Intolleranze alimentari, finalmente tutto chiaro
Intolleranze alimentari, finalmente tutto chiaro. Finalmente ho trovato un professore che mi aiuta a risolvere il mio problema. Nessuno capiva a cosa fossi allergica o intollerante e mi dicevano: mah, forse è questo, forse è quello, proviamo, proviamo, proviamo e intanto il mio problema si ingigantiva.
Ho conosciuto il Prof. Di Fede quando c’era mia sorella M.Grazia ammalata e da allora mi si è aperto un mondo nuovo.
Sono andata da lui per informarmi sull”ipertermia oncologica e in quell’occasione mi ha aiutato moltissimo e senza troppe riserve. Non avevo mai trovato sul mio cammino una persona che si dava tanto da fare per una perfetta sconosciuta.
In quell’occasione ho avuto modo di vedere nel suo studio una serie di poster e volantini che parlavano di intolleranze alimentari e a quel punto mi sono detta: io qui devo tornare e cosi è stato!
Vi terro’ aggiornati sullo sviluppo della situazione e i miei miglioramenti.Il problema delle intolleranze alimentari si è ingigantito enormemente negli ultimi decenni. Soffrire di intolleranza al cibo può essere davvero fastidioso.
Certe sintomatologie sfumate che coinvolgono differenti apparati ed organi hanno dimostrato di essere in parte acuite da intolleranze verso particolari cibi.
Oggi i vari tipi di intolleranze alimentari possono essere non solo diagnosticati in modo preciso ed oggettivo mediante una affidabile indagine di laboratorio ma anche curati come tale.
Nel 1994 il sottocomitato europeo dell’EAACI per le reazioni avverse agli alimenti al fine di stabilire un linguaggio comune nel campo delle reazioni avverse agli alimenti e di semplificare precedenti classificazioni per lo più basate su criteri misti clinico-patogenetici ha proposto una classificazione basata esclusivamente sui meccanismi patogenetici.
Le allergie alimentari sono relativamente rare. Di norma esse inducono quadri patologici acuti di breve durata mediati da IgE. Le intolleranze alimentari sono reazioni avverse agli alimenti subdole e soprattutto non IgE mediate.
L’allergia alimentare secondo le ultime statistiche colpisce solo 1-2 persone su 10, mentre le intolleranze sono un fenomeno di massa, che interessa 5-6 persone su 10.
le cause possono essere:
- ALTERAZIONE DELLA FLORA BATTERICA INTESTINALE : Nel 1906 Metnichoff affermava che la maggior parte delle patologie scaturisce da una situazione di squilibrio cronico dell’apparato digerente e dei batteri in esso contenuti. L’alterazione della flora batterica intestinale oggi conosciuta sotto il nome di disbiosi crea disturbi di assorbimento e conduce a processi fermentativi e putrefattivi che possono condurre al riassorbimento di prodotti metabolici.
Accade così che i fori delle pareti intestinali si allargano, lasciando passare particelle alimentari non metabolizzate e quindi giudicate dall’organismo estranee (non-self) e quindi “non tollerate”. - AGENTI STRESSANTI : La superficie intestinale corrisponde all’incirca a 300 metri quadrati infatti l’intestino non svolge esclusivamente delle funzioni di assorbimento. In realtà svolge anche un ruolo essenziale nell’azione del sistema immunitario dell’organismo umano. In particolare vanno ricordati i rapporti diretti che il sistema immunitario intestinale ha con il sistema nervoso.
Il nostro sistema immunitario è sempre più influenzato dalla presenza di fattori stressogeni di tipo diverso tra cui gli alimenti tossici e quindi “non tollerati”.
La principale funzione del tratto gastroenterico è quella di ridurre i cibi ingeriti ad elementi semplici che possano così essere assorbiti ed utilizzati per la produzione di energia e per la crescita cellulare. Durante questo processo operano meccanismi sia immunologici dipendenti dal GALT , sia fisiologici atti a bloccare l’ingresso di antigeni estranei attraverso la barriera mucosa gastrointestinale.
La gamma delle patologie va dalla rinite alla congiuntivite ma anche a talune forme di crisi di emicrania, di artrite, di disturbi intestinali, vertigini, edemi e gonfiori agli occhi e al volto. Le intolleranze più note sono l’ intolleranza al lattosio, l’ intolleranza al glutine o celiachia, la sensibilità al glutine, l’ intolleranza al nichel.
Intolleranze alimentari e sintomi più diffusi che possono manifestarsi:
- Problemi di digestione 62%
- Stanchezza 51%
- Gonfiore 48%
- Sensazione di pesantezza al capo o mal di testa 32%
- Eruzioni cutaneee 24%
- Dolori muscolari 17%
- Ansia, vertigini e tachicardia 11%
- Confusione e irritabilità 8%
L’intolleranza più comune, quella al lattosio
Giunti a questo punto vale la pena approfondire alcune delle intolleranze più diffuse. Al primo posto c’è l’intolleranza al lattosio. In questo caso le incidenze cambiano da paese a paese, ma in Europa circa un terzo delle popolazioni ne soffre. In Asia, invece, sono molto di più. Il motivo di questa frequenza risiede nella sua genesi. In natura, almeno guardando gli altri mammiferi, l’impossibilità di digerire il latte in età adulta è un tratto standard. Era così anche per gli esseri umani, fino a quando, intorno al IX millennio a.C. non è stata inventata la pastorizia.
L’evoluzione ha quindi selezionato i geni che permettono di digerire il latte, ovvero quelli che segnavano la permanenza dell’enzima lattasi. Il percorso è ancora in corso, sicché ad alcuni riesce comunque difficile e sono proprio questi ultimi a soffrire di intolleranza al lattosio. L’intolleranza al lattosio si può “sconfiggere” facilmente: basta evitare il latte e i suoi derivati, o consumarne varianti in cui il lattosio è stato scisso in zuccheri semplici mediante l’integrazione dell’enzima lattasi.
La celiachia, un disturbo frequente
La celiachia non è propriamente un’intolleranza, in quanto coinvolge il sistema immunitario. E’ comunque un disturbo dell’assorbimento piuttosto fastidioso. La celiachia impedisce una digestione “agevole” del glutine. I sintomi sono prevalentemente gastrointestinali, sebbene in alcuni casi gli effetti possono essere ben più gravi. Inoltre, secondo alcuni studi, una celiachia non trattata aumenta le probabilità di contrarre il tumore allo stomaco.
Come sempre quando si parla di intolleranze, l’unica soluzione è di evitare la sostanza incriminata. Purtroppo però il glutine è un po’ ovunque: nel pane, nella pasta, nella pizza e nei dolci da forno. Tuttavia evitarlo è più semplice di quanto si possa immaginare. Esistono infatti tantissime farine senza glutine in grado di sostituire quelle più comuni. Anzi, scoprirle e provarle può essere un piacere, visto che alcune sono anche esotiche. La resa è quasi sempre eccellente, mentre le proprietà nutrizionali in alcuni casi sono addirittura superiori in quanto contengono più fibre e sono più proteiche.
L’intolleranza al nichel, la più ostica
Parliamo ora dell’intolleranza alimentare più ostica in assoluto, quella al nichel. E’ ostica in quanto il nichel è presente un po’ ovunque e non fa riferimento a una classe alimentare ben precisa. E’ contenuta in molte verdure, in tanti ortaggi e in alcuni frutti. L’unica soluzione è imparare a memoria la lista degli “alimenti proibiti” e comportarsi di conseguenza.
Le rinunce potrebbero apparire troppe, ma c’è una buona notizia, anzi due. L’intolleranza al nichel si presenta con varie gravità, sicché molti intolleranti in realtà sono solo sensibili e possono consumare nichel in modeste quantità. In secondo luogo alcuni produttori coltivano frutta e verdura con il metodo idroponico, che sostituisce il suolo con un substrato ben preciso di sostanze nutritive. Ebbene, tali sostanze vengono di normale de-nichelizzate, sicché gli alimenti diventano sicuri anche per gli intolleranti a questa sostanza.
Alcuni consigli per approcciarsi bene alle intolleranze alimentari
Il tema delle intolleranze alimentari è molto complesso in quanto integra non solo elementi di carattere sanitario ma riguarda anche la sfera psicologica. Non di rado chi è raggiunto da una diagnosi di intolleranza, o peggio di allergia, cade nello sconforto perché teme di dover cambiare radicalmente il suo stile alimentare e rinunciare ai piatti che più gli piacciono. Da qui la necessità di adottare un corretto approccio, che deve essere innanzitutto mentale. Il miglior consiglio che si possa dare in questo caso è quello di prendere la palla al balzo e trasformare l’intolleranza in un’occasione per scoprire nuovi cibi e per esplorare il mondo dell’agroalimentare italiano ed etnico.
Come abbiamo visto, la gestione delle intolleranze è una questione di sostituzioni, e per fortuna madre natura è generosa da questo punto di vista. Certo, alcuni disturbi rendono più semplice questo percorso. Chi soffre di celiachia, per esempio, ha a disposizione un’infinità di farine da provare e integrare nelle proprie ricette. Lo stesso, purtroppo, non si può dire per gli intolleranti al nichel.
Cosa non fare se si soffre di intolleranze alimentari
Se si soffre di intolleranze alimentari è sconsigliato entrare in modalità “malato incurabile”, ovvero vivere l’intolleranza come una disgrazia a cui non c’è rimedio, o peggio ancora come una limitazione sociale. Un comportamento simile è del tutto fuori luogo ed è frutto di un sentore che non corrisponde alla realtà. Nessuno si stupisce – ammesso che ci si debba stupire – di chi soffre di intolleranze alimentari, un aspetto ben conosciuto anche da chi non è interessato direttamente.
La questione riguarda anche la gestione delle occasioni sociali. Andare a mangiare fuori non è un problema e non vi è alcun rischio di recare “fastidio”. La stragrande maggioranza delle attività di ristorazione sono attrezzate per servire gli intolleranti al lattosio e i celiaci. In ogni caso è sempre bene informarsi prima, quando si prenotano dei posti al ristorante, in pizzeria o nei pub.
Test per intolleranze alimentari: una guida facile!
Come si manifestano le intolleranze alimentari? I sintomi delle intolleranze alimentari si manifestano in maniera molto irregolare e coinvolgono tutto il nostro organismo: per questo motivo diagnosticarle non è un’impresa facile e non possiamo farlo in autonomia.
Esistono diversi test che permettono di diagnosticare l’ intolleranza alimentare e la comunità medica tende a suddividerli in due grandi famiglie:
- test convenzionali
- test per intolleranze non convenzionali
Scopriamo nel dettaglio quali sono, come funzionano e se sono davvero utili per diagnosticare le intolleranze alimentari. La diagnosi di intolleranza alimentare deve essere fatta da un professionista. Non fate autodiagnosi.
I test per le intolleranze convenzionali
Per districarci nell’immenso labirinto dei test per intolleranze alimentari, dobbiamo prima di tutto distinguere i test convenzionali da quelli non convenzionali.
Tra gli esami convenzionali vale la pena evidenziare:
- Prick Test: consiste nell’applicare su una superficie cutanea (solitamente l’avambraccio) alcune gocce di allergene purificato e controllare la reazione dermatologica dopo 15-20 minuti;
- Patch Test: viene applicato un cerotto contenente gli allergeni da testare al livello del dorso che deve essere mantenuto in sede per circa 72 ore, al termine delle quali il medico verificherà l’esito;
- RAST: è un esame del sangue che valuta la risposta immunitaria (quindi la presenza oltre i livelli normali dell’ormone IgE) del nostro organismo dovuta al contatto o all’assunzione di un determinato allergene
Fanno parte della stessa famiglia anche il test di Scatenamento, il Prist e il Prick by Prick. Tutte i test per intolleranza convenzionali vengono eseguiti negli ambulatori medici e si svolgono in contemporanea con altri esami.
I test convenzionali non diagnosticano la presenza delle intolleranze, ma mirano ad escludere la presenza di allergie, valutando se il tuo organismo ha una risposta immunitaria al cibo (cosa che con le intolleranze non avviene).
I test per intolleranze alimentari non convenzionali
Sono così chiamati perché non sono compresi nel piano diagnosi del Servizio Sanitario Nazionale. Sono esclusivamente focalizzati nel diagnosticare le intolleranze alimentari e possono prevedere prelievi del sangue ed esami elettro-diagnostici: scopriamo insieme i più importanti.
L’ALCAT Test
È tra i test più utilizzati per diagnosticare le intolleranze alimentari ed è l’unico riconosciuto dalla americana FDA (Food and Drug Administration) e dalla CEE. Il test viene eseguito su un prelievo di sangue tramite uno strumento, chiamato Robocat, che misura le variazioni di globuli bianchi a contatto con le sostanze testate.
Il risultato viene espresso attraverso 4 colori, in maniera molto semplice ed intuitiva:
- verde: non mostriamo nessuna intolleranza all’alimento
- giallo: mostriamo un’intolleranza leggera e non preoccupante
- arancione: questo risultato ci suggerisce di evitare quell’alimento per almeno 3 mesi
- rosso: l’alimento analizzato va evitato per almeno 6 mesi poiché in grado di causare una fortissima reazione
Successivamente a questa analisi, un nutrizionista ne valuterà i risultati e pianificherà, servendosi anche di un’attenta anamnesi del paziente, una dieta di disintossicazione dagli alimenti ai quali siamo intolleranti e, successivamente, una progressiva reintroduzione degli stessi nella dieta quotidiana.
Il DRIA test
Il DRIA test è basato sulla riduzione della forza muscolare: un computer misurerà la forza di contrazione del quadricipite femorale e se, quando entriamo in contatto con una determinata sostanza, l’indebolimento è uguale o superiore al 10%, si consiglia l’eliminazione di quel determinato cibo.
Il Vega test
È un test elettro-diagnostico che non prevede prelievo di campione sanguigno: ricreando, attraverso degli strumenti medicali, un circuito elettrico paziente-strumento, si misura un’eventuale caduta di energia nel momento in cui assumiamo un determinato alimento.
I test per le intolleranze alimentari non convenzionali sono molti e in questo post tenevo a sintetizzarvi quelli più importanti. Avete delle esperienze con questi o altri test in elenco? Fatemi sapere la vostra!
a cura dl Prof. Giuseppe Di Fede
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