non si osserva la scomparsa dei sintomi: l’ultimo alimento sottratto è l’alimento da sospettare.
Dieta di scatenamento È una variante, utile soprattutto per confermare la responsabilità di un alimento “sospetto”, individuato e isolato grazie alle procedure precedenti. In questo caso si tiene il paziente alcuni giorni a digiuno, e poi gli si somministra l’alimento sospetto da solo e in forte quantità, studiando quello che succede. È quella che si chiama in genere “prova di esposizione”, che può essere applicata anche per altri tipi di allergie. Va eseguita con grande cautela, specialmente per i soggetti asmatici, e sotto stretta sorveglianza medica.
I risultati di tutti questi metodi vanno poi interpretati con molta cura e grande senso critico, nel senso che occorre tener conto solo dei test francamente positivi, mentre nei casi dubbi occorre cercare conferma anche per altre vie, diffidando in particolare delle sensibilità multiple, specialmente nei confronti di allergeni di diversa origine. Inoltre, una volta identificato un allergene, il sospetto deve cadere anche sui parenti stretti di quell’alimento.
Come comportarsi
La cura abituale e più valida nel caso di un’allergia alimentare, una volta individuato l’alimento responsabile, è semplicemente quella di eliminarlo dalla dieta, eventualmente sostituendolo in maniera adatta: un tipico esempio è rappresentato dalla farina di semi di soia, opportunamente diluita in acqua addizionata di vitamine e zucchero, come sostitutivo del latte per un bambino che è allergico a questo alimento.
Realizzare ciò non è difficile quando si tratta di un unico alimento, e per di più stagionale, come le fragole. In altri casi, invece, questa strategia può essere molto più complicata o più rischiosa. Per esempio, le persone allergiche alle noci devono stare attente all’ olio di noce e all’olio di noce di cocco, e quelle che sono allergiche alle arachidi e anche ai fagioli dovranno eliminare molti altri oli che derivano da leguminose.
Una persona allergica ad alimenti veramente comuni, come il latte, le uova o il frumento, dovrà esaminare attentamente le etichette apposte su qualsiasi tipo di prodotto alimentare in commercio per determinare cosa contiene: derivati del latte, delle uova e del frumento si trovano in molti prodotti, dalle caramelle alle minestre in scatola.
Considerato poi che gli allergeni possono essere difficili da riconoscere sotto i loro vari pseudonimi, e che possono essere molti gli allergeni coinvolti, o possono esserci additivi o ingredienti nascosti o poco noti che i fabbricanti non sono legalmente obbligati a render noti, gli allergologi devono spesso “confezionare” su misura e personalizzare diete particolari per i loro pazienti, con specifiche istruzioni per l’uso.
Un altro tipo di cura è l’iposensibilizzazione o desensibilizzazione nei riguardi di un allergene alimentare, che si rende necessaria soltanto quando il cibo in questione è un alimento-base di grande importanza, come il latte o il frumento. In questo caso il paziente, con estrema prudenza e sotto il controllo del medico, assume per via orale piccole quantità dell’alimento a intervalli prefissati: la sostanza viene, per cosi dire, introdotta e insinuata furtivamente nell’organismo in quantità cosi esigue da non mettere in allarme le difese dell’organismo stesso. Le quantità vengono poi aumentate molto gradualmente, e con il tempo il paziente può, a volte, essere nuovamente nelle condizioni di mangiare quantità normali di quell’alimento senza andare incontro a una reazione allergica. Ma i risultati di questa pratica sono in genere incerti.
A volte le allergie alimentari si attenuano o spariscono nel tempo senza cure, specie se la reazione iniziale era leggera. Il medico può in seguito suggerire di provare una piccola quantità del cibo cui si era allergici una o due volte l’anno, per controllare l’eventuale insorgenza di una reazione. Se, invece, la reazione iniziale era stata forte, tali esperimenti sono consigliabili solo sotto stretto controllo medico.
In chiusura, un’osservazione marginale ma certamente non inutile: questo articolo potrebbe aver trasmesso la sensazione di una grande incertezza nella ricerca e nell’individuazione del responsabile (o dei responsabili) di un’allergia alimentare, e quindi anche nella determinazione della relativa cura. Sarebbe una sensazione solo parzialmente giustificata. È bene, infatti, ricordare che tutto il settore delle allergie, uno dei più stimolanti della medicina attuale, è caratterizzata, in genere, dalle notevoli difficoltà legate all’individuazione del fattore responsabile, sia per allergie di tipo inalatorio, sia per allergie di contatto con la cute, ecc. Niente di strano che difficoltà simili sussistano anche per le allergie alimentari, nelle quali, peraltro, il paziente può dare un buon contributo al raggiungimento dell’obbiettivo, collaborando attivamente con il medico e seguendone le istruzioni con assoluta fedeltà e costanza.
Mai fare autodiagnosi
Oggi un’allergia può essere diagnosticata in modo facile e veloce da uno specialista. Quindi, è sempre ed assolutamente consigliabile farsi visitare e ricevere un consulto dell’allergologo negli stadi iniziali della malattia..
Il fine della diagnosi allergologica non consiste soltanto nella determinazione dell’eventuale allergia, ma anche degli allergeni ai quali si reagisce. Infatti, si può evitare il trigger allergico, solo conoscendo i “propri allergeni”. Inoltre, soprattutto nei primi stadi dell’allergia, le diagnostiche più efficaci si possono utilizzare per ridurre in modo permanente i sintomi, prevenendo che si aggravino e l’estensione ad altri allergeni.
Spesso la diagnosi è semplice e, dopo l’anamnesi (storia medica) e determinati esami, la situazione è chiara. Talvolta, tuttavia, è una vera e propria indagine a condurre all’identificazione univoca degli allergeni trigger. Servono le conoscenze e l’esperienza di un allergologo.
Meglio astenersi, suggeriscono tutti gli esperti con cui ho a che fare nel mio quotidiano, da metodiche diagnostiche alternative e non scientificamente validate, fra queste:
– Test del capello: rileva la presenza nel capello di alcune sostanze chimiche al fine di valutare lo stato di salute generale della persona in esame;
– Test su cellule del sangue: valuta alcune alterazioni subite dalle cellule una volta che entrano in contatto con sostanze fra le più varie;
– Test della forza: analizza le variazioni della forza nell’organismo durante la manipolazione di alimenti nocivi;
– VEGA Test: ricorre all’utilizzo di elettrodi. Quello con polo negativo viene tenuto in mano dalla persona e attaccato ad un circuito cui si applica l’alimento mentre con l’elettrodo con polo positivo si ispeziona il paziente. La variazione del voltaggio, in rapporto ai vari alimenti, dovrebbe rivelare l’intolleranza ad uno o più di essi;
– Biorisonanza: attraverso un computer, vengono valutate le variazioni del campo magnetico della persona che si stimano indotte da un alimento verso cui si ha intolleranza o allergia;
– Pulse test o del riflesso cardiaco auricolare: valuta le variazioni della frequenza del polso a contatto con un alimento che genera intolleranza o allergia.
L’importanza di distinguere tra allergia e intolleranza alimentare
Riassumendo nel vasto mondo delle reazioni avverse agli alimenti, è fondamentale saper distinguere tra allergia alimentare e intolleranza alimentare. Questa distinzione non è solo una questione di terminologia, ma ha un impatto diretto sulle scelte di vita e sulle strategie di gestione.
Le allergie alimentari sono reazioni del sistema immunitario a specifici alimenti, percepite erroneamente come una minaccia. Queste reazioni possono essere severe, a volte anche pericolose per la vita, e si manifestano rapidamente dopo l’ingestione dell’alimento in questione. I sintomi possono includere orticaria, difficoltà respiratorie, e in casi gravi, shock anafilattico.
D’altro canto, le intolleranze alimentari, pur essendo fastidiose, sono generalmente meno gravi e non coinvolgono il sistema immunitario. Queste si manifestano quando il corpo ha difficoltà a digerire o elaborare determinati alimenti, causando sintomi come gonfiore, mal di testa, irritabilità o disturbi digestivi.
La chiave sta nel comprendere che mentre l’allergia richiede una totale eliminazione dell’alimento incriminato dalla dieta, le intolleranze possono talvolta essere gestite riducendo la quantità dell’alimento o trattando il disturbo sottostante.
Una diagnosi accurata da parte di un medico è cruciale per una gestione efficace. Per le allergie, i test possono includere esami del sangue, test cutanei o test di provocazione orale. Per le intolleranze, possono essere utili i test di eliminazione o i test specifici per intolleranze.
Capire la differenza tra queste due condizioni è vitale per assicurarsi una vita più sana e sicura, evitando rischi inutili e migliorando la qualità della propria alimentazione.
Attenzione alle arachidi
L’allergia alimentare più pericolosa e critica da tenere sotto controllo è senza dubbio l’allergia alle arachidi. Questa forma di allergia è nota per causare reazioni gravi e potenzialmente letali, incluse quelle anafilattiche. La reazione anafilattica è una risposta allergica rapida e intensa che può causare difficoltà respiratorie, calo della pressione sanguigna, perdita di coscienza e, nei casi più gravi, può essere fatale se non trattata immediatamente con epinefrina (adrenalina).
Ciò che rende l’allergia alle arachidi particolarmente pericolosa è la sua natura imprevedibile; le reazioni possono variare da lievi a estremamente severe anche nella stessa persona in momenti diversi. Inoltre, anche piccole tracce di arachidi possono innescare una reazione in individui altamente sensibili.
La gestione dell’allergia alle arachidi richiede un’attenta lettura delle etichette alimentari, poiché le arachidi possono essere presenti in molti prodotti trasformati. Inoltre, è importante per chi soffre di questa allergia portare sempre con sé un autoiniettore di epinefrina e informare familiari, amici e colleghi sulla propria condizione e su come reagire in caso di emergenza.
Prevenire l’esposizione alle arachidi e avere un piano d’azione chiaro in caso di reazione allergica sono le strategie fondamentali per gestire questa pericolosa allergia.
Segue la frutta secca
La seconda allergia alimentare più pericolosa, dopo quella alle arachidi, è generalmente considerata l’allergia alle noci a guscio, come noci, nocciole, mandorle, noci pecan, noci del Brasile e pistacchi. Queste allergie possono anche provocare reazioni gravi, come shock anafilattico, che richiedono un intervento immediato.
Simile all’allergia alle arachidi, l’allergia alle noci a guscio è notoriamente grave a causa della severità delle reazioni che può scatenare, anche con una piccola esposizione all’allergene. Le reazioni possono includere orticaria, gonfiore di viso, labbra e gola, difficoltà respiratorie, e, in casi estremi, anafilassi.
La gestione dell’allergia alle noci a guscio implica un’attenta evitazione degli alimenti contenenti questi ingredienti, inclusi molti prodotti da forno, snack e piatti pronti. È fondamentale leggere con attenzione le etichette degli alimenti e essere consapevoli della possibile contaminazione incrociata. Come per l’allergia alle arachidi, è vitale per chi soffre di allergie alle noci a guscio avere sempre a disposizione un autoiniettore di epinefrina e assicurarsi che le persone intorno siano informate su come agire in caso di emergenza.
Entrambe queste allergie richiedono una vigilanza costante e un’attenta pianificazione per prevenire e gestire le potenziali reazioni allergiche.
Allergia ai crostacei e ai molluschi
Quando si parla di allergie alimentari, quella ai crostacei e ai molluschi emerge come una delle più comuni e sfidanti. È una di quelle allergie che può sorprendere, sviluppandosi improvvisamente anche in persone che in passato hanno consumato questi alimenti senza problemi. La gamma di alimenti che rientrano in questa categoria è ampia: gamberi, granchi, aragoste, ma anche cozze, ostriche e calamari.
Le reazioni allergiche possono variare enormemente in gravità. Alcuni sperimentano sintomi lievi come orticaria o prurito, mentre altri possono avere reazioni più gravi, inclusa la difficoltà respiratoria e, nei casi più seri, l’anafilassi. Quest’ultima, in particolare, è una condizione d’emergenza che richiede un intervento immediato.
La gestione di questa allergia si basa sull’evitare rigorosamente i crostacei e i molluschi. La sfida qui è doppia: da un lato, bisogna essere vigili sul cibo che si consuma, dall’altro, è essenziale essere consapevoli della possibilità di contaminazione incrociata, soprattutto quando si mangia fuori o si acquistano piatti pronti.
Leggere le etichette diventa un’abitudine necessaria, non solo per gli alimenti ma anche per prodotti come integratori o cosmetici, che a volte possono contenere tracce di questi alimenti. E quando si tratta di mangiare al ristorante, non esitare a fare domande dettagliate sulle modalità di preparazione dei piatti.
Per chi soffre di reazioni gravi, portare sempre con sé un autoiniettore di epinefrina è un must. È altrettanto importante che le persone vicine, come familiari e amici, sappiano riconoscere i sintomi di una reazione allergica e come intervenire in caso di emergenza.
Infine, se pensi di avere questa allergia, consultare un allergologo è un passo fondamentale. Solo un esperto può fornire una diagnosi accurata e consigliarti sulle migliori strategie di gestione e prevenzione.
Gestire l’allergia ai crostacei e ai molluschi richiede attenzione e prudenza, ma con le giuste precauzioni, è possibile vivere serenamente, senza temere reazioni indesiderate.
Attenzione ai farmaci
In effetti, oltre alle precauzioni alimentari, è essenziale fare attenzione ai farmaci in caso di allergie, specialmente per chi ha allergie a determinati farmaci, come nel mio caso con la codeina. La codeina è un oppioide utilizzato per trattare il dolore e la tosse, ma può causare reazioni allergiche in alcune persone.
Se pensate di essere allergici alla codeina, è importante informare sempre i medici e i farmacisti di questa tua condizione prima di ricevere qualsiasi prescrizione o assumere nuovi farmaci. Questo ti aiuterà a evitare medicinali che contengono codeina o sostanze simili che potrebbero scatenare una reazione allergica.
Inoltre, sarebbe utile portare sempre con voi un braccialetto o un documento che indichi la vostra allergia alla codeina, in modo che, in caso di emergenza, i soccorritori possano essere immediatamente informati della tua allergia e agire di conseguenza.
In caso di dolore o tosse, esistono alternative alla codeina che il vostro medico può prescrivere. È importante discutere con il medico per trovare opzioni sicure e adatte alle tue specifiche esigenze sanitarie. Essere proattivi nel gestire questa allergia e comunicare apertamente con i professionisti della salute vi aiuterà a mantenere il controllo sulla vostra salute e a prevenire reazioni allergiche indesiderate.
Allergia a lattice e colla
La mia esperienza personale con le allergie a colle e lattice getta luce su una realtà che molti sottovalutano. Affrontare queste sfide richiede più di una semplice precauzione; richiede un approccio attento e consapevole. Nonostante la mia attenzione, a volte mi ritrovo a fare i conti con reazioni allergiche indesiderate. Ecco alcuni consigli che possono essere utili per chiunque altro si trovi nella mia situazione.
Innanzitutto, familiarizzare con i prodotti che contengono lattice o colle è fondamentale. Sappiamo che il lattice si nasconde in molti oggetti di uso quotidiano, quindi diventa essenziale leggere con attenzione le etichette. Questo piccolo passaggio può fare una grande differenza. E, come ho sperimentato, a volte anche un piccolo errore può portare a reazioni allergiche.
È anche cruciale informare sempre il personale medico di questo tipo di allergie. Questa comunicazione è vitale per evitare esposizioni accidentali, specialmente durante le procedure mediche. Portare con se antistaminici o altri trattamenti può aiutare a gestire le reazioni allergiche minori, un consiglio che probabilmente avete già messo in pratica.
Per chi come me è allergico al lattice, trovare alternative sicure ai prodotti comuni è un passo necessario. Scoprire guanti in vinile o nitrile e bendaggi non adesivi può essere un cambiamento piccolo ma significativo nella routine quotidiana.
Considerate l’ambiente in cui vi trovate. Palestre, luoghi di lavoro, e persino la casa possono nascondere insidie per chi è allergico. Un braccialetto di identificazione medica che indichi le vostre allergie potrebbe essere un salvavita in situazioni di emergenza. E infine, una consulenza con un allergologo può offrire ulteriori strategie e trattamenti personalizzati, per aiutarti a gestire meglio queste sfide.
Spero che condividere la mia esperienza possa essere di grande aiuto per gli altri. Secondo me, mostra che non si è soli in queste sfide e che con le giuste precauzioni, è possibile vivere una vita piena e sicura, nonostante tutto.
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.