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Il nostro blog si dedica alla sempre crescente problematica delle intolleranze alimentari, fenomeno in preoccupante aumento soprattutto nei paesi con forte sviluppo industriale. Il nostro esperto staff medico attribuisce questo incremento sia agli agenti inquinanti esterni sia ai cambiamenti nelle abitudini quotidiane.
Queste intolleranze, oggi molto più frequenti delle allergie alimentari, includono comunemente l’intolleranza al lattosio e al glutine, seguite da quella al nichel. Quando un individuo viene diagnosticato con un’intolleranza, la sua vita quotidiana subisce un cambiamento quasi radicale.
Si diventa necessario analizzare attentamente gli ingredienti di ogni alimento, comprendendo ciò che si può o non può consumare e le modalità di preparazione. Questo controllo è relativamente più semplice tra le mura domestiche, ma diventa una sfida quando si tratta di mangiare fuori, specialmente in occasioni sociali. Dopo la diagnosi di un’intolleranza, è cruciale informarsi dettagliatamente sul contenuto dei piatti prima di consumarli.
Coloro che non soffrono di queste condizioni spesso non comprendono il disagio che comportano. Sorge un costante timore di sentirsi male a causa di un errore alimentare, creando un impatto notevole sulle scelte quotidiane e sulla qualità della vita.
Ancora tanti dubbi sulle intolleranze e le infiammazioni da cibo.
Negli ultimi anni, i progressi scientifici e l’analisi di test con risultati non convenzionali hanno portato a un aumento significativo dei dubbi riguardo l’esistenza effettiva delle intolleranze alimentari a livello clinico e scientifico. Questa incertezza si fonda sulla constatazione che, mentre alcune persone effettivamente sperimentano difficoltà nella digestione di certi cibi, a causa della cessata tolleranza del loro organismo verso questi alimenti, la natura di tali disturbi rimane oggetto di dibattito.
Una parte del dibattito si concentra sul fatto che molte di queste problematiche sono considerate temporanee dai medici, i quali, di conseguenza, tendono a non classificarle come vere e proprie condizioni cliniche che richiedano trattamenti specifici o l’eliminazione di certi alimenti dalla dieta. Questa percezione contrasta con l’esperienza di coloro che soffrono di tali disturbi.
Inoltre, recenti ricerche hanno introdotto il concetto delle infiammazioni alimentari, differenziandosi dalle intolleranze. Questa nuova area di studio ha ulteriormente complicato il panorama, generando maggiori dubbi e perplessità tra gli esperti del settore. Ci impegniamo ora a esplorare più a fondo questa tematica, per chiarire e approfondire la comprensione di ciò che realmente accade nel corpo quando si manifestano queste reazioni agli alimenti.
Intolleranze e infiammazioni da cibo : ecco le differenze
Mentre le intolleranze si manifestano con problemi digestivi e altri sintomi dovuti al fatto che l’organismo ha ridotto temporaneamente la tolleranza nei confronti di determinati alimenti o sostanze in essi contenute, l’infiammazione da cibo si verifica come un’espressione dei segnali di adattamento dell’organismo, relativamente alla diversità antigenica di alcuni determinati cibi essenziali per il nostro benessere.
Pertanto, in confronto, le intolleranze alimentari sono molto meno invasive, non coinvolgono la reazione immunologica agli alimenti e sono relative solamente ad una “non-tolleranza” che, per la maggior parte delle volte, non dura per sempre. A riguardo, gli esperti stanno effettuando una serie di ricerche che porteranno alla luce ulteriori chiarimenti, nonché nuovi e più accurati test validi per diagnosticare l’infiammazione. Ad ogni modo, oggi non si parla più così spesso di intolleranze, ma bensì di infiammazioni dovute ad alcuni alimenti.
Inoltre, è sempre più noto che molti medici definiscono i test per le intolleranze alimentari delle vere e proprie truffe e, a quanto pare, le evoluzioni scientifiche tendono a confermarlo più volte. Tuttavia, con ulteriori riscontri dati dalle ricerche in atto, potremo ben presto tirare delle conclusioni molto più precise.
Altri elementi da non sottovalutare
Anche se purtroppo molti dottori in medicina continuano a non crederci, è utile saper che artriti, dolori articolari, tosse, problemi all’apparato respiratorio, reflusso gastroesofageo, patologie infiammatorie del colon, coliti e resistenza all’insulina sono solo alcune delle condizioni che possono essere correlate all’alimentazione.
Pertanto, questo significa che questi sintomi possono benissimo essere provocati da quelle che noi conosciamo come intolleranze alimentari, ma anche alle allergie e alle infiammazioni.
Tuttavia, molti medici non prendono in considerazione queste informazioni ricavate da recenti e numerose ricerche scientifiche e curano i propri pazienti esclusivamente e direttamente con i medicinali.
Fortunatamente, alcuni hanno fatto un passo avanti, ma prescrivono alcuni test per identificare la presenza di allergie e intolleranze alimentari, che purtroppo continuano a non tenere conto dei progressi fatti negli ultimi anni.
Perciò, arrivano comunque ad ottenere dei risultati che non hanno abbastanza valore e non possono aiutare ad effettuare una corretta diagnosi.
Pertanto, prima di sottoporsi a trattamenti o a test non efficaci, ogni paziente deve sapere che ognuno di noi è allergico o intollerante a qualcosa.
Quindi, il consiglio è quello di prestare attenzione ai propri sintomi, non esagerare con il consumo di alimenti che fanno reagire male l’organismo e rinforzare costantemente il sistema immunitario.
Un consiglio: se pensate di avere dei disturbi dovute alla vostra alimentazione prendete carta e penna e tenete un diario alimentare.
Scrivete e aggiornate con cura il diario ogni volta che ingerite qualcosa a partite dalla colazione fino alla spaghettata di mezzanotte con gli amici.
Ovviamente, scrivete anche le vostre osservazioni e i disturbi che sentite. Vi sembrerà inutile ma credete non è cosi. Aiuterà molto il medico nella diagnosi
Non fate mai autodiagnosi
Per chi deve seguire una dieta senza glutine, è fondamentale adottare una serie di accorgimenti in cucina per evitare la contaminazione. Gli chef e chiunque prepari cibo per persone con celiachia devono essere consapevoli di alcuni aspetti cruciali:
- Attrezzature e stoviglie: Tutte le pentole, padelle, piatti e stoviglie utilizzate per cucinare alimenti senza glutine devono essere dedicate esclusivamente a questi cibi. Questo aiuta a evitare qualsiasi contaminazione incrociata con alimenti contenenti glutine.
- Pulizia rigorosa: Gli attrezzi da cucina, il piano di lavoro e le mani devono essere puliti minuziosamente prima di preparare alimenti senza glutine. È importante assicurarsi che non rimangano tracce di farina o altri residui contenenti glutine.
- Conservazione separata: Dopo la pulizia, tutti gli utensili e le stoviglie per cibi senza glutine devono essere conservati separatamente da quelli utilizzati per alimenti normali, per evitare qualsiasi forma di contaminazione.
- Controllo degli ingredienti: Lo chef deve verificare che ogni ingrediente utilizzato sia tra quelli permessi per una dieta senza glutine. La consultazione attenta delle etichette degli alimenti è un passo essenziale in questo processo.
- Prontuario e consigli utili: Mantenere a portata di mano un prontuario degli alimenti consentiti può essere molto utile, specialmente per chi non è esperto nel gestire una dieta senza glutine. Inoltre, è consigliabile orientarsi verso alimenti naturalmente privi di glutine come latte, carne, pesce, uova, frutta, verdura, patate, formaggi, yogurt, legumi e alcuni cereali come riso, miglio, mais e grano saraceno.
L’importanza di una diagnosi professionale e la necessità di adottare misure rigorose nella preparazione di alimenti senza glutine non possono essere sottolineate abbastanza. Seguire queste linee guida aiuterà a garantire che gli alimenti preparati siano sicuri per i celiaci e contribuirà a prevenire potenziali reazioni negative.
Spesso sono difficili da individuare
In un contesto in cui sempre più persone manifestano problemi legati all’ingestione di certi alimenti, diventa essenziale identificare le intolleranze alimentari in modo preciso. La complessità di tale processo risiede nella varietà e nell’ambiguità dei sintomi correlati.
Un esempio emblematico di intolleranza alimentare è la celiachia, una malattia autoimmune che determina una permanente intolleranza al glutine. I test diagnostici per identificarla sono relativamente semplici e forniscono risultati affidabili. Il percorso diagnostico inizia generalmente con analisi del sangue, atte a rilevare la presenza di anticorpi specifici quali gli anti-transglutaminasi (tTG), gli anti-gliadina (AGA) e gli anti-endomisio (EMA). Queste analisi sono complementate dalla verifica della predisposizione genetica attraverso l’individuazione dei geni HLA DQ2 e DQ8.
Se i risultati delle analisi del sangue sono positivi, si procede generalmente con una biopsia della mucosa duodenale durante una duodenoscopia per confermare la diagnosi. Tuttavia, per i pazienti pediatrici, non è sempre obbligatorio eseguire la biopsia se i livelli degli anticorpi nel sangue superano dieci volte il limite normale e se sono presenti sintomi e segni clinici chiaramente attribuibili alla celiachia.
Questo processo diagnostico, seppur specifico per la celiachia, sottolinea l’importanza di approcci diagnostici accurati e mirati per identificare le diverse intolleranze alimentari, che possono variare notevolmente in termini di sintomi e impatti sulla salute.
Anche quando si parla di intolleranza al lattosio la stessa è facilmente diagnosticabile attraverso il Breath Test del quale abbiamo già ampiamente parlato in precedenza.
Come individuare tutte le altre intolleranze alimentari?
L’individuazione delle intolleranze alimentari può essere un processo complesso, a differenza della diagnosi di condizioni come la celiachia o l’intolleranza al lattosio, le quali beneficiano di un iter diagnostico relativamente diretto e univoco. In questo contesto, comprendere le diverse metodologie e risorse disponibili per identificare altre intolleranze alimentari è fondamentale.
Per intolleranze come la sensibilità al glutine, al nichel, alle uova, ai lieviti, e altre simili, non esistono test diagnostici standardizzati o univoci. Invece, ci si trova di fronte a una varietà di esami differenti, che possono variare in base alle strutture di riferimento e ai protocolli specifici adottati. Questo rende la diagnosi di queste intolleranze notevolmente più complessa e articolata rispetto a quelle più comunemente riconosciute.
Numerose cliniche specializzate nel trattamento e nella diagnosi delle intolleranze alimentari hanno sviluppato sistemi specifici per rilevare la presenza di queste problematiche. Questi centri si avvalgono di un’ampia gamma di test e procedimenti, spesso personalizzati in base ai singoli pazienti, per fornire diagnosi accurate e affidabili.
È importante distinguere le intolleranze alimentari dalle allergie alimentari, le quali sono identificate attraverso metodi diagnostici ben definiti. Nel caso di allergie alimentari, i test comuni includono i test cutanei (come il prick test) e esami specifici di laboratorio (come il rast test e il CAP-system). Questi test sono generalmente condotti sotto la supervisione di medici allergologi specializzati, che possono offrire diagnosi e trattamenti mirati.
Le intolleranze sono sempre più diffuse
I piatti vanno cotti in modo completamente separato, non va usata la stessa acqua, non va usato lo stesso olio, non vanno mescolati con gli stessi attrezzi da cucina e non va usata per preparare il caffè la stessa macchinetta che viene usata per preparare il caffè d’orzo.
Evitate posate, taglieri, attrezzi di legno e le padelle antiaderenti che tendono ad assorbire i cibi .Ma credete che solo per chi ha problemi di glutine ci siano dei riguardi da rispettare in una cucina??? Anche chi ha problemi di intolleranza al nichel oltre agli alimenti non consentiti, ci sono anche tutta una serie di attenzione che deve rispettare.
Il nichel è un metallo presente nella maggior parte degli oggetti che usiamo ogni giorno. Per far fronte al dilemma circa l’utilizzo di strumenti da cucina che ne siano privi, dobbiamo dunque scegliere tra alcuni materiali che ci consentano di spaziare nei vari metodi di cottura.
Tra quelli altamente sconsigliati c’è sicuramente l’acciaio inossidabile: una lega di ferro, nichel, cromo e carbonio. È meglio, nel caso, scegliere pentole in acciaio speciale senza nichel (sono siglate 18/C).
Non fate mai autodiagnosi ma rivolgetevi a un nutrizionista che saprà indicarvi la soluzione migliore. Tenete un diario alimentare il più accurato possibile per facilitare l’anamnesi. Le intolleranze alimentari sono sempre più diffuse, non sottovalutiamole!
Consigli e ricette per vivere meglio le intolleranze alimentari
Il nostro sito è una risorsa completa dedicata a chi vive con intolleranze alimentari. Qui potrai trovare una vasta gamma di informazioni, prodotti e strumenti utili per affrontare questa sfida quotidiana. Offriamo tutto ciò che è essenziale sapere sulle intolleranze alimentari, incluse opzioni gluten-free, consigli su dieta, ricette innovative, test diagnostici, eventi informativi e approfondimenti dettagliati.
Che tu sia affetto da celiachia, intolleranza al glutine, intolleranza al lattosio, intolleranza ai lieviti o la più specifica intolleranza al nichel, il nostro sito è il posto giusto per trovare supporto e soluzioni. Offriamo un ampio spettro di informazioni e strumenti per aiutarti a navigare attraverso queste condizioni, garantendoti una vita sana e soddisfacente.
Le nostre ricette sono curate da rinomati Chef che utilizzano ingredienti alternativi e farine naturali senza glutine, per garantire piatti gustosi e sicuri per chi ha restrizioni alimentari. Queste ricette sono progettate non solo per essere deliziose, ma anche per fornire un’alternativa sana e nutriente.
Per coloro che soffrono di sensibilità al nichel (DAC o SNAS), sappiamo che non esiste una cura definitiva o un modo per eliminare completamente il nichel dalla vita quotidiana. Tuttavia, è possibile alleviare i sintomi attraverso una gestione attenta dell’ambiente e seguendo una dieta a basso contenuto di nichel. È importante notare che la dicitura “nichel free” non garantisce sempre l’assenza totale di questo metallo, pertanto una lieve contaminazione può essere presente.
Il limite di tolleranza raccomandato per il nichel è di massimo 0,5 mg/kg. Per aiutarti a monitorare il contenuto di nichel negli alimenti.
Il nostro sito mira a essere un compagno affidabile per chi vive con intolleranze alimentari, offrendo una gamma completa di risorse, dal supporto informativo alle ricette creative, per assicurare una vita sana e piena nonostante le restrizioni alimentari. Attraverso queste risorse, vogliamo offrirti gli strumenti per affrontare con fiducia la tua giornata, godendo di cibi deliziosi e sicuri.
Consigli per convivere con le intolleranze
Qui di seguito ti presento alcuni consigli che ti aiuteranno a convivere con la celiachia, a partire da quelli gastronomici. Ho affrontato molti di questi temi proprio sul sito, quindi ti consiglio di approfondire leggendo le nostre pagine.
Non cercare surrogati a ogni costo. La cucina gluten-free, come quella nichel-free (termine utilizzato impropriamente), si caratterizza per elementi e ingredienti rigorosamente selezionati. Questo tipo di cucina non è necessariamente un surrogato della “cucina normale”, ma piuttosto una valida alternativa in cui vengono premiate le specificità dei cibi. Dunque si parte dai cibi per giungere alle ricette, e non viceversa.
Dai uno sguardo agli alimenti “esotici”. Sia chiaro, anche l’agroalimentare mediterraneo è ricco di alimenti privi di glutine e a basso contenuto di nichel. Tuttavia, la presenza di intolleranze alimentari può diventare un’occasione per scoprire alimenti provenienti da altre latitudini, dunque per approcciarsi a culture alimentari differenti. Insomma, può essere un’occasione di arricchimento.
Passa più tempo in cucina. Le intolleranze alimentari, per quanto fastidiose, possono rappresentare l’occasione per recuperare un rapporto più genuino con gli ingredienti e l’alimentazione. La preferenza per la cucina in casa (sicura per definizione) può trasformarsi nello strumento per far nascere una passione e godere in maniera più compiuta del piacere della buona tavola.
Il giusto assetto mentale
Gestire le intolleranze alimentari richiede non solo attenzione alle proprie scelte alimentari, ma anche un adeguato assetto mentale e comportamentale. Ecco alcuni consigli utili per affrontare questa sfida.
È fondamentale chiarire la propria condizione fin dall’inizio. Nonostante il numero crescente di persone affette da intolleranze alimentari, spesso ci si trova in contesti dove la maggioranza non ha problemi di questo tipo. Soprattutto se si consumano pasti fuori casa, è essenziale comunicare chiaramente la propria situazione a chi gestisce la cucina.
Guarda all’intolleranza alimentare senza sensi di colpa. Inizialmente, molte persone affette da intolleranze provano quasi un senso di colpa, temendo di creare disagio durante i pasti condivisi con chi non ha problemi alimentari. Tuttavia, questa è spesso una percezione errata. Non c’è motivo di sentirsi in colpa; anzi, la maggior parte delle persone è ormai abituata a rispettare e assecondare le necessità alimentari altrui.
Infine, informarsi e costruire una rete di supporto è cruciale. Gestire le intolleranze può essere complicato e l’errore è sempre possibile. Affidarsi a associazioni e network specializzati, come Il Mondo delle Intolleranze, è un ottimo modo per rimanere informati ed evitare errori, beneficiando di consigli, supporto e condivisione di esperienze con chi vive la stessa condizione.
Le intolleranze alimentari fanno ingrassare?
È capitato anche a me e non riuscivo a capacitarmi del motivo per cui, nonostante fossi molto attenta a cosa mangiavo, facevo un’enorme fatica a perdere peso. Poi, grazie all’aiuto di un medico, ho scoperto che dietro a tutto questo c’erano le intolleranze alimentari.
L’intolleranza al glutine fa ingrassare? Scopriamo insieme perché le intolleranze alimentari fanno ingrassare e tutti i processi che innescano nel nostro organismo!
Le intolleranze alimentari provocano una reazione nel nostro organismo: fanno in modo che il nostro apparato digerente, soprattutto l’intestino, reagisca in maniera del tutto incontrollata all’assunzione di un determinato alimento: gonfiore, dissenteria, nausea… collegati alle intolleranze (ne abbiamo discusso sia per l’intolleranza al lattosio che per l’intolleranza al glutine) e tra questi, c’è senz’altro l’acquisizione apparentemente inspiegabile di peso.
Una ricerca dell’International Journal of Obesity ci spiega esattamente il motivo per cui, quando soffriamo di intolleranze, l’ago della bilancia tende a salire nonostante mangi poco.
Come sicuramente sai, i cibi ai quali siamo intolleranti sono solitamente quelli che consumiamo più spesso. Ogni volta che li mangiamo, di risposta l’organismo innesca un processo infiammatorio, come se introducessimo un batterio o qualsiasi altra potenziale minaccia per la nostra salute.
La causa? Un’infiammazione alimentare
L’infiammazione causata da alcuni alimenti è un fattore spesso trascurato, ma significativo, nel contesto dell’aumento di peso e della gestione del metabolismo. Questo tipo di infiammazione può stimolare il pancreas a produrre una quantità maggiore di insulina, un ormone cruciale nel processo di regolazione del glucosio nel sangue. Il problema sorge quando, a causa di un’eccessiva produzione di insulina, il nostro corpo inizia a convertire il cibo consumato non in energia immediata, ma in riserve di grasso. Questo processo è una delle cause principali dell’aumento indesiderato di peso.
Il consumo di alimenti ai quali siamo intolleranti può innescare un circolo vizioso: più di questi alimenti consumiamo, più il nostro organismo tende a trasformare le calorie ingerite in grasso anziché in energia. Questo meccanismo non solo contribuisce all’aumento di peso, ma può anche portare a una sensazione di stanchezza e mancanza di energia, poiché il corpo non sta utilizzando efficacemente il cibo come fonte di energia.
Affrontare questa problematica e interrompere il circolo vizioso dell’infiammazione alimentare richiede più di una semplice volontà personale. È fondamentale cercare il supporto di professionisti, come nutrizionisti o medici specializzati, che possono aiutare a identificare gli alimenti che causano infiammazione e a sviluppare un piano alimentare personalizzato. Un approccio professionale può garantire una strategia alimentare che non solo aiuti a ridurre il peso, ma che sostenga anche il benessere generale e l’energia del corpo.
Con l’aiuto di esperti, è possibile creare un piano alimentare personalizzato che eviti gli alimenti pro-infiammatori e che incoraggi l’uso di cibi che favoriscano una risposta metabolica sana. Questo piano può includere una varietà di alimenti nutrienti che sostengono il metabolismo, migliorano l’energia e promuovono una gestione sana del peso.
Comprendere l’impatto dell’infiammazione alimentare e il suo ruolo nell’aumento di peso è cruciale. Con il giusto supporto e un piano alimentare personalizzato, è possibile gestire questa condizione e promuovere un benessere generale. Ricordati, intraprendere questo percorso con l’assistenza di professionisti è un passo essenziale verso una vita più sana e una gestione ottimale del peso.
Uscirne è possibile? Assolutamente sì, ma non puoi farlo da solo.
La nutricondria: un’ossessione per le intolleranze
Il termine nutricondria descrive un fenomeno in cui gli individui si auto-diagnostica intolleranze alimentari senza basarsi su un esame medico concreto. Si tratta di persone che eliminano certi alimenti dalla loro dieta, come lieviti, latticini o alimenti contenenti glutine, credendo di essere intolleranti, anche se non hanno ricevuto una diagnosi formale da un professionista sanitario.
La nutricondria è un termine relativamente recente che è stato oggetto di discussione tra vari esperti nel campo della nutrizione e della psicologia. Questo fenomeno si manifesta in un numero crescente di persone che interagiscono con il cibo in modo ansioso. Tendono a sostenere di soffrire di varie intolleranze alimentari e procedono con l’eliminazione di specifici cibi dalla loro dieta, spesso basandosi solo su sensazioni personali o informazioni non verificate, senza la consulenza di un medico.
La nutricondria può essere innescata da sintomi leggeri, come un modesto gonfiore addominale, che portano a credere erroneamente di essere intolleranti a certi alimenti. Ad esempio, molte persone credono di essere intolleranti al lattosio o al glutine senza aver eseguito test diagnostici adeguati. Le ricerche suggeriscono che solo una piccola percentuale di coloro che dichiarano di avere un’intolleranza hanno effettivamente confermato questa condizione attraverso test diagnostici appropriati.
Una forma di ipocondria alimentare
In pratica, la nutricondria può essere vista come una forma di ipocondria incentrata sull’alimentazione. Questo approccio può portare a diete fai-da-te potenzialmente pericolose, poiché l’eliminazione casuale di alimenti dalla dieta senza una guida professionale può portare a squilibri nutrizionali e ad altri problemi di salute.
Una dieta fai-da-te basata su percezioni errate di intolleranze alimentari può privare il corpo di nutrienti essenziali e causare più danni che benefici. La soluzione a questo problema non è semplice, ma inizia con la consapevolezza e l’educazione. È cruciale che le persone ricorrano a professionisti della salute e della nutrizione per ottenere diagnosi accurate e piani alimentari personalizzati.
La nutricondria è un fenomeno che richiede maggiore attenzione e comprensione. È essenziale sensibilizzare le persone sull’importanza di affidarsi a professionisti della salute per qualsiasi problema alimentare e incoraggiarle a non basarsi su auto-diagnosi potenzialmente erronee. Come raccomando sempre un approccio medico qualificato è fondamentale per garantire una dieta equilibrata e sana, libera da paure infondate e preoccupazioni eccessive legate all’alimentazione.
La pericolosità del fenomeno
La nutricondria, che sta emergendo come un fenomeno preoccupante nella nostra società moderna, può essere considerata un trend nocivo per la salute fisica e mentale delle persone. Questa condizione si verifica quando gli individui, credendo erroneamente di soffrire di intolleranze alimentari, eliminano arbitrariamente interi gruppi di alimenti dalla loro dieta. Tale comportamento non solo può portare a significative carenze nutrizionali, ma rischia anche di rendere l’alimentazione squilibrata e monotona.
Una delle maggiori preoccupazioni riguarda la tendenza di chi soffre di nutricondria a dubitare o a rifiutare le diagnosi mediche professionali. Questa diffidenza nei confronti del parere medico è uno dei sintomi più chiari di questo disturbo. In alcuni casi, le persone affette da nutricondria possono essere talmente convinte delle loro auto-diagnosi da rifiutare i consigli e le diagnosi dei professionisti della salute, mettendo a rischio il proprio benessere per seguire un regime alimentare auto-imposto e potenzialmente dannoso.
Studi recenti hanno evidenziato che la nutricondria è un problema in crescita, con un numero sempre maggiore di individui che si autodiagnostica erroneamente varie intolleranze alimentari. Questa tendenza ha un impatto negativo non solo sul benessere fisico, ma anche sulla salute mentale, contribuendo a un senso di ansia e stress legati all’alimentazione.
Consapevolezze e consigli da non sottovalutare
Chi pensa di soffrire di una qualche intolleranza dovrebbe certamente lasciar perdere le diete fai-da-te, proprio perché spesso richiedono l’eliminazione di alimenti fondamentali per l’organismo e questo crea scompensi a livello fisiologico, provocando persino problemi all’apparato digerente, al sistema immunitario, endocrino e nervoso. Solo il medico può prescrivere una dieta restrittiva e la nutricondria non è di certo un buon motivo per avviarne una in completa autonomia!
Inoltre, ricordate che, sebbene esistono diversi test per l’autodiagnosi di intolleranze alimentari, è sempre importante consultare un esperto in materia. Quest’ultimo potrà darvi consigli utili, personalizzati e basati su approfondite conoscenze: in molti casi, affidarsi a se stessi o al consiglio superficiale dato da un amico non è affatto una buona idea! Prima di fare una dieta, dobbiamo avere la totale certezza di soffrire di una specifica intolleranza e solo i test diagnostici possono confermarne la presenza. Perciò, prendetevi cura di voi e del vostro corpo… e attenzione alla nutricondria!
Come uscirne riacquistando forma e salute
Per uscire dalla spirale delle intolleranze alimentari e riacquistare forma e salute, il primo passo è l’ascolto attento del proprio corpo. È importante prestare attenzione ai sintomi che emergono alcune ore dopo aver mangiato. Gonfiore addominale, eccessiva debolezza e difficoltà a perdere peso sono segnali che non vanno ignorati. La consapevolezza di questi sintomi è il primo passo verso una soluzione.
Una volta riconosciuti questi segnali, è essenziale rivolgersi a un medico competente. Un bravo professionista, attraverso un’accurata visita e test diagnostici, può determinare se effettivamente si soffre di intolleranze alimentari. Questo passaggio è cruciale per identificare con certezza la causa dei disturbi e avviare un percorso di trattamento adeguato.
Il secondo passo fondamentale è la costruzione di una dieta personalizzata. In molti casi, l’adattamento dell’alimentazione è l’unico trattamento efficace per mitigare i sintomi dell’intolleranza alimentare. Un regime alimentare adeguato, eliminando gli alimenti che causano la risposta infiammatoria, permette non solo di perdere peso ma anche di sentirsi più in forma e in salute. Seguendo questi consigli, con l’assistenza di un medico e con una dieta su misura, è possibile migliorare significativamente la propria qualità di vita. E come dice la vostra Nonna Paperina, con impegno e attenzione, la strada verso il benessere è più che possibile!
Questa sono io e il mio motto è : Don’t worry be happy
Mi chiamo Tiziana Colombo e il mio motto è “Don’t worry, be happy”. Questa filosofia di vita si riflette in ogni aspetto del mio essere, specialmente quando si tratta di cucina. La cucina, per me, non è solo un’attività: è una passione, un modo di esprimere amore e creatività. Ogni volta che mi trovo in cucina, sia nei momenti liberi sia nei periodi più affollati, trovo sempre la gioia nel pensare a un nuovo piatto, sperimentare con un ingrediente diverso, o perfezionare una ricetta.
Il momento più gratificante per me è quando condivido le mie creazioni con gli altri. Mettere l’amore in ogni piatto che preparo è il mio segreto. Aspetto con trepidazione i loro commenti e reazioni, sperando di aver superato le loro aspettative, ma anche temendo di non essere stata all’altezza. Per me, la cucina è un atto di condivisione; non si cucina solo per se stessi, ma per portare gioia e amore a chi ci circonda.
La mia aspirazione è che chiunque assaggi i miei piatti possa sentire e apprezzare la passione e la cura che metto nella preparazione e nel servizio. Ogni piatto racconta una storia, trasmette un’emozione, condivide un pezzo della mia anima.
Nella mia cucina, si parla anche di salute e benessere. Se anche tu stai lottando con la perdita di peso o pensi di essere intollerante a qualche alimento, ti invito a condividere la tua esperienza. Sarò lieta di rispondere a tutti i tuoi commenti, di offrire consigli e di condividere la mia esperienza. Insieme, possiamo esplorare il mondo della cucina sana e scoprire nuovi modi per godere del cibo senza compromettere il benessere.
Il mio approccio alla cucina è guidato da un semplice, ma profondo motto: “Don’t worry, be happy”. È un invito a godere della vita, ad amare ciò che facciamo e a condividere questa gioia con gli altri. Attraverso la cucina, esprimo questo messaggio, sperando di ispirare e portare felicità in ogni piatto che preparo.
Cucina con gli ingredienti di stagione
Mai fare autodiagnosi!
Si fa un gran parlare di intolleranze alimentari e di allergie alimentari. Il problema è che spesso se ne parla male, si confondono le acque e si traggono consigli inefficaci.
Per esempio, è comune l’idea secondo cui intolleranza e allergia siano la stessa cosa. Non è così. Certo, di tanto in tanto i sintomi sono sovrapponibili, e una sostanza può essere contemporaneamente causa di intolleranza e allergia, ma si tratta di due disturbi diversi.
L’intolleranza è la reazione negativa all’assunzione con una determinata sostanza. L’allergia, invece, è la reazione negativa al contatto con una determinata sostanza. Tale contatto può essere frutto di un’assunzione vera e propria, ma non è una esclusiva, ossia può avvenire anche solo a livello cutaneo.
L’intolleranza raramente coinvolge il sistema immunitario, mentre coinvolge più frequentemente gli organi dell’apparato digerente. Nella stragrande maggioranza dei casi un individuo è intollerante perché il suo organismo non contiene gli enzimi necessari al metabolismo di una sostanza. E’ il caso dell’enzima lattasi per gli intolleranti al lattosio. Di contro, l’allergia coinvolge sempre il sistema immunitario. Per ragioni spesso genetiche, l’organismo individua in quella specifica sostanza un “nemico”, un corpo estraneo e pericoloso, dunque reagisce in maniera “scomposta”.
Si segnalano differenze anche per quanto concerne l’incidenza. Le percentuali cambiano da popolazione a popolazione, visto e considerato la forte componente genetica di questi disturbi. Tuttavia, secondo stime recenti fino al 4% della popolazione soffre di una qualche forma di allergia alimentare. Le percentuali riguardanti, invece, le intolleranze alimentari sono ancora più elevate. Si parla anche del 20-30%. Il dato è “sporcato” dall’incidenza dell’intolleranza al lattosio, che è incredibilmente diffusa. Le allergie tendono ad esordire nei primi anni di vita, e in alcuni casi spariscono raggiunta l’età adulta. Le intolleranze, invece, compaiono più frequentemente superata l’adolescenza.
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea.
I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica – nella maggior parte dei casi – in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas.
Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via.
Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.
Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia.
E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi.
In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.
Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise.
La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare – seppur impercettibilmente – l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali.
Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti.
Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.
Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie.
In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten.
Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.
Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave.
La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina.
Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso.
Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.
Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce.
Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi.
La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo – e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc.
Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!
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Mai fare autodiagnosi
Sintomi e sostanze scatenanti
Da quanto appena detto deriva anche l’eterogeneità di sintomi che allergie e intolleranze provocano. I sintomi delle allergie sono sovente sistemici e violenti, e possono includere forte malessere, rush e problemi respiratori. Se l’interazione con la sostanza avviene a livello cutaneo, si possono notare eczemi in corrispondenza della zona di contatto. E’ il caso dell’allergia al nichel. Non mancano, soprattutto in caso di assunzione, problemi gastrointestinali, come dolori, crampi, diarrea e nausea. I sintomi delle intolleranze sono più circoscritti e sono principalmente gastrointestinali. Ciò si verifica - nella maggior parte dei casi - in quanto l’organismo non riesce ad assimilare la sostanza, dunque produce gas nel tentativo di farlo. Tale abnorme quantità di gas provoca i sintomi che abbiamo appena descritto. Questo è proprio il caso dell’intolleranza al lattosio, infatti il lattosio rimane per lo più integro, anziché scomporsi in glucosio e galattosio, stimolando un accumulo di gas. Una differenza tra allergie e intolleranze, che spesso viene scambiata per punto in comune, è la classe di sostanze che scatenano le une e le altre. Nel caso delle allergie, la sostanza incriminata è un alimento nel suo complesso. Nel caso delle intolleranze, è spesso una molecola, uno zucchero o una proteina. Le allergie alimentari più comuni riguardano il latte, il miglio, il frumento, le uova e i crostacei. Le intolleranze alimentari più comuni, invece, riguardano il lattosio, il glutine e così via. Ciò pone in essere conseguenze diversificate sul tenore di vita. In buona sostanza, quello degli allergici risulta molto più compromesso. Dover evitare una sostanza è un conto, dover evitare un alimento è un altro paio di maniche. Giusto per fare un esempio, chi è intollerante al lattosio può comunque bere latte e consumare latticini, purché siano delattosati. Chi è allergico al latte non dispone di questa possibilità.Come diagnosticare allergie e intolleranze?
La diagnosi delle allergie alimentari è sostanzialmente clinica, dunque è frutto dell’osservazione di reazioni visibili e misurabili empiricamente. Ciò ha determinato la convinzione secondo cui anche il singolo individuo possa giungere a una diagnosi, senza l’aiuto di un esperto. In realtà è un errore madornale. L’autodiagnosi è fallace in quanto per individuare correttamente la malattia è necessario un bagaglio di conoscenze utile ai fini dell’interpretazione dei fenomeni. Inoltre, è anche pericolosa in quanto si rischia di scatenare i sintomi della malattia. E’ vero che la diagnosi passa per prove ed errori, ma queste devono susseguirsi in una prospettiva di riduzione dei rischi propria della professione medica. Dunque, sì all’eliminazione dalla dieta di questo o quell’elemento, per capire se è proprio lui a scatenare i sintomi allergici. Si anche all’aggiunta di dosi ulteriori del sospetto allergene per verificare la reazione dell’organismo, ma secondo tappe e indicazioni ben precise, fornite dallo specialista. Anche l’intolleranza viene diagnostica o più frequentemente “scovata” con l’aggiunta o la sottrazione di elementi specifici dalla dieta. Il primo scopo è comunque escludere l’allergia, cosa tra l’altro abbastanza semplice vista la diversità di sintomi. In alcuni casi sono a disposizione alcuni test che garantiscono una diagnosi. E’ il caso del breath test per le intolleranze al lattosio. Il paziente viene invitato a consumare del latte, in modo progressivo. Successivamente, soffia in un macchinario che analizza la composizione dell’aria immessa. Se si riscontra una quantità di anidride carbonica esagerata, allora si è in presenza di una intolleranza, infatti l’abbondanza di CO2 è causata proprio dalla cattiva digestione e dal malassorbimento. Se vi è un sospetto caso di celiachia, invece, si possono realizzare degli esami del sangue per rintracciare gli anticorpi specifici, in quanto tale patologia “stimola” comunque il sistema immunitario.Gli esami strumentali nello specifico
Vale la pena approfondire la questione degli esami strumentali. Molti, infatti, pensano all’iter diagnostico con un po’ di timore reverenziale, immaginando chissà quale pratica complessa o dolorosa. In realtà è tutto molto semplice, e nemmeno troppo scomodo. Ciò vale soprattutto per il breath test. Sul meccanismo di azione ho già accennato qualcosa prima, rimane da affrontare il tema della “preparazione”, che merita particolare attenzione. Infatti, non ci si può presentare al breath test come se nulla fosse, ma occorre seguire delle regole ben precise. La più importante riguarda il digiuno: esso deve durare per le otto ore precedenti al test. Lo scopo è quello di giungere con lo stomaco e gli intestini “vuoti”, analizzando al meglio l’impatto del lattosio sull’apparato digerente senza interferenze. Stesso discorso per il fumo. Il consumo di tabacco, infatti, può alterare - seppur impercettibilmente - l’attività respiratoria, inducendo all’errore l’esaminatore. E’ bene, poi, consumare cibo leggero in occasione dell’ultimo pasto (almeno otto ore prima del test). A tal proposito, si consiglia riso, carne o pesce, degli alimenti che producono pochi gas intestinali. Più complessi sono i test per la diagnosi della celiachia, almeno dal punto di vista medico. Per il paziente sono una “passeggiata”, in quanto constano di un semplice prelievo di sangue. Questo viene poi analizzato per verificare la presenza di anticorpi specifici contro il glutine. Gli anticorpi possono essere anti-transglutaminasi (tTG), anti-gliadina (AGA) e anti-endomisio. I risultati, per ovvi motivi, sono difficili da leggere, ma per questo ci sono esperti e specialisti. Se i risultati non sono chiari, o se la celiachia è a uno stadio precoce, è possibile sottoporsi ad alcuni test genetici. Questi hanno lo scopo di verificare la presenza di componenti genetiche associate alla celiachia. I test genetici sono comunque abbastanza rari, anche perchè costano parecchio.Comportamenti e terapie
Quando si è in presenza di un’allergia alimentare, l’unica terapia realmente a portata di mano è l’esclusione totale dell’alimento dalla propria dieta. Tuttavia, in alcuni casi ciò non risulta possibile in quanto provoca un grave peggioramento della qualità della vita. Un’evenienza non comune, ma che fa riferimento solo alle situazioni in cui sono presenti contemporaneamente molte allergie. In questi casi si procede con delle immunoterapie, che prevedono l’esposizione graduale e crescente all’allergene nel tentativo di ripristinare una corretta risposta immunitaria. Nella peggiore delle ipotesi, ovvero quando la sensibilità è estrema si possono assumere farmaci chelanti, che di fatto disintossicano il corpo dalla sostanza incriminata. Per la celiachia vale lo stesso discorso, solo che in questo caso ci si ferma all’eliminazione del glutine. E’ infatti uno sforzo meno gravoso di quanto si pensa, dal momento che esistono molti alimenti che possono sostituire al meglio i cibi full-gluten. Discorso diverso, invece, per l’intolleranza al lattosio. Nella fattispecie è possibile evitare latte, latticini e formaggi freschi, o puntare sulle varianti delattosate. La rimozione del lattosio è un’operazione banale, che altera solo un po’ il gusto. Il procedimento consiste nell’immissione dell’enzima lattasi nel latte. Tale enzima, che manca negli intolleranti, di fatto “scompone” il lattosio. Il lattosio si trasforma poi in glucosio e galattosio, sostanze digeribili da chiunque.Lo stile di vita di chi soffre di intolleranze alimentari
Chi soffre di intolleranze alimentari o allergia va incontro a un drastico peggioramento della qualità della vita? Il senso comune suggerisce di sì. Se l’unica terapia possibile, eccettuati i casi speciali (es. immunoterapia) è rinunciare agli alimenti che provocano i sintomi, si fa presto a concludere che questi disturbi privano di uno dei piaceri della vita, ossia mangiare ciò che si vuole. Il ragionamento ha una sua fondatezza, ma corrisponde al vero solo se chi ha ricevuto una diagnosi “si lascia andare” e non reagisce con furbizia di fronte a un problema in effetti piuttosto grave. La verità è semplice: si può convivere con le intolleranze e con le allergie senza compromettere il proprio rapporto con il cibo. Insomma, si può evitare di scambiare le sofferenze fisiche (sintomi da intolleranze e allergie) con le sofferenze psicologiche. Il segreto sta nel cambiare il proprio approccio all’alimentazione, intraprendendo un percorso di conoscenza degli alimenti. La natura offre tanti alimenti in grado di sostituire quelli che, per una intolleranza o un’allergia sono off limits. Nella stragrande maggioranza dei casi sono buoni, nutrienti e porgono il fianco alla buona cucina. Per intraprendere questo percorso e portarlo a termine sono necessari alcuni “ingredienti”. In primo luogo è necessario metabolizzare la diagnosi sul piano psicologico. Non è un processo immediato, ma prima o poi tutti se ne fanno una ragione. Secondariamente è necessario sviluppare una forma mentis diversa e più aperta a nuovi sapori, che vanno oltre gli approcci diversi da quello “mediterraneo classico”. E’ un caso, ma buona parte degli alimenti “agibili” provengono da altri contesti, e lo stesso si può dire delle ricette che ne fanno uso. Infine, è bene sviluppare una vera cultura della condivisione. Coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di crescita, o più banalmente condividere i pasti “anti-intolleranze” restituisce una dimensione di normalità e cambia la percezione che i “sani” hanno degli intolleranti e degli allergici.Alcuni dettagli sull’intolleranza al lattosio e sulla celiachia
Cosa significa, nello specifico, convivere con questi disturbi? Rispondo alla domanda limitando il campo di indagine a quelli più diffusi: l’intolleranza al lattosio e la celiachia. D’altronde, ne so qualcosa, visto che sono affetta da entrambe. Attualmente, dopo aver intrapreso un percorso di conoscenza e di evoluzione del mio rapporto con il cibo, posso dirmi soddisfatta. Per me questi disturbi non sono un problema in quanto ci convivo non solo sul piano psicologico, ma anche come stile di vita, applicando in modo oculato eventuali rinunce. Per esempio, affronto l’intolleranza al lattosio sostituendo il latte e i suoi derivati con versioni vegetali, come il latte di mandorla, il latte di cocco e il latte di soia. In alternativa, posso tranquillamente consumare prodotti delattosati, che sono buoni come quelli “normali” sebbene un po’ più costosi. La celiachia mi ha imposto un cambio di marcia pesante, che mi ha portato a scoprire tanti alimenti e a esprimere un livello di creatività in cucina per me inedito (ho sempre amato sperimentare). Sostituiscono la farina di frumento con quella di riso e di mais, come fanno tutti, ma allo stesso tempo consumo - e preparo deliziose ricette – con farine diverse e più esotiche. Qualche esempio? La farina di amaranto, la farina di quinoa, la farina di fonio etc. Non è uno sforzo, ma piuttosto un piacere. Anche perché nella stragrande maggioranza dei casi aggiungono un tocco di fantasia ai piatti. Senza considerare le loro proprietà nutrizionali, che sono spesso più accentuate rispetto delle farine standard. Non di rado contengono anche molte proteine e sono ricche di sali minerali e di vitamine. Per quanto concerne l’apporto calorico non ci sono grosse differenze, del resto la farina è sempre farina!Cucinarea per il tuo evento perfetto!
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Ebook scaricabili gratuitamente
In questa sezione potrete scaricare gratuitamente alcuni ebook che, sono sicura, vi saranno di grande aiuto in cucina.
Ebook, un formato perfetto per imparare divertendosi Qui su Nonnapaperina.it ho preparato per voi una sezione piena di ebook da scaricare gratuitamente. Gli ebook sono pieni di contenuti esposti in modo leggero e gradevole. Reputo, infatti, che questo formato sia l’ideale per imparare divertendosi, senza necessariamente appesantire il contenuto con testi troppo corposi. D’altronde, sono pensati per essere visualizzati con facilità anche dal cellulare, ovunque vi troviate.
Tutti gli ebook riprendono un tema e lo approfondiscono. Dopo una prima parte introduttiva e descrittiva, presentano alcune ricette ad hoc, corredate di indicazioni precise e immagini che mostrano il risultato finale. Troverete ovviamente una dettagliata lista di ingredienti (con particolare riferimento al dosaggio) e la preparazione della ricetta esposta in modo semplice ed alquanto creativo.
Perché quindi scaricare gli ebook? In primo luogo perché sono gratis, secondariamente perché rappresentano una risorsa per migliorare le proprie “performance” in cucina, senza doversi sorbire complicati e lunghi manuali. Avete solo l’imbarazzo della scelta, vista l’abbondanza dei temi che ho affrontato in questi anni.
Gli ebook tematici
Come ho già specificato, gli ebook sono principalmente “tematici”, ovvero affrontano un alimento, un pasto della giornata o un evento. Ho scelto questo approccio in quanto mi è sembrato quello più utile, in grado di fornire un valido aiuto a chi è alla ricerca di soluzioni per soddisfare una specifica esigenza.
Non mancano ovviamente gli ebook dedicati alle festività. In particolare, ho affrontato il tema della cucina natalizia, ma ho dedicato un ebook anche a feste meno tradizionali ma ormai radicate dalle nostre parti, come Halloween. Altri ebook si concentrano su uno specifico alimento, come la zucca, un ortaggio che merita di essere apprezzato non solo per il gusto e per le proprietà nutrizionali, ma anche per la sua versatilità. Quest’ultima qualità emerge anche solo sfogliando l’ebook, ricco di ricette molto diverse tra di loro.
Ho parlato anche dei pasti in sé. Per esempio, ho dedicato un ebook ai dessert, argomento che appassiona tutti colori che si cimentano in cucina. Inoltre, ho dedicato un ebook alle colazioni, a rimarcare l’importanza di questo pasto, e ai contorni (soprattutto insalate).
Un compromesso tra tradizione e sperimentazione
Tutti gli ebook procedono da un’attenta selezione di ricette. Ho cercato di raggiungere un equilibrio tra tradizione e sperimentazione, fondendo i due approcci. Reputo, infatti, che la tradizione vada rispettata, ma vadano lasciati margini per la creatività. L’importante è replicare lo “spirito” di un piatto tradizionale, a prescindere dalle sostituzioni che possono coinvolgere gli ingredienti.
In tutti gli ebook ho dato ampio spazio alle ricette anti intolleranze alimentari. Spesso vedrete ricette realizzate con basi senza glutine, con creme senza lattosio e con alimenti a basso contenuto di nichel. Inoltre, si potrebbe considerare questa scelta come una sorta di auto-limitazione. In realtà si tratta di un pregiudizio, e non è certo l’unico quando si indaga il rapporto tra il senso comune e le intolleranze alimentari.
Infondo, il messaggio che questi ebook vogliono lanciare è il linea con ciò che cerco di trasmettere con Nonnapaperina.it, ossia è possibile sconfiggere le intolleranze alimentari con la buona cucina e con un approccio creativo, che può essere condiviso con chiunque (intolleranti e non). Insomma, le ricette sono pensate a uso e consumo di celiaci e intolleranti in generale, e sono godibili anche da tutti gli altri. Un terreno comune che regala grandi soddisfazioni, a prescindere da disturbi e patologie. Fammi sapere che ne pensi!.
Don’t worry be happy
Non preoccuparti e sii felice. Questo è il mio motto.
Ricordo ancora quando, molti anni or sono, mi diagnosticarono non una ma ben tre intolleranze: al lattosio, al nichel e al glutine. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di metabolizzare la notizia. Mi sentivo perduta, mi prendeva il magone al solo pensiero di dover rinunciare ai miei piatti preferiti. Se è vero che anche il cibo è fonte di felicità, sentivo di averla persa per sempre.
Ben presto ho scoperto che la cucina è la chiave per uscirne e non perdere nulla nella vita. Sono sempre stata appassionata di cucina e del buon cibo. Ho sempre manifestato interesse per le ricette della tradizione italiana e per quelle estere. Inoltre, non mi sono mai tirata indietro quando si trattava di sperimentare. Proprio l’apertura mentale al nuovo mi ha salvata. Ho capito ben presto che là fuori c’era una marea di alimenti ancora alla mia portata, e infinite ricette con cui valorizzarli.
Nonnapaperina.it nasce proprio per questo scopo, ossia condividere con voi non solo le ricette per intolleranti, ma anche un approccio diverso alla gestione della malattia. Un approccio che non punta a limitare i danni, ma a trovare la felicità in una cucina solo all’apparenza diversa. In tutto ciò mi ha spinto il senso di condivisione, che non mi è mai mancato, ma anche la consapevolezza di poter fare del bene, contribuendo alla serenità altrui.
Nonnapaperina.it nel suo piccolo è la dimostrazione di come le intolleranze alimentari possano essere sconfitte proprio sul terreno in cui sembrano avere vita facile: l’alimentazione. In realtà le difficoltà della vita sono un’occasione per mettersi in gioco. Un paradosso buffo, ma che trova conferme nella vita reale: le difficoltà spingono a mettersi in gioco, e mettersi in gioco significa superare le difficoltà.
Mi rivolgo a tutti coloro che hanno ricevuto di recente una diagnosi di intolleranza alimentare, di allergia alimentare o di celiachia. Sentitevi in diritto di dispiacervi per tutto il tempo necessario, prendetevi tutto il tempo che vi serve per elaborare la notizia. Dopo, però, rialzatevi e reagite. Anche perché potete farlo. La soluzione è a portata di mano e anche divertente, ossia ripensare la cucina, l’alimentazione e il proprio rapporto con il cibo.
Vi consiglio anche di abbandonare prima possibile i pensieri negativi che, certamente, stanno affollando la vostra mente. Lo so perché ci sono passata anche io. Un esempio? La convinzione che la condizione di intollerante alimentare segni un solco rispetto al prossimo e alle altre persone è molto consistente. D’altronde, non potete mangiare alcune delle cose che gli altri mangiano tutti i giorni!
E’ un pensiero negativo e falso. In primo luogo, il concetto di intolleranza alimentare è entrato stabilmente nell’immaginario collettivo, dunque nessuno si stupisce di una persona che soffre di questo disturbo. Oggi più che mai lo stigma della malattia è superfluo e fuori luogo. Secondariamente gli alimenti a disposizione degli intolleranti e le ricette che su di essi si basano sono buoni per tutti, anche per chi non soffre di problemi del genere. Insomma, la “ghettizzazione” non ha senso di esistere, men che meno quella in cui il presunto malato relega se stesso.
Anzi, molti accolgono con gioia la possibilità di sperimentare nuovi piatti in cucina. Un dolce realizzato con una farina alternativa può suscitare maggiore interesse rispetto a un dolce classico. E poco importa se si toccano le corde dell’appartenenza. Non è certo un alimento a fare di un piatto il simbolo della tradizione!
Stesso discorso per la paura di provocare fastidi agli altri nelle occasioni sociali, quando si va a mangiare fuori tutti assieme. Quello delle intolleranze alimentari non è affatto un tabù, dunque tutte o quasi le attività di ristorazione offrono alternative a chi soffre di intolleranza al lattosio, al nichel, o per chi è affetto da celiachia e da allergie. Per questo motivo vi consiglio di fare come me, anche se la diagnosi vi ha sconvolto e vi ha preso in contropiede. Non preoccupatevi, siate felici. La soluzione c’è ed è molto concreta.
Ho aperto questo mio excursus sulle intolleranze alimentari e allergie alimentari con un riferimento alle mie diagnosi. In realtà la mia storia da questo punto di vista è un po’ più lunga e complessa. Vale la pena raccontarla, in quanto può offrire qualche spunto per superare certi passaggi forse un po’ più ardui. Il giro di boa più importante è avvenuto a qualche mese di distanza dalle prime diagnosi, quando ero già venuta a patti con la mia nuova condizione.
Ebbene, non ero più intollerante al nichel, ma ero proprio allergica. La notizia non mi ha sconvolto più di tanto in quanto si trattava pur sempre di evitare o gestire il nichel. Tuttavia, ho scoperto sulla mia pelle che l’allergia porta ad una sensibilità ancora più spiccata. Azzerare il nichel è impossibile, dunque mi sono sottoposta inizialmente a una terapia iposensibilizzante, che punta a introdurre nel mio corpo quantità di nichel dapprima minime, e poi via via più elevate, in modo da abituare l’organismo.
La terapia è fallita, in quanto la mia estrema sensibilità alla sostanza non lasciava margini di manovra. Ho provato quasi subito con una terapia chelante, che invece consiste nella disintossicazione naturale da alcuni metalli, nichel in primis. Questo rimedio ha funzionato, in quanto in poco tempo ho smesso di accusare i sintomi e ho potuto sospendere i cortisonici (che i sintomi li tenevano a bada).
Cosa dimostra la mia storia? Semplicemente, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili, esiste sempre una soluzione. Nel campo dell’alimentazione il mio caso è abbastanza particolare, eppure sono qui, soddisfatta della mia dieta e del mio rapporto con il cibo.
Cosa può fare per voi Nonnapaperina.it
Ho già introdotto il motivo per cui ho intrapreso il progetto di Nonnapaperina.it, ossia condivisione della mia esperienza e la possibilità, per tutti, di fruire di soluzioni a portata di mano per un’alimentazione a prova di intolleranze alimentari. Tanto vale, quindi, parlare un po’ del sito e dare qualche consiglio per “viverlo” al meglio. Ad esempio, per la vita di tutti i giorni, fate riferimento alla sezione “ricette per intolleranti”. Ne trovate a bizzeffe, tutte categorizzate per portata (primi, secondi etc.), momento della giornata (colazione, pranzo, cena), funzione (basi, impasti, creme, salse) e molto altro ancora.
Non trascurate, però, anche la sezione sulle festività. Se il principio cardine del progetto è la condivisione, allora la palla passa presto a voi, quindi condividete liberamente le ricette con i vostri cari e con i vostri amici. E quale migliore occasione di una festività, sia essa il Natale, la Pasqua o la Festa della Mamma? Non di rado le ricette hanno un ché di artistico. I piatti porgono il fianco a un concetto “elevato” di cucina, che coinvolge non solo il senso del gusto, ma pone le basi per un’esperienza a tutto tondo. Il tutto a uso e consumo degli intolleranti alimentari, o degli amanti del buon cibo in generale.
Il consiglio, comunque, è quello di spaziare. Il sito è basato sul principio dell’ipertesto, ossia ciascuna ricetta ne richiama altre, e molte altre ancora. Lasciatevi trasportare e vi sembrerà realmente di intraprendere un viaggio nella cucina anti-intolleranze alimentari, nella sua versione più “friendly” e divertente! Buona degustazione a tutti!
Intolleranze alimentari e allergie si sconfiggono a tavola
Quello delle intolleranze alimentari e delle allergie rischia di diventare un problema di ordine sociale se non viene gestito con attenzione. In primis per le dimensioni del fenomeno. Si stima, infatti, che circa il 10% della popolazione soffra di un qualche disturbo legato all’assorbimento di sostanze alimentari e, allo stesso tempo, in grado di generare sintomi più o meno importanti. Sul banco degli imputati vi sono l’intolleranza al lattosio e la celiachia, che sono le patologie in assoluto più diffuse, ma vanno prese in considerazione anche l’allergia e la sensibilità al nichel.
Per inciso, la distinzione tra intolleranza e allergia è fondamentale ai fini medici. I sintomi sono infatti diversi per tipologia o per intensità (o per entrambi). A fare il bello è il cattivo tempo è in particolar modo l’allergia, che coinvolge il sistema immunitario e quindi determina una sintomatologia spesso e volentieri sistemica. Le intolleranze alimentari, invece, producono prevalentemente sintomi gastrointestinali. Discorso a parte per la celiachia, che tecnicamente non è un’allergia, ma coinvolge ugualmente il sistema immunitario.
La distinzione tra intolleranza e allergia, tuttavia, assume una posizione di secondo piano per quanto concerne gli approcci terapici, o per meglio dire “di gestione”. Al netto di alcune eccezioni, che riguardano i casi di “scarsa tollerabilità”, intolleranze e allergie vanno trattate allo stesso modo, ovvero evitando le sostanze che creano i disturbi. Nella quasi totalità dei casi, infatti, non esiste una terapia risolutiva e quindi la guarigione è un’ipotesi da escludere.
Ne è consapevole chi viene raggiunto da una diagnosi di intolleranza o allergia. L’impatto emotivo della diagnosi è molto forte proprio per l’impossibilità di raggiungere una guarigione completa. Sia chiaro, il disorientamento iniziale è fisiologico e giustificato. Tuttavia, deve essere destinato a durare poco, ovvero il tempo necessario a prendere atto della buona notizia riguardante intolleranti e allergici: convivere con questi disturbi si può! E’ possibile quindi convivere con i disturbi alimentari senza rinunciare ai propri piatti preferiti e senza dire addio al proprio stile alimentare.
Non surrogati ma scelte alimentari consapevoli
Le intolleranze alimentari e le allergie si combattono non solo con le armi della medicina, ma anche attraverso un cambio di mentalità, che a sua volta coinvolge il modo di intendere la cucina. Il trucco è semplice, basta non guardare agli alimenti anallergici e anti-intolleranze come a dei surrogati degli “alimenti normali”. Gli alimenti per intolleranti sono infatti alimenti dotati di una propria specificità e in grado di offrire molto sul piano organolettico e visivo.
Chi soffre di intolleranze alimentari e di allergia non dovrebbe replicare il consumo di latte, pane o altri alimenti, ma dovrebbe valorizzare gli alimenti a cui può attingere in tutta sicurezza. Adottare questo approccio significa innanzitutto svincolarsi dal ruolo del “malato”, focalizzandosi in realtà su altri alimenti.
Ad aiutarci in questo senso c’è la natura con le sue molteplici varietà. Gli alimenti che fanno al caso del celiaco, o all’intollerante al lattosio, sono numerosi e spesso buoni e belli da vedere; inoltre sono molto versatili in quanto possono dare inizio a molte ricette davvero sfiziose. Non lo sono solo per chi soffre di queste patologie, ma anche per tutti gli altri. Le implicazioni dal punto di vista sociale sono evidenti.
Col mio sito di cucina porto avanti esattamente questa filosofia. Non è solo uno spazio per conoscere ricette, ma anche un vero e proprio manifesto per chi vuole affrontare le intolleranze alimentari con armi meno tediose di quelle esclusivamente sanitarie. In quest’ottica la farina di riso non è un surrogato della farina tradizionale, ma un elemento a parte con cui realizzare ricette deliziose, che si abbinano con una grande varietà di ingredienti. E lo stesso, ovviamente, si può dire delle farine di amaranto, di fonio, di quinoa etc. Un discorso simile può essere fatto anche per l’intolleranza al lattosio. Al netto della possibilità di delattosare il latte, le varianti vegetali godono di una propria dignità gastronomica e porgono il fianco a un interessante approccio creativo in cucina.
Tra l’altro, questo cambiamento forzato pone le condizioni per un viaggio attraverso le cucine alternative e gli alimenti più esotici. Ecco che si capovolge la prospettiva: intolleranze e allergia non sono solo una condizione gestibile, ma anche un’occasione di arricchimento.
Intolleranze alimentari e socialità, un falso problema
Un altro dei motivi per cui la diagnosi di intolleranza o allergia fa molta paura, gettando nello sconforto chi ne soffre, riguarda le implicazioni per la vita sociale. Chi ha ricevuto una diagnosi da poco è convinto nella maggior parte dei casi che la sua patologia inciderà negativamente sulle occasioni di socialità, sia dal punto di vista psicologico – emotivo che dal punto di vista pratico. Il timore è quello di sentirsi diversi e in qualche modo lontani dai canoni della normalità, questo può portare a disagi anche tra parenti e amici.
In realtà sono paure infondate. In primo luogo una condizione patologica non corrisponde a una condizione di “anormalità” (al netto dell’inconsistenza semantica del termine). Secondariamente basta un minimo di organizzazione e di consapevolezza per gestire anche le occasioni di socialità. Anzi, quando queste si svolgono fuori di casa, ossia nei locali adibiti alla ristorazione, la questione è addirittura più semplice. I gestori infatti sono nella maggior parte dei casi preparati ad accogliere clienti con intolleranze e allergie. In ogni caso basta informarsi prima e scegliere di conseguenza.
Ma il problema non si pone nemmeno se si mangia a casa di altri, o se si invitano a casa propria delle persone. In primo luogo perché le diagnosi di questo tipo non fanno scalpore in quanto sono ormai molto diffuse. In secondo luogo perché i piatti per chi soffre di intolleranze alimentari sono in realtà buoni per tutti, anche per chi non soffre di alcun disturbo. Al netto di tutto ciò, se si pone attenzione al tema della contaminazione alimentare, cucinare per intolleranti alimentari (o per allergici) è più semplice di quanto si possa immaginare.