bg header

Il sale, importante imparare ad usarlo

sale rosa Himalaya

Il sale, un’arma a doppio taglio

Il sale, importante imparare ad usarlo e dosarlo. Il sale è il re dei condimenti, è molto reperibile in natura e può essere ricavato da innumerevoli fonti. Se viene assunto nelle dosi consigliate fa bene alla salute, infatti, essendo ricco di sodio, favorisce la trasmissione degli impulsi nervosi e il naturale passaggio dei fluidi dentro e fuori le cellule. Il sodio, inoltre, è una sostanza fondamentale per mantenere il PH entro livelli fisiologici. Tuttavia, proprio la presenza di sodio, può rappresentare un problema se si eccede nelle dosi. Abusare di sale, e quindi di sodio, significa esporsi a tutta una serie di disturbi, aumentando l’incidenza di alcune patologie, che alla lunga possono risultare mortali o invalidanti.

Un consumo eccessivo di sale favorisce la ritenzione idrica e aumenta la pressione del sangue. Nel medio periodo determina l’insorgenza dell’ipertensione, con tutte le conseguenze del caso per il cuore e il sistema vascolare. In buona sostanza, aumenta il rischio di essere colti da infarti e ictus. Ma cuore, arterie e vene non sono gli unici organi a soffrire della pressione alta. Ne traggono notevoli svantaggi, infatti, anche i reni, gli occhi e il cervello. Per quanto riguarda i problemi acuti, dovuti ad una isolata iper-assunzione di sale, troviamo il vomito, le convulsioni, problemi respiratori e febbre.

Il sale nascosto nei cibi

Una dieta che preveda il giusto apporto di sale aiuta l’organismo a svolgere le sue funzioni. Un abuso, invece, può risultare fatale se prolungato. Dunque quale è la dose giusta di sale? Per rispondere a questa domanda è necessario conoscere il fabbisogno giornaliero di sodio, che è appunto l’elemento più problematico del sale. In media occorrono 1,5 grammi di sodio, e in ogni caso non si dovrebbe andare oltre i 3,5 grammi. Quindi, dal momento che il sodio rappresenta il 40% della struttura del sale, ne consegue che non si dovrebbe andare oltre gli 8 grammi di sale al giorno.

Più facile a dirsi che a farsi, infatti nel conteggio non va incluso solo il sale applicato manualmente, ma anche il sale (e il sodio) naturalmente presente negli alimenti. Una presenza che, in realtà, è piuttosto diffusa nelle materie prime e in alcune preparazioni. Il formaggio, gli insaccati e i salumi, infatti, contengono parecchio sale. Stesso discorso per i capperi e le olive in cui i processi di conservazione prevedono l’uso del sale. Anzi, secondo recenti studi, i casi di abuso di sale derivano non tanto dall’applicazione diretta, su cui è facile mantenere un controllo, quanto sul consumo di alimenti di questo tipo. Dunque può essere utile prestare attenzione agli alimenti, in modo da ridurre la quota di sale introdotta per via diretta. Proprio per questo è bene sperimentare le numerose alternative, in grado di insaporire gli alimenti senza l’utilizzo del sale.

Le migliori alternative per insaporire

Alcune alternative al sale sono facilmente intuibili, altre invece stupiscono perchè generalmente utilizzate per altri scopi. Vi consiglio, comunque, di valutare in modo concreto le seguenti alternative al sale, anche perché sono grado di aggiungere un sentore diverso alle preparazioni.

Erbe aromatiche. In questo caso avete solo l’imbarazzo della scelta tra basilico, prezzemolo, origano, salvia, rosmarino e coriandolo. L’effetto è diverso, ma spesso è sufficiente la loro presenza per insaporire i cibi e ridurre così l’apporto di sale.

Spezie. E’ la soluzione più logica, la prima che viene in mente. D’altronde, il ruolo delle spezie è soprattutto questo: insaporire. Le spezie più consumate sono il curry, la paprika, lo zafferano, la curcuma e lo zenzero. Ponete comunque attenzione alle dosi: non nuocciono come al sale, ma un loro abuso può essere problematico.

Aglio e cipolla. Strano ma vero, ma anche i normalissimi aglio e cipolla consentono di “dimenticare” il sale, o comunque utilizzarne il meno possibile. Allo scopo, vanno bene sia cotti che crudi.

Agrumi. Il limone è un condimento naturale, utilizzato da sempre. Spesso lo si impiega insieme al sale, ma assolve alla sua funzione anche in solitaria. Un discorso simile può essere applicato anche all’arancia, che però è più caratterizzata dal punto di vista organolettico. Pertanto, richiede sempre una riflessione sui sapori da abbinare.

Aceto e/o vino. Per l’aceto e il vino valgono le stesse precauzioni che per gli agrumi. Condiscono bene, e possono farlo anche senza l’ausilio di altre sostanze. Tuttavia, vanno abbinati con intelligenza, in modo da evitare sentori fuori luogo. Ad ogni modo, l’aceto “funziona” soprattutto sulle verdure. Il vino, invece, sulle carni e sul pesce. Se bianco, anche sui sughi.

Lievito alimentare. Quando si parla del lievito non si pensa certamente a un ingrediente per condire. E invece può giocare un ruolo anche in questo ambito. Anche perché non si tratta del classico lievito, bensì di una sua variante per il suo consumo a crudo. Contiene sodio, proprio come il sale, ma in misura minima. Può essere aggiunto sia durante la cottura dei cibi che dopo.

Un’alternativa particolare: il gomasio

Vi presento, infine,  una alternativa davvero speciale al sale. Un’alternativa che contiene… Il sale. Può sembrare un controsenso, ma non lo è. D’altronde, il sale è solo uno degli ingredienti. Dunque, in definitiva, si ottiene un effetto del tutto simile ma utilizzando solo una quantità minima della sostanza in questione, con tutto ciò che consegue (di benefico) per l’organismo. Gli altri ingredienti, poi, fanno bene alla salute in quanto ricchi di fondamentali nutrienti.

L’alternativa è il gomasio, che è realizzato con il sale (appunto) e con il sesamo. Questa sostanza non dovrebbe mai mancare nella propria dieta. Infatti, è ricca di omega tre, un acido grasso che impatta positivamente sull’apparato cardiovascolare, sugli organi visivi e sulle funzioni cognitive. Il sesamo contiene anche il calcio, che fa bene alle ossa, e una spiccata quantità di minerali. Il riferimento è allo zinco e al selenio, che oltre a esercitare una funzione antiossidante giovano al sistema immunitario.

Preparare il gomasio è molto semplice. Dovete tostare il sesamo al forno, a una temperatura di 100 gradi e per 15 minuti. Successivamente, pestate in un mortaio il sesamo tostato. Non dovete necessario trasformarlo in poltiglia, è sufficiente aprirne i grani. A questo punto, mescolatelo al sale. Le proporzioni tra le due componenti sono lasciate al gusto personale. In un’ottica salutistica, si dovrebbe prediligere un rapporto di 5 a 1 (a favore del sesamo ovviamente). Il gomasio è un condimento squisito. Funziona soprattutto sulle insalate, sulla carne e sul pesce.

Il nostro organismo, per mantenersi in vita e in buona salute, ha bisogno giornalmente di una certa quantità di circa 15-20 grammi in media). Tale è la quantità di sale che noi eliminiamo ogni giorno con le urine e col sudore e che dobbiamo perciò rimpiazzare con l’alimentazione.

La funzione principale è quella di trattenere l’acqua nei tessuti: se si considera che siamo fatti di acqua per 1’85%, risulta evidente !’importanza del cloruro di sodio per la nostra salute.

Ha altri importantissimi compiti, fra cui quello di fornire il cloro per la formazione dell’acido cloridrico del succo gastrico.

La presenza di sale da cucina negli alimenti in giusta quantità stimola inoltre le funzioni digestive, la secrezione della bile e l’assorbimento delle proteine e dei grassi. Un’alimentazione mista fornisce generalmente una quantità superiore al fabbisogno giornaliero di cloruro di sodio: questo però può variare secondo le condizioni ambientali e l’attività dell’organismo.

Il sale, importante imparare ad usarlo

La grande importanza  come alimento e condimento ha fatto passare in second’ordine le altre numerosissime applicazioni di questa preziosa sostanza. In medicina esso entra a far parte di purganti, di antidoti contro contro veleni industriali (nitrato di argento) e d soluzioni fisiologiche, da iniettare endovena in caso di collasso.

Nell’industria alimentare occupa un posto preminente nella conservazione di carni, pesci e insaccati. La salatura, infatti, impedisce la putrefazione degli alimenti ostacolando lo sviluppo dei batteri e assorbendo l’acqua delle fibre alimentari. Le sostanze da conservare, quindi, rimangono, per così dire, prosciugate dal sale che le circonda. Gli alimenti conservati sotto sale (prosciutto, lardo, merluzzi, aringhe, acciughe, carni, verdure in salamoia, ecc.) sono molto saporiti e nutrienti, ma vanno usati con molta moderazione per l’effetto irritante che il sale a lungo ì dare può provocare sull’apparato digerente e renale

Nel trattare il tema della nutrizioni è bene evitare fino dove possibile, di presentare i temi come se fossero delle certezze assolute. Eppure, almeno un argomento, sul quale sembra che gli specialisti siano d’accordo nel pronunciarsi senza mezzi termini, esiste: ed è quello del sale da cucina (il cloruro di sodio), e dell’altissima probabilità che vi siano stretti legami fra un suo uso eccessivo e il diffondersi dell’ipertensione arteriosa nelle società moderne.

Vero o no meglio non abusare

Questa malattia, che come è noto è caratterizzata dall’innalzamento permanente della pressione arteriosa al di sopra dei valori medi riscontrabili nei soggetti normali, è comunissima nelle società occidentali industrializzate, nelle quali si è dimostrata capace di raddoppiare il pericolo di morte per ictus cerebrali, attacchi cardiaci, malattie renali e altre affezioni, tanto da essere generalmente classificata al primo posto fra i “fattori di rischio” per le malattie cardiovascolari.

Dall’ormai acquisita convinzione di questi collegamenti “altamente probabili” – termine che sta a significare in pratica una certezza -· derivano, come è logico, la possibilità e la convenienza di limitare attentamente il sale nella dieta. Infatti, l’ipertensione arteriosa, si manifesta soprattutto se la sua comparsa è favorita e accelerata da fattori ambientali. Uno di questi fattori, molto specifico, è l’uso del sale in quanto apportatore di sodio (nel comune sale da cucina, il sodio rappresenta circa il 40% del peso).

Sul sale ci sono notizie storiche curiose.

Per esempio, l’esame dei denti fossili e dei coproliti di ominidi preistorici ha permesso di accertare che l’uomo primitivo aveva un’alimentazione prevalentemente vegetariana, ossia povera di sale.

Ma anche noi uomini moderni dovremmo essere portati a un’alimentazione di questo tipo. Lo provano almeno due fatti. Il primo è che il nostro intestino è più simile, come struttura, a quello degli erbivori che non a quello dei carnivori. Il secondo fatto è che la nostra saliva contiene la ptialina, un enzima che agisce sull’amido dei vegetali e che manca nella saliva dei carnivori.

Ebbene, gli alimenti vegetali contengono quantità molto minori di sale di quelli animali: se ne può dedurre che l’uomo si è evoluto in un ambiente povero di sale e si è perciò ben adattato a un’alimentazione iposodica. Come convincente dimostrazione dell’esattezza di questa ipotesi, abbiamo a disposizione i dati ricavati dalle indagini effettuate su molte società primitive che esistono in Asia, Australia, Africa, Sudamerica, Polinesia e Malesia: ne è risultato che queste popolazioni consumano quantità irrisorie di sale.

Ed è proprio qui che si inserisce il discorso delle probabili correlazioni fra consumo elevato di sale e salute. Infatti, queste popolazioni primitive hanno mostrato una pressione arteriosa molto bassa, che per di più non tende ad aumentare con l’età. Se, però, questi gruppi etnici migrano dai loro luoghi originari e si “civilizzano”, ecco che nel loro ambito la pressione arteriosa media aumenta e l’ipertensione diventa comune, e questo proprio secondo lo schema tipico di quella cultura “civilizzata” cui il gruppo si è adattato.

Tutto questo che cosa dimostra? Innanzitutto è una conferma che la causa essenziale dell’ipertensione è di tipo ambientale. In secondo luogo, il fatto che in tutti i casi studiati l’aumento della pressione arteriosa sia risultato legato a un contemporaneo aumento dell’assunzione di sale, mentre altri fattori alimentari e sociali sono risultati meno influenti, è un preciso capo d’accusa a carico del ruolo svolto dal sodio nel favorire l’insorgenza dell’ipertensione arteriosa.

Ci sono molti sostituti per insaporire

Il ruolo del sale nel facilitare questa malattia, sospettato fin dal 1904 ma poi accantonato, ritornò a essere considerato dopo il 1957, quando si cominciarono a notare gli effetti sull’ipertensione di certi diuretici che aumentano l’eliminazione di sodio attraverso il rene. Oggi si nutrono ormai ben pochi dubbi sul fatto che un’elevata assunzione di sale sia, in soggetti predisposti, un anello cruciale della catena di cause che porta all’ipertensione arteriosa. E si può affermare tranquillamente che nel mondo moderno il consumo di sale eccede largamente i relativi fabbisogni. È quindi bene limitarne l’assunzione, e a questo proposito è confortante notare come ciò sia realizzabile senza troppe sofferenze. Infatti, la soglia per distinguere il sapore “salato” non è fissa, ma dipende dall’introduzione abituale di sale ed è influenzata dalla quantità di sale della saliva, che a sua volta dipende dal bilancio totale di sale dell’organismo. Cosa significa tutto questo sul piano pratico? Vuol dire, semplicemente, che introdurre meno sale fa abbassare rapidamente il suo livello nella saliva, e quindi fa aumentare la capacità della papilla gustativa di distinguere il sapore “salato”: di conseguenza, sforzarsi a mangiare con meno sale fa scattare in pochi giorni quell’adattamento che permette di trovare saporite anche vivande che fino a poco prima sarebbero sembrate insipide.

In media, ben due terzi del sodio che ingeriamo vengono aggiunti in cucina o a tavola, e soltanto un terzo è presente naturalmente negli alimenti. Come già detto, il comune sale da cucina è costituito da sodio per il 40%. Se teniamo presente che al nostro organismo, per funzionare bene, servono soltanto 200 mg di sodio al giorno, o ancora meno, e che un cucchiaino da caffè colmo contiene 5 g di sale, e quindi 2 g (2.000 mg) di sodio, ossia una quantità dieci volte superiore al fabbisogno giornaliero, si avrà un’idea della portata del “problema-sodio”.

Riproduzione riservata
CONDIVIDI SU

Aggiungi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Puoi usare HTML tags e attributi:

<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>

TI POTREBBE INTERESSARE

patatine fritte

Le patatine fritte, utili consigli sullo snack più...

Le patatine fritte, un mondo da scoprire Le patatine, e nello specifico le patatine fritte, piacciono a tutti. E’ raro trovare un alimento o una preparazione che metta d’accordo grandi e...

Amarantacee Farina e semi di amaranto

Ricette con le amarantacee, ottime ricette senza glutine

Cosa sono le Amarantacee e perché sono importanti in cucina La amarantacee sono una famiglia di piante che può regalare molte soddisfazioni in cucina, soprattutto ai celiaci ma anche a chi non...

classificazione di Marsh

La classificazione di Marsh e la cucina senza...

Cos'è la classificazione di Marsh La classificazione di Marsh è un sistema impiegato per diagnosticare e classificare la gravità del danno all'intestino tenue nei pazienti che soffrono di...

logo_print